Tra gli azzurri in partenza per le olimpiadi di Tokyo 2020 ci sarà anche Chiara Ondoli, pluricampionessa italiana di canottaggio che ha iniziato a vogare nella Canottieri De Bastiani di Angera. La venticinquenne di Cittiglio, oggi tesserata per la Canottieri Aniene (fresca vincitrice del Festival dei Giovani tenutosi alla Schiranna nello scorso weekend), ha staccato il biglietto per la capitale del Giappone grazie al bronzo ottenuto lo scorso 6 giugno nella prova di Coppa del Mondo di Sabaudia nel doppio senior. Proprio in questa specialità gareggerà nelle acque giapponesi in coppia con Alessandra Patelli. Nella bacheca della stella del canottaggio varesino anche importanti medaglie internazionali, come l’argento agli europei di Poznan 2020 da capovoga nel quattro senza e l’oro al mondiale Junior nel 2013.
Sarà la tua prima olimpiade. Si dice che vale la pena andare anche solo per vivere l’atmosfera del villaggio olimpico. Cosa ti aspetti da questa esperienza e che obiettivo minimo vi siete fissate come risultato?
“Onestamente non so cosa aspettarmi, anche perché sarà un’Olimpiade molto strana. Già stanno iniziando a spiegarci le varie regole che dovremo seguire. Non ci sarà il pubblico, non potremo interagire con nessun altro al di fuori della nostra squadra e anche chi è abituato a seguirci a livello di stampa sarà distante. È tutto un po’ strano, sarà una sorpresa anche per chi ha già partecipato a un’edizione precedente. Alessandra, che era presente a Rio 2016, mi raccontava che ha avuto l’opportunità di conoscere atleti di altri sport e farsi delle foto insieme loro, mi parlava dei ritrovi a Casa Italia. A Tokyo tutto questo non sarà possibile. Saremo solo noi, rinchiusi tra l’albergo, i viaggi in pullman e il campo di gara. Sicuramente mi aspetto di fare una bella esperienza. Di obiettivi ancora non ne abbiamo parlato. Entrambe non amiamo affrontare il tema della gara finché non arriviamo proprio al momento in cui siamo costrette a farlo. Per ora teniamo la mente rilassata e cerchiamo sempre di migliorarci ogni giorno in allenamento. Di sicuro sarà una sfida tosta perché il livello delle avversarie è molto alto”.
Il tuo percorso di qualificazione è stato altalenante. Ai mondiali di Linz nel 2019 hai ottenuto l’ottavo posto nel quattro di coppia senior, qualificando la barca. Poi sei passata al quattro senza vincendo l’argento europeo a Poznan da capovoga. Quest’anno, dopo l’europeo deludente, hai detto: “l’obiettivo che abbiamo per ora, a parte Tokyo, è assolutamente Lucerna perché senza quel posto il sogno olimpico non si può realizzare”. Invece in Svizzera è arrivato un terzo posto beffardo, visto che si qualificavano solo le prime due imbarcazioni. Non hai mollato, ti sei rimessa in gioco cambiando barca ed equipaggio e il 6 giugno, nella prova di coppa del mondo di Sabaudia, hai conquistato la medaglia di bronzo con Alessandra Patelli che è valsa la convocazione. Te l’aspettavi di farcela proprio all’ultimo?
“A Lucerna è stata una vera e propria beffa. Di solito il terzo posto è un ottimo risultato, in quel caso è stato il peggiore. L’unica gara in cui arrivare terzi è peggio che arrivare ultimi. Per me e Alessandra la gara in doppio a Sabaudia è stata molto valutativa, doveva essere una riconferma nostra a livello personale per dimostrare che c’eravamo e volevamo far parte del gruppo nonostante la mancata qualifica nel quattro senza. Desideravamo anche dimostrare direttamente agli allenatori che potevamo dire la nostra”.
Hai una caratteristica che ti rende forse unica nel panorama nazionale: la capacità di passare con assoluta disinvoltura dalla vogata di punta a quella di coppia, sempre con grandissimi risultati.
“Sì, da quando sono junior alterno sempre le specialità facendo un anno una e quello successivo l’altra. Mi trovo abbastanza a mio agio in entrambe. La cosa diversa, di cui parlavo anche con Alessandra, è che si tratta della prima volta in cui gareggio in una barca corta, perché finora ho sempre gareggiato su quelle lunghe”.
Ho letto una tua intervista a World Rowing del 2014 in cui dicevi: “Le mie barche preferite sono il Quattro senza ed il Quattro di coppia. Ma penso che vogare su un Otto ed avere l’opportunità di essere membro di un equipaggio unito, veloce e ben sincronizzato sia qualcosa di semplicemente fantastico”. Ironia della sorte ti sei qualificata nel doppio.
“Esatto, e se mi avessero chiesto quale barca preferisco di meno avrei risposto proprio il doppio, perché da quando ero junior non ho mai avuto bei ricordi. Invece per ora sta andando bene”.
Rispetto a Sabaudia, pensi ci siano ulteriori margini di miglioramento per la gara olimpica? In quella circostanza siete partite meglio di tutte e poi avete dato vita a un lunghissimo testa a testa con la Germania, subendo però entrambe la rimonta delle olandesi. Pensi che si possa migliorare qualcosa anche nella distribuzione dello sforzo lungo i 2000 metri del percorso?
“Secondo me ci sono ampi margini di miglioramento. Di sicuro, quando abbiamo gareggiato a Sabaudia, ogni gara abbiamo sempre cercato di dare qualcosa in più e ci siamo riuscite. Adesso siamo più consapevoli della barca e riusciamo a gestirci meglio, anche nella remata di coppia e in come aiutarci l’una con l’altra. Per quanto riguarda la condotta di gara, abbiamo la fortuna che siamo sempre riuscite a partire bene. Soffriamo un po’ nella seconda parte del passo e nella chiusura, quindi stiamo lavorando tanto su quella parte. Per Tokyo non vogliamo tralasciare nessun dettaglio”.
Nel gennaio del 2015 ti sei trasferita negli Stati Uniti, a Seattle, dove nel giugno 2019 ti sei laureata Business Administration con specializzazione in Marketing alla Washington University. Quali differenze hai notato tra l’Italia e gli Usa sia come cultura sportiva, sia a livello di canottaggio?
“Lì si dà molta più importanza allo sport, soprattutto agli studenti che vogliono abbinare il percorso scolastico all’attività agonistica ad alti livelli. Per me è stata un’opportunità grandissima e una scelta che anche oggi rifarei mille volte. Nonostante abbia dovuto superare mille difficoltà lungo il percorso, mi ha permesso di riuscire a raggiungere traguardi importanti sia a livello accademico che sportivo. Vivere all’estero da sola, senza nessuno, per certi aspetti può essere molto complicato, però è stato davvero bello anche a livello personale e formativo”.
Alex Scotti
(foto in alto A.Carbonara canottaggio.org)