Quando si pensa alla Pallacanestro Varese qualsiasi tifoso, giovane o vecchio che sia, porta il suo pensiero subito allo scudetto della stella del campionato 1998-1999.
Un trionfo unico perché inaspettato e conquistato da una squadra che riuscì a creare una connessione speciale con tutta la tifoseria e la città, fatta di giocatori e uomini che ancora oggi, per Varese, vengono portati in trionfo come eroi.

Uno di loro, tra i più rappresentativi e che ha scritto la storia della Pallacanestro Varese anche da dirigente è stato Francesco “Cecco” Vescovi.
Ventidue anni complessivi in maglia biancorossa, divisi in due periodi, il primo tra il 1980 ed il 1996, ed il secondo tra il 1998 ed il 2004, che hanno segnato un’epoca di pallacanestro della Città Giardino.
Un’istituzione del basket a Varese che, nonostante non faccia più parte della società biancorossa, ne è stato punto di riferimento indelebile, se non fosse altro che lui fu uno di quelli che pensò e diede vita al Consorzio “Varese nel Cuore” che ancora oggi permette alla società biancorossa di vivere ed andare avanti.
Una storia di sport ed amore passata anche in panchina tra Pallacanestro Varese come vice, Campus, Oleggio e Robur Et Fides, in un’avventura conclusa nel 2020 dopo 4 anni.

Di tutto questo ha parlato il Cecco varesino nella splendida cornice del Rowing Bistrot Bar della Schiranna, accompagnato dall’inseparabile figlia Camilla, giocatrice in Serie C con la maglia di Gavirate, in una storia familiare che per Vescovi parte però dal canottaggio come ci tiene lo stesso Cecco a ricordare all’inizio della diretta con Varese Sport: “Son contento di essere qua perché per me è un po’ un ritorno al passato. La mia famiglia, mio papà ed i miei fratelli sono dei vogatori, per cui mi fa molto piacere tornare qua a casa loro”.

Rimanendo in famiglia è proprio la figlia Camilla che interviene, raccontando un po’ di aneddoti del Vescovi papà quando va a seguire lei ed il fratello Edoardo a giocare: “Papà ci lascia abbastanza liberi quando ci viene a vedere, senza troppo stress o pressione, un po’ com’è stato per lui da giovane. Ci fa divertire quando siamo in campo”.
Camilla non ha vissuto gli anni più belli del papà giocatore, ma lo racconta con tanto affetto: “Io purtroppo non ho potuto vivere i suoi anni d’oro da giocatore essendo nata nel 2000, l’anno dopo la stella. Diciamo che sono stata un regalo per quel trionfo per lui. Nonostante fossi piccola l’ho sempre seguito negli anni successivi e per me è sempre stato un idolo. Di contro però ho vissuto tanto gli anni dirigenziali di papà, lo seguivo sempre in ogni sua avventura, in particolare con la Pallacanestro Varese. Ho ricordi legati a quando andavo al palazzetto la mattina prima degli allenamenti, alle partite in casa ed in trasferta e tra tutte le annate non mi potrò mai dimenticare di quella degli Indimenticabili, dove feci tutte le trasferte. Purtroppo poi è andata com’è andata ma è stato un anno bellissimo”.

Ricordi del passato che si scontrano con il presente che, dopo gli ultimi anni da allenatore alla Robur Et Fides, vedono momentaneamente Vescovi fuori dal mondo della pallacanestro come lui stesso ammette: “Da qualche mese sto collaborando con una società che si occupa di comunicazione, con la quale stiamo sviluppando dei progetti in vari ambiti che speriamo da settembre possano prendere piede a pieno regime. Una realtà divertente gestita con ragazzi giovani conosciuti sempre attraverso la pallacanestro, in una società che si chiama ABR di Vergiate”.

Nonostante tutto però la pallacanestro non abbandona mai Vescovi, in un richiamo reciproco troppo forte per finire del tutto: “Seguo ancora un po’ le cose da fuori, ogni tanto ho degli approcci più o meno velati con qualcuno anche se adesso non faccio nulla, ma il nostro sistema basket è così. Puoi rimanere fuori un anno o due, poi rientri quando magari meno te lo aspetti. E’ chiaro che se dovessi rientrare lo vorrei fare in una realtà interessante”.

Un’esperienza nel mondo cestistico che all’ex ala biancorossa piacerebbe fosse con un ruolo dirigenziale, soprattutto dopo gli anni vissuti a Varese: “Sicuramente un ruolo dirigenziale in una realtà seria dove poter fare le cose per bene mi piacerebbe, soprattutto dopo l’esperienza in Pallacanestro Varese. Anche il ruolo di allenatore non mi dispiacerebbe ma tutto dipende da chi ti propone le cose e come te le propone. Sono arrivato ad un certo punto della mia vita dove posso scegliere”.
Non può mancare un accenno al passato in campo di Vescovi, che tra qualche tifoso ricorda il coro “Cecco Vescovi ce l’abbiamo solo noi”, attuale ancora oggi: “Me lo ricordo quel coro e devo dire che personalmente lo odiavo, non mi piaceva. Però me lo sono portato dietro con la vecchia tifoseria che era molto simpatica”.
Un segno, quello lasciato da Vescovi a Varese, che non è solo rimasto legato ai risultati del campo quanto ad oggi in società, con l’idea del Consorzio che ha salvato la società e che oggi le permette di andare avanti.

Un progetto che lo stesso Vescovi tra gli altri fondatori studiò e pensò e che oggi si trova ad affrontare un momento difficilissimo come quello post covid: “Il percorso del Consorzio è stato pregiudicato da questi due anni che sono stati obiettivamente difficili e di cui si pagheranno ancora le conseguenze anche negli anni a seguire, come quella che sta per iniziare che non si presenta tra le più facili da iniziare a livello economico. Non avere più il ticketing, il pubblico al palazzetto ed avere delle difficoltà a reperire sponsor, in un momento di crisi generale, mette in difficoltà i club professionistici e non. Gli sforzi di questi anni per sostenere il Consorzio sono stati notevoli, spero che questa stagione possa essere buona dal punto di vista sportivo con risultati che aiutano a livello di interesse e attraggono sponsor, che poi aiutano a reggere il peso di questa attività. Il Consorzio, essendo proprietario, si deve far carico della parte principale del budget che deve alimentare il club. Lo è sempre stato e sarà sempre così. Il proprietario è quello che è chiamato a mettere i soldi di volta in volta per far andare avanti la realtà che controlla. Nel basket professionistico purtroppo è così, diciamo che i proprietari devono mettere delle cifre dal milione di euro in su, dipende poi dal budget che si decide di investire. Mi sorprendo quando vedo gente che si sorprende se il Consorzio a fine anno è chiamato a ripianare i conti. I proprietari sono chiamati a fare questo e Varese nel Cuore lo fa, in un sistema di buona gestione ovviamente”.

Tutti questi sforzi che poi vengono convogliati al campo, con la nuova squadra appena nata che intriga tutti, tifosi ed addetti ai lavori, curiosi di capire il vero potenziale del nuovo roster e di scoprire le qualità di coach Vertemati, come lo stesso Vescovi conferma: “Mi sembra un buon gruppo quello di quest’anno. Hanno preso delle guardie che possono essere delle scommesse che se vinte, possono rappresentare quel valore in più. Gentile lo conosciamo e può essere una sicurezza se gli costruisci una squadra adatta a lui intorno. Di Vertemati ne parlano tutti molto bene, un grande lavoratore ed i giovani come Caruso sicuramente gioveranno di questo. E’ una squadra che direi che è stata costruita abbastanza bene. Poi sulla carta tante squadre sembra che siano costruite bene ma bisogna vederle in campo, capire se si sviluppa quella chimica di gruppo fondamentale”.

Non può mancare anche un pensiero su Meo Sacchetti che con la Nazionale a Tokyo, dopo aver battuto all’esordio la Germania, si prepara al secondo impegno contro l’Australia, con l’obiettivo di raggiungere un sogno, solo sfiorato l’ultima volta 17 anni fa: “E’ difficile dire cosa potrà fare la Nazionale alla Olimpiadi. Io penso sia già stato un grande risultato qualificarsi in Serbia contro i padroni di casa in una partita che molti davano già per persa. Meo ha raggiunto un risultato storico creando un gruppo fenomenale, senza stelle ma che è riuscito a regalare un sogno a  tutti i tifosi italiani grazie ad una forte coesione. Meo è uno che ti da tanta fiducia, ti lascia libero di giocare, in un modo di allenare che ti lascia senza troppe pressioni. E’ un momento di benessere ideale grazie al quale tutto può succedere”.

Continuando a parlare di allenatori un pensiero di Vescovi va al suo ex compagno di squadra, Gianmarco Pozzecco, pronto all’esperienza da vice di Ettore Messina a Milano: “Penso che questa avventura sia un’opportunità in più per lui per mettersi in riga. Io penso che abbia le qualità per allenare ad altissimi livelli, purtroppo mentalmente ed a livello comportamentale però deve trovare un equilibrio che a volte gli manca. Per lui questa avventura potrebbe anche essere un trampolino di lancio, perché non penso che Messina rimarrà a vita sulla panchina di Milano e quindi il presidente potrebbe pensare di avere già in casa il sostituto già pronto”.

Una Pallacanestro Varese che si inserisce nel contesto di un campionato nazionale di Lega Basket presieduta dal varesino Umberto Gandini, chiamato a reggere il movimento in un momento difficilissimo: “E’ in una posizione delicata in questo momento. Il ruolo che lui ricopre è sempre stata una posizione un po’ particolare, perché sei il Presidente ma sostanzialmente non puoi mai agire in autonomia perché c’è sempre l’Assemblea che dice cosa puoi e non puoi fare. Sei sempre esposto a tante critiche e non è un ruolo semplice”.

Alessandro Burin

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