L’argentina nel mondo è famosa particolarmente per tre cose: il tango, la carne e la generaçiòndorada.
Un paese che ha regalato agli amanti della pallacanestro giocatori che hanno raggiunti tra i picchi più alti a cui un atleta che pratica questo sport possa aspirare e tra loro ve n’è uno in particolare: El General, Luis Scola.
Il campione argentino partito da Buenos Aires con il sogno di rendere orgoglioso il padre che, ogni volta che lo vedeva giocare a basket era felice, festeggia oggi i suoi 41 anni a Varese, in una città che lo ha rapito, conquistato e fatto suo in poco meno di un anno.
Più di 20 anni di carriera giocati a livelli altissimi per Luis che, neanche a dirlo, tocca il suo punto in alto nelle annate in NBA, per un decennio che, come lui ama definirlo, gli fa vivere un life changing in tutto e per tutto, e probabilmente è anche il segreto della sua longevità.
Una carriera fatta di tantissimi trionfi con i club e con la Nazionale, tra i quali l’indimenticabile, sia per lui che per tutti gli italiani, l’Olimpiade del 2004 di Atene, quando nella finalissima tra Albiceleste e Azzurri Scola e compagni conquistano l’oro, dando al suo attuale allenatore, Bulleri, la più grande tristezza da giocatore mai provata.
Una vita sportiva vissuta sempre sul gradino più alto del basket anche nel momento in cui sembrava al termine un paio di anni fa, con il trasferimento in Cina, in un mondo agonisticamente completamente diverso dall’Europa o dall’America.
La voglia di rivalsa, il fisico che continua a stare bene, la mano calda, caldissima come sempre in carriera, lo riportano nel continente occidentale, a Milano, per giocare l’Eurolega e continuare ad inseguire quel sogno che oggi può diventare realtà di raggiungere la quinta Olimpiade, un traguardo unico.
Ma per farlo a bisogno di poter dosare al meglio il fisico e le forze, ha bisogno di trovare il suo angolo di paradiso dove poter conciliare sport, riposo e famiglia.
Lo trova a Varese, in una città notoriamente conosciuta per la sua grandissima vivibilità, per la storia e l’ambiente cestistico unici, in una realtà che gli regala anche qualche sprazzo di Pampa argentina, nel borgo di Mustonate dove tra cavalli e verde pianeggiante può respirare un po l’aria della sua terra.
Vive un anno complicato come tutti, con il doppio ruolo di giocatore e simbolo, in campo e fuori, di una squadra che tra mille difficoltà riesce a salvarsi, magari a regalarsi anche il sogno playoff, in un momento storico assolutamente complicato.
Il tutto grazie a prestazioni che non si direbbero di un quarantunenne, che non può assaporare il calore di Masnago, terribilmente vuoto a causa del covid, ma che ne può percepire il valore intrinseco anche solo nei pochi presenti alle partite come membri societari o consorziati.
Una storia d’amore destinata a durare, che magari proseguirà anche in campo, ma che per ora ha lasciato un segno indelebile a Varese ed in Luis, che ha trovato il suo posto perfetto quasi per caso.
Buon compleanno da tutta la redazione di Varese Sport El General.
Alessandro Burin