Suona la sirena di fine gara, l’Enerxenia Arena acclama Attilio Caja e fischia la Openjobmetis Varese che esce dal campo sotto un pesantissimo 106-67 inflitto dalla UNAHOTELS Reggio Emilia che consacra la crisi biancorossa. In conferenza stampa si presentano coach Caja con un sorriso infinito e il collega Vertemati invece a pezzi, conscio della delicatezza del momento. Dopo le parole dei due coach però arriva anche il GM biancorosso Andrea Conti che comunica la scelta di rassegnare le dimissioni, lasciando tutti a bocca aperta.
Da quel momento sono successe tantissime cose. In società si è insediato un nuovo corso con a capo Luis Scola e sul campo la squadra, seppur colpita dal covid-19, ha ritrovato forza, vigore, punti ed un’identità soprattutto con le ultime due vittorie. Sembra dunque di parlare di un’epoca fa quando si ricorda quella nefasta nottata, ma così non è. Sono momenti ancora impressi nella mente di tutti nell’ambiente biancorosso ed in quella di Andrea Conti che, fortemente emozionato, decide di raccontare tanto di quello che c’è stato dietro quel gesto e del suo stato, ad oggi, dopo le dimissioni.
Innanzitutto, come sta?
“Tutto sommato sto bene. E’ innegabile che mi manchi la pallacanestro. E’ passato un mese, devo ancora metabolizzare tutto. La pallacanestro mi manca ma non torno indietro. Non ho grossi rimpianti per quello che mi ha portato a questa decisione. Il più grosso rammarico è nei confronti delle persone a cui ero più legato a Varese”.
Com’è stare senza basket dopo tanti anni vissuti in prima linea?
“E’ stato un salto nel vuoto come decisione. Non lasci il certo per il certo ma per l’incerto. Ero però saturo di tante situazioni che mi hanno portato a quella decisione. Non è facile adesso, la pallacanestro per me era un lavoro ma soprattutto una passione che spero di tornare a coltivare più avanti. Oggi, dopo un mese, sicuramente posso dire che la scelta che ho fatto non è stata di pancia. E’ stata meditata e, con molta onestà e chiarezza, dico che forse l’ho fatta nel momento sbagliato, ma non sarebbe cambiato nulla perché l’avrei presa nei giorni seguenti. Non è stata una presa di posizione figlia di quella sconfitta. Rimango molto legato alle persone che ho scelto io, come l’allenatore, lo staff tecnico, i giocatori e sono felice che la compattezza del gruppo ed il lavoro di Adriano abbiano portato a queste due vittorie”.
Tornando alla sera delle sue dimissioni, c’è stato un momento particolare della partita che l’ha convinta a scegliere di dimettersi? Quanto fastidio le ha dato tutto ciò che è avvenuto dopo, soprattutto rispetto alle parole di Caja?
“Non c’è stato un momento particolare della gara. Con molta trasparenza dico che già la mattina, guidando verso Varese, stavo pensando alle dimissioni, figlie di una situazione avvenuta una settimana prima, dopo aver ho avuto un confronto con Scola che mi ha fatto pensare tante cose. A veder bene avrei dovuto già pensarci quest’estate per una serie di questioni che non elencherò. Tanti mancati confronti, mancata chiarezza, una sovrapposizione nei ruoli, anche se qualcuno ha detto di no, oppure una convivenza se piace di più come termine. Sfido chiunque, a stagione in corso, a mettersi nel mio ruolo di General Manager con deleghe, mansioni ed un gruppo, quello sportivo, costruito con idee e con persone arrivate con me e vedersi arrivare una persona come Scola con un così forte impatto, non solo nei confronti della parte sportiva ma anche dal lato dipendenti di Pallacanestro Varese. Tutto ciò mi ha lasciato molto perplesso perché non mi aspettavo da parte sua, che è stato un grande campione, di vederlo arrivare così a gamba tesa. Non posso accettare che mentre sono il GM della società vedo Scola fare colloqui con tutti i dipendenti di Pallacanestro Varese o con l’allenatore senza nemmeno avvisarmi. Questo è solo un episodio dei tanti successi, già avvenuti anche a maggio e giugno, che mi ha fatto ragionare sull’utilità della mia figura. Mi sono sentito inutile. Ci tengo a sottolineare che tra me, lo staff ed i giocatori c’era molta unità e compattezza e gli attestati di stima ricevuti da Seravalli, Cavazzana, Vertemati e diversi giocatori in squadra, lo dimostrano mi fanno molto piacere. Non mi sarei mai aspettato un atteggiamento così di Scola, anzi l’opposto. Mi sarei aspettato che fossi io a fargli la fotografia della società, oltre a Bulgheroni e Castelli, visto che lavoravo lì da tre anni. Per quanto riguarda Caja, non aggiungo altro se non che con quello spiacevole siparietto si è mostrato per la persona che è”.
Alla fine di tutto questo, ciò che più ha destato stupore è stato il silenzio di Bulgheroni sulla faccenda. Ha avuto modo di parlare con lui e chiarire la cosa?
“Ho molto rispetto per lui, è stato lui a portarmi a Varese e posso solo parlarne bene. Tra me e lui purtroppo non c’è stato un confronto dopo le mie dimissioni. Ci è rimasto molto male, soprattutto per i modi ed i tempi e lo posso capire. Da fuori la si può vedere come una cosa figlia della sconfitta di 39 punti di quella sera, ma così non è. A lui avevo già espresso le mie perplessità sulla coesistenza tra me e Scola in società. Ero anche consapevole del fatto che il mio stare a Varese potesse essere vicino al termine e fa parte del nostro lavoro. Ciò però che non mi è piaciuto è stato il modo di Scola di arrivare così di petto a fare l’AD senza aver mai fatto un percorso. In tutte le cose ci vuole un periodo di crescita, che sia anche condivisa con il resto della società. Una crescita fatta di dialogo, di scambio di idee. Ciò non c’è stato e mi ha lasciato molto amareggiato ma su Bulgheroni non posso dire nulla di male, anzi. Sicuramente l’arrivo di Scola è un’opportunità, economica e non, per la Pallacanestro Varese che non ci si può far scappare per crescere, anche se la struttura societaria è già molto ben organizzata”.
Dei suoi tre anni a Varese cosa si porta dietro?
“Sicuramente il mio arrivo, perché è una società a cui sono molto legato. Ci ho giocato da ragazzino, così come mio fratello, e sento un senso di appartenenza molto profondo con la Pallacanestro Varese. Ci sono stati momenti brutti, come il covid-19 lo scorso anno che è stato una mazzata. Ed infine la scelta di Adriano, perché secondo me è un grande allenatore, lo dico e lo continuerò a dire. Con lui si potrà aprire un nuovo ciclo a Varese, con un coach giovane, capace, che sa far giocare bene le sue squadre e le sa far migliorare nel corso del campionato. Sicuramente quest’anno abbiamo avuto sfortuna con l’infortunio di Kell, quello di Beane e il covid. Ora penso che la barra sia tornata più dritta. Porto sempre Vertemati su un palmo di mano perché è un bravo allenatore ed una brava persona”.
Dopo Trieste ha scritto un messaggio social per Vertemati, a dimostrazione della sua vicinanza a lui. Il rimpianto più grosso che ha è quello di non aver portato avanti questo progetto triennale insieme a lui?
“Sicuramente sì, unito al fatto di aver lasciato Adriano in mezzo alla tempesta, così come Alberto Seravalli, Vincenzo Cavazzana e Silvio Barnabà. Secondo me loro sono tutti di altissimo livello, li ho portati io ed ho grande riconoscenza nei loro confronti. A questo gruppo aggiungo anche Alessandro Gentile perché con lui si era creato un bellissimo rapporto e con Vertemati eravamo un po’ il triangolo che dava forza alla squadra nei momenti di difficoltà. Credo che Varese potrà uscire dalle avversità grazie all’intelligenza di Adriano, alla generosità di Alessandro, alla bravura di Anthony Beane, che quando sono andato via mi ha scritto un bellissimo messaggio per il quale lo ringrazio, così come quello di Jalen Jones, perché sono ragazzi con un cuore e si vede quando giocano”.
Per il suo futuro invece cos’ha in mente? Tornerà in corsa a breve o serve ancora tempo?
“Credo serva del tempo per metabolizzare la scelta che ho fatto, a livello di sacrificio e di onestà. Penso che restare per forza in un posto dove percepisci che c’è una persona o altre dinamiche che ti tarpano le ali, che ti fan sentire defenestrato sia sbagliato, anche se dare le dimissioni non è facile perché vuol dire rinunciare allo stipendio per 7 mesi, al tuo ruolo e farsi da parte. Tanti dicono che non ci si deve mai dimettere, però io sono arrivato a un punto che non potevo fare altrimenti e l’ho fatto per amore della Pallacanestro Varese”.
La sento molto provato ed emozionato dalla cosa…
“Sì, non è facile tornare sull’argomento. Sono stati tre anni intensi, con il primo vissuto non al meglio con Caja, il secondo falcidiato dal covid, senza i tifosi in una situazione ambientale devastante, e poi l’attuale stagione con i primi sassolini negli ingranaggi già da maggio e giugno che hanno incrinato il tutto. Non voglio parlare male di Scola, anzi, gli auguro il meglio e di diventare un grande manager. Purtroppo doveva andare così. Ci tengo a salutare e ringraziare oltre a Bulgheroni e Castelli, già citati, anche Boggio e Valentino, ai quali resto davvero legato”.
Alessandro Burin