Anche in casa Vergiatese l’emergenza legata al Coronavirus determina un clima di incertezza, all’interno del quale prova a fare ordine il responsabile del settore giovanile Pietro Rizzuto: “In primo luogo il nostro desiderio è quello di avere notizie certe su come finirà la stagione e soprattutto capire quali regole saranno attuate a partire dalla prossima, in modo da poter avviare una programmazione seria ed efficace. Un punto che ci è particolarmente caro riguarda i patentini da allenatori, dato che questo va ad influire sulle scelte che dovremo prendere nell’individuare gli uomini giusti per guidare le nostre squadre. Inoltre c’è anche il discorso relativo al non potersi vedere, perché è chiaro che è meglio prendere decisioni di persona piuttosto che telefonicamente”.

A livello sportivo la situazione poteva essere gestita diversamente?
“Se c’è una cosa in cui noi italiani siamo maestri è parlare col senno del poi, comodamente seduti da un divano, di qualsiasi questione. Io non mi sento di attaccare nessuno, perché non spettava a me prendere decisioni; sicuramente fermare ogni attività è stato il minimo che si poteva fare. La Lega Nazionale Dilettanti prenderà una decisione per il futuro, anche in base alle indicazioni generali fornite dalla maggior parte delle società; mi aspetto un comunicato ufficiale che sancisca la fine dei campionati giovanili, ed eventualmente dilettantistici. Ma non mi sorprenderei se si decidesse di continuare: essendo dilettanti non siamo vincolati a rispettare le tempistiche dei professionisti e soprattutto riprendere la stagione in corso consentirebbe ad alcune società di rientrare negli investimenti, o quanto meno di contenere le perdite”.

Qualora si decidesse di riprendere i campionati come si potrebbe fare?
“Mediamente mancano nove giornate. Si potrebbe riprendere da settembre e finire intorno a metà novembre, per poi aprire una finestra di mercato e iniziare con la nuova stagione da gennaio. Ovviamente servirebbero nuove regole specifiche per questa situazione: ad esempio togliere o cambiare playoff e playout, e al tempo stesso creare una graduatoria per i ripescaggi secondo criteri stabiliti dalla Federazione. Dal mio punto di vista, ragionando in termini sportivi, non è giusto finire qui la stagione anche in virtù del messaggio che lo sport deve dare: tornare a giocare manderebbe un messaggio positivo a tutta la comunità. Poi è chiaro che questi discorsi restano a livello ipotetico, perché prima di tutto conta la sicurezza a livello sanitario, e da radiologo sono molto attento alle dinamiche innescate dal virus”.

Visto il tuo doppio impegno sul campo e in ospedale, cosa ti aspetti dalla “Fase 2”?
“Tutte le valutazioni che ho fatto e che mi sento di fare sono inevitabilmente legate alle modalità di contagio: sicuramente indossare le mascherine e mantenere una distanza di sicurezza di almeno due metri riduce il rischio del 90%. Credo che dal 18 maggio il Presidente del Consiglio, anche in virtù delle innumerevoli pressioni, darà il via alla riapertura totale e queste disposizioni devono essere regolate da leggi precise. Inevitabilmente sarà però il buonsenso collettivo a fare la differenza, e mi sento di dare fiducia agli italiani”.

Oltre a mascherine e distanza sociale, quali altre misure potrebbero o dovrebbero essere attuate?
“L’utilizzo dei guanti non è indispensabile: ad esempio nel momento in cui si tocca una superficie contaminata il virus resta sui guanti, e si rischia di diffondere il contagio toccando altro. Bisognerebbe quindi cambiare o disinfettare i guanti dopo ogni operazione, ma a questo punto è più semplice igienizzarsi spesso le mani evitando di toccarsi la faccia. In ogni caso l’aspetto più importante del nuovo corso deve essere quello di mappare tutti i positivi, soprattutto gli asintomatici: ora più che mai, semplicemente anche andando al lavoro, si verrà a contatto con milioni di altre persone che potrebbero non presentare i sintomi. Non capisco come ancora oggi non si riesca a svolgere un lavoro per individuare i contagiati, anche solo in accordo tra ATS e istituzioni comunali che dovrebbe essere più semplice. Vista la gravità e l’imprevedibilità della situazione posso comprendere gli errori a fine febbraio, non ora: è assurdo che gli operatori sanitari non siano sottoposti a tamponi”.

Tornando al calcio, vista l’attuale situazione come vi siete mossi con staff e allenatori per la retribuzione?
“La parte economica non è il mio campo, in quanto c’è un responsabile che cura questi aspetti insieme al Presidente. Posso dire che attualmente non abbiamo ancora ricevuto precise linee guida da parte della Federazione rispetto a come affrontare le questioni economiche inerenti ai costi dei cartellini e alle iscrizioni. Per quanto riguarda i pagamenti, sia collaboratori sia allenatori hanno capito la situazione e ci sono vicini per risolvere la questione, oltre che per aiutarci a mantenere buoni rapporti con i ragazzi e i genitori; un grande grazie va a tutti loro. A proposito di genitori da marzo abbiamo sospeso le quote dei tesserati: qualora ci dovranno essere dei rimborsi sono certo che la società andrà incontro alle esigenze di tutti”. 

Come influirà il discorso economico, legato anche alla probabile assenza di tornei estivi, sulla futura ripartenza?
“Sicuramente molte società, al momento opportuno, proveranno a proporre nuovi tornei. È ovvio che la mancanza di questi introiti ricadrà su alcuni aspetti amministrativi, ma mi auguro che ciò non accada per il settore giovanile. Spero che le risorse economiche a disposizione vengano usate in maniera intelligente per riorganizzare la società, a partire dalle strutture, in un’ottica a lungo termine”.

A tal proposito, prima del lockdown, avevate in cantiere il progetto di realizzare un campo in sintetico; è ancora attuabile o state sondando altre operazioni?
“Premetto che a Vergiate in passato ho già svolto questo ruolo per tre anni, oltre ad aver giocato come portiere per due stagioni; sono affezionato a questa realtà e pertanto sto cercando di migliorare in primis l’aspetto organizzativo delle strutture. Il progetto del sintetico sposava questa mia volontà, ma per ovvi motivi in questo momento non possiamo proseguire su questo fronte, anche perché bisognerebbe coinvolgere il comune che al momento sta giustamente indirizzando le sue risorse verso altri obiettivi. Tuttavia qualche giorno fa ho parlato con il Presidente e, vista la possibilità di riprendere i lavori, abbiamo chiesto un preventivo per livellare i vari campi già presenti in modo da ricavare un campo a sette e uno a otto: vogliamo investire questo tempo per migliorare la struttura, anche in vista degli allenamenti futuri, e avere più spazi a disposizione. Mi auguro che l’iniziativa vada a buon fine perché con una buona organizzazione sia a livello societario sia a livello strutturale si fa il 90% del lavoro”.

Percepisco entusiasmo in vista del futuro; è corretto?
“Assolutamente sì. Migliorarci sotto ogni punto di vista è il nostro obiettivo, cosa a cui tengo particolarmente soprattutto per garantire massima efficacia e trasparenza ai genitori che decidono di affidarci i loro figli. Per questo voglio avere a disposizione impianti importanti, puliti e funzionali, uniti ad un’organizzazione capillare. Voglio puntualizzare una cosa fondamentale però: io non parlo a sproposito. Per cui non è che se voglio una cosa allora si farà; ho avviato un mio progetto, ma al momento devo aspettare e prima di tutto voglio discuterne di persona con il Presidente e chi di dovere. So che la società rispecchia le mie idee, altrimenti non sarei qui, e mi auguro davvero che tutto quello che ho in mente si traduca in realtà. Credo molto nel settore giovanile ed è importante per una società di Eccellenza avere un vivaio importante, che non ha nulla da invidiare agli altri. Quindi serve entusiasmo ma anche cautela, procedendo un passo alla volta per riuscire a presentarci al meglio in futuro”.

Matteo Carraro

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