“Il più forte giocatore contro cui ho giocato? Ne ricordo molti: Darmian, Paloschi, la stella dell’Arsenal Pierre Aubameyang e molti altri, ma quello che mi ha più impressionato è stato senza dubbio Mario Balotelli, io con la maglia del Como e lui punta del Lumezzane, categoria Allievi Nazionali”. 
Così inizia ad aprire l’album dei ricordi Alessandro Biffi, classe 1989, un passato calcistico che parte dall’Aurora Induno e finisce come collaboratore tecnico di Toni Criscimanni a Cuasso. Una storia finita troppo presto sotto il peso di una serie di infortuni che ne ha segnato l’epilogo.

Storia che comincia all’ombra del Monarco all’età di 5 anni, poi Arcisate, Pro Patria (segnalato a Busto da un altro indimenticabile biancorosso: Giampaolo Montesano), Como… poi il rientro nei confini varesini: Verbano, Olimpia, ancora Arcisate, Viggiù. Tante partite giocate da velocissimo attaccante esterno, alcune da incorniciare, altre da ricordare con l’amaro gusto della delusione, come è il calcio… come è la vita. Tra le prime, legate agli anni del settore giovanile, la doppietta segnata in un Pro Patria-Milan. Più avanti negli anni la salvezza conquistata nel 2010 con l’allora Arcisatese Audax.

“Ultimi con otto punti al girone di andata, ci davano tutti per spacciati, abbiamo scalato la classifica fino a guadagnarci la permanenza in prima categoria nello spareggio contro il Buguggiate (da loro ho messo a segno una doppietta). E’ stata una soddisfazione grandissima, contraddistinta da uno spirito di gruppo letteralmente creato e posso dire forgiato dal mister (Ambrogio Baj – ndr), chiamato all’inizio del girone di ritorno dall’allora Direttore Sportivo Antonio Zanzi, per quella che tutti davano come una “mission impossible”. In poco tempo ha saputo farci capire che i valori tecnici (che in quella squadra abbondavano) da soli non sarebbero bastati se alla base non avessimo messo quelli umani, fatti di umiltà e vero spirito di squadra. Per me e non solo per me, è stata una vera lezione di vita, tant’è che con molti dei ragazzi di quel gruppo ho mantenuto rapporti sinceri che mi accompagneranno per tutta la vita. Tra loro mi piace anche ricordare Giovanni Manna che sta facendo un’importante carriera da dirigente: prima in Svizzera con il Chiasso e il Lugano ed ora nello staff della Juventus come manager della squadra Under 23. Un ragazzo umile e ricco di grande umanità, sono veramente felice per lui! Così come non posso dimenticare Eugenio Lamanna, con me a Como, poi finito in serie A con il Genoa. Ora è al Monza, ci sentiamo spesso, nonostante siano passati un po’ di anni. Non posso poi non citare Roberto Maltagliati, con cui ho condiviso l’esperienza al Verbano. Centinaia di partite da professionista alle spalle nella massima serie, era capace di chiedere scusa per un passaggio sbagliato, a me che ero un pivello… davvero un signore, dentro e fuori dal campo. Certo ci sono anche i ricordi amari, sopra tutti lo scudetto perso con gli Juniores nazionali del Como ai rigori contro il Siracusa, una delusione che non dimenticherò mai. Eravamo una squadra veramente forte, allenata da mister Parolini che dopo avermi allenato a Busto mi aveva voluto con lui in riva al Lario. E’ stato il tecnico che più mi ha insegnato calcio e che mi ha permesso di provare a diventare un calciatore, magari professionista. Per arrivare a certi livelli è però necessario, anzi fondamentale, riuscire a cambiare mentalità quando dal settore giovanile ci si affaccia alle prime squadre, cosa che io non sono stato in grado di fare, anche per la scelta di dedicarmi al lavoro (Alessandro è Consulente Finanziario con la responsabilità di importanti gestioni patrimoniali – ndr)”.

E ora?
“Ora il calcio è solo passione, da tifoso del Milan e magari tra qualche tempo ai bordi di un campo di calcio a vedere giocare mio figlio Emanuele che per ora e per qualche giorno ancora, sta sgambettando nel pancione di Sonia, la mia compagna che lo darà alla luce tra brevissimo”. 
Che padre sarò? “Cercherò di fare come ha fatto con me mio papà Silvano (ex calciatore di Prima categoria, molti lo conoscono come “Vinavil”, per come teneva il pallone attaccato ai piedi…), magari severo nei giudizi ma ricco di critiche costruttive che rispettavano sempre la figura e la responsabilità degli allenatori. Ringrazio lui e naturalmente anche mia mamma per i sacrifici fatti, “gestire” un bambino e poi un adolescente nei tanti allenamenti (e partite) lontano da casa non è cosa semplice”. 
Davvero tanti auguri Alessandro!

Roberto Destro

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