Quando nei primi giorni dello scorso settembre la notizia dell’esonero di Attilio Caja dalla panchina biancorossa nel bel mezzo della Supercoppa squassò tutto l’ambiente, ben pochi credettero e credono tuttora, nonostante la stagione sia conclusa, ormai, che un altro allenatore potesse replicare quanto di buono fatto sul campo dal coach pavese nel corso degli anni, a maggior ragione un “novellino” della panchina come era Massimo Bulleri.
Alla prima esperienza in Serie A, il Bullo si è ritrovato a gestire una patata bollentissima tra le mani, nella stagione più complicata degli ultimi anni e con una squadra carica di aspettative da parte dei tifosi e non costruita da lui.

A mesi di distanza ed a salvezza matematica raggiunta con una giornata d’anticipo e con ancora una flebile speranza playoff viva, si può tracciare un bilancio di quella che è stata la prima annata da head coach dell’uomo di Cecina e del perché la sua conferma sulla panchina varesina sia sempre più vicina.
Uno degli aspetti più importanti è la fiducia ripagata da Bulleri nei confronti della società ed in particolare di Toto Bulgheroni che, con una scelta a molti invisa, ha deciso di puntare su di lui per il rilancio varesino, rischiando, è vero, ma vincendo la scommessa. Bulleri, infatti, è riuscito a portare in porto la nave nonostante abbia dovuto affrontare lunghi mesi di burrasca. Una navigazione complicata, passata per i lunghi periodi bui tra il post primo derby con Cantù e la metà di febbraio, con una squadra falcidiata dagli infortuni e dal covid che ha faticato a trovare la propria anima e la propria identità. Ma è qui che Bulleri ha vinto la sua prima sfida.

Non è un mistero che uno dei motivi che hanno portato alla separazione tra Caja e Varese è stato il poco rapporto che il coach pavese instaurava con la squadra, con un dialogo ridotto ai minimi termini con tutti e mai sbocciato con i due totem del nuovo gruppo: Scola e Douglas. Bulleri è invece riuscito in primis ad instaurare un reciproco rapporto di dialogo e confronto, ma soprattutto è riuscito ad applicare quella leadership che il ruolo impone nella piena legittimazione da parte di tutto il gruppo ed in particolare proprio dei due ex NBA. Un fattore risultato determinante per evitare che la squadra si sciogliesse nei momenti più bui e che tirasse fuori del gran bel basket nel momento in cui le cose sono iniziate a girare per il meglio. E qui andiamo sulla parte tecnica.

Appena Bulleri ha avuto la possibilità di allenare con continuità la squadra al completo è riuscito ad imprimere e a mostrare la sua idea di basket, fatta di molta intensità su entrambi i lati del campo. E’ riuscito nell’impresa di rendere compatta una squadra che per buona parte della stagione in difesa ha sofferto moltissimo e soprattutto ha impostato un gioco offensivo efficace e a tratti spettacolare.
Ha portato la squadra fuori dall’equivoco del tiro da tre punti come unica soluzione di gioco e l’ha aperta al gioco nel pitturato fatto di penetrazioni, transizioni veloci e ricerca del gioco play-pivot come base fondante.

Proprio qui il Bullo vince la sua ennesima sfida, rivitalizzando un Ruzzier per lunghi tratti della stagione apparso come un pesce fuor d’acqua nel mondo varesino e lo ha portato ad ergersi a cervello e baluardo tecnico della squadra in campo. Inoltre la crescita di un De Nicolao in piena rampa di lancio è stata costante.
Da non dimenticare, poi, come sia riuscito in breve tempo a far integrare subito i nuovi arrivati, prima Beane e poi Egbunu, riducendo al minimo quel normale periodo di ambientamento che solitamente serve soprattutto ai giocatori stranieri, ma che Varese quest’anno non aveva.

Ha trovato un equilibrio di squadra facendo anche scelte difficili, con rotazioni che hanno tenuto diversi elementi fuori per alcuni periodi, ma senza mai disgregare quell’unità d’intenti che si è creata nella squadra ed ha portato ad una salvezza insperata fino a qualche mese fa.
E’ chiaro che errori ce ne sono stati, e chi non ne avrebbe fatti al suo primo anno in panchina? Ma è altrettanto vero che alla fine nello sport contano sempre i risultati e questi dicono che Bulleri ha superato la sua prima grande prova della sua nuova carriera.
E’ l’uomo giusto per condurre quella transizione societaria iniziata un anno fa e votata al ringiovanimento e all’italianizzazione della squadra, due caratteristiche che guarda caso combaciano perfettamente con il profilo del Bullo. Ora nei prossimi giorni dovrà incontrare la società per definire un futuro che, a meno di grossi colpi di scena, dovrebbe vedere il prosieguo del rapporto tra le parti in quel concetto di continuità tanto caro nella società biancorossa quanto atipico e difficile nel basket moderno. Le parole di Conti e Bulgheroni degli ultimi giorni chiariscono sempre più questa idea in società che potrebbe concretizzarsi a breve.

Alessandro Burin

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