Prosegue “Borderline” la serie di interviste che raccolgono le confessioni ed i pensieri di chi, carta d’identità alla mano, sta approfittando di questa sosta forzata per porsi qualche interrogativo sul proseguire, o meno, la “carriera” calcistica.
Dopo Giancarlo Casiraghi, tocca ad un altro pezzo da novanta raccontarci il peso ingombrante di un’anagrafe che potrebbe porre limiti temporali; certo, se hai una classe che non accenna a spegnersi, la testa di un ragazzino che ancora scalpita dinanzi ad un pallone, ed il borsone sempre pronto, diventa difficile capire da che parte pende la bilancia. E a condire queste qualità c’è un nome ed un cognome e soprannome annesso, che nel calcio dilettanti pesano, e non poco: Gianluca “Ciccia” Saramin.
“Interrompere di punto in bianco è stato traumatico, questa sosta infinita lo è, ma ancor peggio è non veder la fine in fondo al tunnel”.
Una stagione iniziata, dopo uno stop già di per sé abnorme, con il Valle Olona, squadra che per la prima volta avrebbe affrontato un campionato di promozione…
“Nemmeno il tempo di assaporarla questa annata e “puf”, tutto sparito nel nulla o quasi, se ci penso impazzisco…”
Perché? Quanto ti manca il calcio?
“Almeno quanto manchi a te”
La prima risposta è un’affermazione che vale un destro all’angolino di quelli che fa palo-gol, una precisione disarmante.
Poco meno di una settimana e riparte una categoria che conosci bene, l’eccellenza. Cosa pensi di questo nuovo avvio?
“Sarò estremamente sincero: credo che l’eccellenza riparta per necessità della serie D, sarà un campionato atipico, senza retrocessioni, dieci giornate per conquistare il primo gradino del calcio dilettanti, capisco che non si poteva fare diversamente però forse con un minimo di programmazione anticipata avrebbe potuto prendere avvio un campionato di credibile, non che così non lo sia però è molto particolare, quello che spiace è che a rimetterci siamo sempre noi “comuni mortali” delle categorie inferiori, e questo perché non facciamo parte del “Business maggiore”, ed i bambini, loro meriterebbero un discorso a parte”.
Affrontiamolo questo discorso a parte: qual è secondo te la cosa più preoccupante?
“Purtroppo hanno perso 2 anni, non si può girarci molto intorno, chi sarebbe dovuto passare dall’attività di base a quella agonistica, ad esempio, ne risentirà tantissimo, senza contare il discorso di socializzazione, oggi i ragazzi sono in giro a zonzo, non sono a scuola, non sono su un campo da calcio dove potrebbero essere molto più controllati ed invece…io lo vedo con mio figlio e mi rendo conto di tutte le difficoltà”.
Risposta da tapin apparentemente facile, frutto, però, di un inserimento perfetto…
Tornado all’eccellenza, la seguirai? Chi è per te la favorita?
“Certo la seguirò, più di quanto non stia facendo con la serie D, apprezzo molto, però, il lavoro della Castellanzese o come dico io del Leicester del gruppo A, stanno facendo un campionato incredibile e sono molto contento per Mazzoleni, mister che ho conosciuto a Como, quando lui era in prima squadra io facevo le giovanili, per l’eccellenza invece vedo favorita la Varesina, società molto seria e squadra competitiva, hanno tutto per fare il salto e onestamente lo meriterebbero, mio figlio gioca lì e sto apprezzando tantissimo quanto e come siano sempre vicini ai ragazzi, resta il fatto che si tratti di un campionato di appena 10 giornate dove può succedere di tutto, ma sono anche fermamente convinto che i valori tecnici faranno la differenza, vuoi perché la stagione e i campi belli aiuteranno nel farli emergere, vuoi perché in così poche giornate la qualità farà la differenza”.
Come sta ad oggi Ciccia Saramin?
“Bene, io mi sento molto bene, devo dire che fino a dicembre mi sono allenato molto e “andavo come un treno”, poi ho un po’ mollato il colpo perché non vedendo traguardi faccio fatica anche ad avere stimoli, ed è un peccato, ma con la bella stagione sono pronto a rimettermi in moto e poi ho mio figlio che fa da traino, lui non ama correre a differenza mia, però confesso che qualche uno contro uno o qualche esercizio con il pallone lo facciamo ”.
Et voilà la linea di passaggio immaginaria, ecco l’assist col contagiri, perfetto.
“Da grande” farai l’allenatore?
“Non penso proprio (ride ndr). Partendo dal presupposto che con il lavoro che faccio non potrei dare la mia parola su presenza e costanza, mi piacerebbe allenare i bambini piccoli ma i loro orari non sono conciliabili con i miei, e poi in fondo non mi ci vedo così tanto in questo ruolo”.
Forse perché la testa è ancora quella di un giocatore…
“Sì, anche, ho ancora la testa da giocatore”.
Quindi Ciccia Saramin, classe ’78, non sente il peso della carta d’identità né del tempo che passa…
“Proprio così. Non me la sento di smettere, io sono ancora uno di quelli che gioca perché si diverte, per l’extra campo, per il post partita, poi sto ancora troppo bene per appendere gli scarpini al chiodo e soprattutto ho sempre un’immensa voglia di mettervi alla prova, non so quando si ricomincerà, né che maglia indosserò, ma so che sarò ben felice di accettare una nuova sfida, se qualcuno mi chiamerà vorrà dire che scommetterà su di me e farò di tutto, come sempre, per fargli vincere questa scommessa…in tutto questo tempo non ho mai pensato di smettere nemmeno per un secondo, vorrà dire qualcosa”.
Infine la pennellata, il colpo di genio, il cucchiaio su rigore, al 90’, in una partita da dentro fuori.
Sono passati più di trent’anni dal primo tesseramento, Ciccia Saramin era semplicemente Gianluca, aveva 10 anni e la maglia era quella del suo paese, il Fagnano, eppure è evidente che trent’anni siano tanti ma non abbastanza per dire stop, perché quando il talento sposa la dedizione e quando la dedizione si lascia guidare dall’entusiasmo, il richiamo verso quel rettangolo verde è ancora troppo forte e non c’è pandemia che tenga.
Ci sono calciatori che non si stancheranno mai di giocare a calcio, ed il calcio non si stancherà mai di loro.
Mariella Lamonica