Tra la folta schiera di varesini all’estero c’è Matteo Marocco, 27enne figlio del nostro direttore Michele. Partito appena dopo la maturità per Parigi, ora da 8 mesi si trova a Copenaghen, capitale della Danimarca, dove vive con la moglie Claire, conosciuta a Parigi e originaria di una cittadina vicina a Boston, negli USA. Da sempre nell’ambito della ristorazione, Matteo lavora in una caffetteria/bakery/ristorante dove abitualmente si può consumare il pasto anche seduti al tavolo, ma che ora, causa epidemia di Coronavirus, ha subito più di una modifica. Anche se la situazione sanitaria in Danimarca non è così difficile come quella che sta vivendo l’Italia, le precauzioni non mancano così come gli aiuti concreti da parte dello Stato a chi sta risentendo della pandemia.

Quali provvedimenti sono stati presi per fronteggiare la diffusione del Covid-19?
“Il Governo danese si è mosso in anticipo, non appena ha visto cosa stava avvenendo in Italia. Già tre settimane fa circa ha deciso di chiudere le scuole, i parchi pubblici e anche i bar e i ristoranti. Possono rimanere aperti, infatti, solo quei posti in cui è possibile il take-away. I supermercati e le farmacie, naturalmente, sono aperte ma, in generale, oltre a queste norme non ne sono state previste altre. Le persone non hanno restrizioni per uscire di casa e, proprio per questo, non si respira un clima di timore. Va anche detto, però, che la popolazione danese è davvero poca e difficilmente si creano assembramenti. Copenaghen è la capitale ma anche qui non c’è mai ressa, diversamente dalle città italiane o, ancora di più, statunitensi”.

Parlando di numeri, la Danimarca non sembra particolarmente colpita dal Coronavirus.
“Fortunatamente no e attualmente si contano circa 3000 casi. La situazione negli ospedali non è drammatica e, da quello che apprendo, si riescono a gestire senza particolari problemi tutti i casi, anche quelli più gravi”.

Lo Stato sta venendo incontro ai cittadini che si trovano in difficoltà. In che modo?
“Ha predisposto un programma economico molto buono: il governo paga tra il 70 e il 90% degli stipendi dei dipendenti di quelle aziende che hanno dovuto chiudere e i lavoratori beneficiano di un’entrata che corrisponde alla media degli ultimi tre stipendi percepiti. Gli affitti delle attività commerciali sono bloccati e si sta pensando di estendere questo provvedimento anche alle case private”.

Quanto a te, come è cambiato il tuo lavoro?
“La mia caffetteria/ristorante è stata completamente riconvertita a take-away e a negozio in cui vendiamo i prodotti alimentari di produzione propria che prima utilizzavamo per preparare i nostri piatti. Siamo stati bravi ad adattarci e il lavoro non ci manca. Per alcune settimane ci siamo alternati durante gli orari, da oggi la maggior parte di noi sono in cassa integrazione”.

Claire, invece, studia e lavora. La sua vita come si è modificata?
“L’università è chiusa e lavora da casa in smart-working. Fa parte di un’agenzia che studia progetti sperimentali per Ikea e può essere operativa anche tra le nostre mura domestiche. Esce raramente e passa gran parte del suo tempo in casa, ma non ha tempo per annoiarsi tra lo studio e l’elaborazione di un progetto”.

Claire è statunitense e negli USA, come in Italia, la situazione non è semplice.
“E’ costantemente in contatto con la sua famiglia che vive a Concord, non lontano da Boston. Stanno tutti bene e al momento non ci sono particolari divieti; è solo consigliato non uscire molto di casa e non ammassarsi in luoghi chiusi. Suo papà è abituato a lavorare in smart-working e continua a farlo, mentre la mamma, che gestisce un luogo in cui le persone di tutte le età possono dare sfogo alla propria creatività, ha chiuso”.

Marocco Matteo e MicheleSei preoccupato per la tua famiglia che vive a Varese?
“Temo soprattutto per mia mamma: abitualmente lavora in un centro diurno e, dopo la sua chiusura qualche settimana fa, fa visite domiciliari a persone che ne hanno bisogno. È piuttosto esposta, le raccomando di stare attenta e di prendere tutte le precauzioni del caso. Quanto a mio papà e ai miei fratelli e le altre persone a me care, so che sono a casa e per loro sono più tranquillo”.

Hai tanti amici a Parigi dove hai vissuto per sei anni. Cosa ti raccontano?
“A Parigi la situazione è simile a quella italiana e non si può uscire di casa. Mi descrivono una Parigi spettrale, vuota e silenziosa, una città fantasma che difficilmente riesco ad immaginare per come l’ho vissuta io”.

Avevi in programma di tornare in Italia a breve?
“Sì, era già stato organizzato di venire per il Salone del Mobile di Milano in cui Claire avrebbe dovuto esporre un suo progetto. Purtroppo è saltato e al momento non possiamo muoverci. Tutto è rimandato a tempi migliori”.

Infine, come ti trovi a Copenaghen?
“E’ una città molto bella e a misura d’uomo. Sono qui da diversi mesi ma non abbiamo ancora scoperto tutto e sono sicuro che lo faremo appena ci sarà consentito. Stavamo cominciando ad intrecciare le prime amicizie e ad uscire di più, approfittando anche dell’arrivo della bella stagione, ma il Coronavirus ci ha fermati sul più bello. Ci rifaremo il prima possibile”.

Laura Paganini