Come la rondine, anche un’amichevole non fa primavera. Figuriamoci estate. Ma il test di sabato con l’Alessandria ha comunque fornito indicazioni utili a intuire quale direzione stia prendendo la nuova Pro Patria di Luca Prina. Tesa tra conservatorismo e progressismo in un compromesso dal cui esito tecnico dipenderà gran parte del destino della stagione tigrotta. Nell’analisi della scena del crimine, il Tenente Colombo sosteneva che andassero esaminate tre sole cose: “Cosa c’è ora che non c’era prima, cosa c’era prima che non c’è più e cosa è stato spostato”. Metodo investigativo che non fa una piega e che parafrasato nel parallelo tra la passata versione di Javorcic e quella attuale priniana, può suscitare alcune riflessioni di massima. Perché sotto la superficie di un sistema di gioco in larga parte sovrapponibile, qualcosa si sta muovendo. Rivoluzione silenziosa? Presto per dirlo. Ma alcuni indizi vanno in quella direzione.     

Buona la Prina. Contro una formazione di Serie B per di più forte di qualche giorno di vantaggio nella preparazione, senza 7 giocatori (Bertoni, Ferri, Lombardoni, Parker, Sportelli, Vaghi e Vezzoni) e con rotazioni ridotte, con nelle gambe le 3 ore di pullman del rientro da Sondalo e alla prima uscita post raduno, la Pro Patria è sembrata più pronta di quanto fosse legittimo attendersi. Sul piano atletico, su quello dell’organizzazione e dal punto di vista della personalità di squadra. Attributi in parte eredità del quadriennio precedente e in parte frutto di un lavoro già spiccato. Seppure sottotraccia. Domani contro il Monza (ore 17, stadio “Speroni”), l’asticella si alzerà ulteriormente.            

Se non è rotto perché lo aggiusti? E infatti la sensazione è che Prina non voglia aggiustare (non ce ne sarebbe motivo), quanto piuttosto evolvere. Perché anche una cosa che funziona va sempre aggiornata all’ultimo upgrade (Javorcic l’ha fatto per 4 stagioni), perché il cambiamento innesca nuove motivazioni nel gruppo, perché ogni tecnico vuole apporre il suo timbro e perché anche a parità di spartito, le variazioni sul tema possono essere infinite. Sabato abbiamo visto (per paradosso), Fietta abbassarsi da regista per alzare la linea difensiva e creare campo e spazio per i tagli delle mezzali. Non a caso Nicco e Galli sono forse stati i migliori biancoblu di giornata e le occasioni di rilievo sono toccate proprio a loro due oltre a Brignoli nel finale. Di contro, esterni alti e larghi per costringere i centrali avversari a mantenere la posizione. Circostanza che ha portato spesso Longo a sollecitare l’uscita dei suoi. In un gioco di scalate che ha però regalato a tratti alla Pro Patria lo spazio di inserimento alle spalle delle punte.

Work in progress. Il reparto attaccanti è quello maggiormente in nuce. Per via del pezzo mancante dal mercato (due se consideriamo la perdurante assenza del covidizzato Parker). E di un feeling ancora tutto da perfezionare. Nel primo tempo contro l’Alessandria, Stanzani e Banfi hanno spesso coperto tracce analoghe. Con qualche settimana in più di lavoro avremmo visto anche il gol. Dietro invece la difesa resta una garanzia. Mentre tra i pali la posizione di Mangano (a dispetto del tradizionale 12 sulla schiena), potrebbe anche non essere necessariamente subalterna al numero uno in arrivo. E il rinnovo al 2023 (cioè oltre l’ombrello dell’under), sembrerebbe fatto proprio per testimoniarlo. 

Profilo basso, ambizione alta. In sostanza, dopo un casting non privo di qualche colpo di scena, l’avvento del Biellese 2 in via Cà Bianca è stato (per stile ma anche per scelta), decisamente in punta di piedi. Ma non fatevi ingannare dalle appartenenze. Le rivoluzioni silenziose sono sempre quelle che fanno più rumore.                                        

Giovanni Castiglioni

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