Tra i suoi luoghi del cuore (ormai), c’è posto anche per Busto Arsizio. In cinematografica assonanza bergmaniana, al quarto anno in biancoblu per Giovanni Fietta lo “Speroni” è il posto delle fragole tanto quanto lo sono stati Como (4 stagioni) ed ancor prima Cremona (5). All’alba del 19° campionato da pro, l’asolano (37 anni il 14 novembre), non fa mistero nel coniugare il mestiere al cuore: “Il tempo ti fa affezionare alla maglia, alla piazza, al luogo in cui fai calcio. La Pro Patria per me è diventato un posto speciale”.
Fai parte del nucleo storico (Mangano, Boffelli, Lombardoni, Colombo, Bertoni, Galli e Ghioldi), presenti sin dalla stagione del ritorno in Lega Pro. C’è stata la possibilità che quest’estate finisse diversamente?
“Rimanere qui è sempre stata la mia priorità. Non ho valutato altre opzioni. E quando incontrandomi con la società ho capito che era un’idea comune, c’è voluto davvero poco a trovare l’accordo”.
Per ragioni anagrafiche, gran parte della carriera è ormai alle spalle. Ora però se ne apre un’altra come difensore centrale. Stimolante?
“C’è grande curiosità da parte mia. E’ un ruolo che in passato ho ricoperto in emergenza. Ora ho la possibilità di interpretarlo in pianta stabile. Voglio capire fin dove posso migliorarmi. Ma è chiaro che sono a disposizione del mister. E se ci sarà bisogno, giocherò anche altrove. Diciamo che per il momento diamo a Lombardoni la possibilità di recuperare con calma…”.
Qualche acciacco (l’anno passato 11 gare saltate per infortunio), la necessità di gestire il proprio corpo. Possiamo parlare di scelta atletica oltre che tecnica visto che in difesa si spende meno che a centrocampo?
“E’ vero. E’ quello che si è portati a pensare. Ma tutto dipende da come si interpreta il ruolo e da come si affronta l’avversario. Bisogna essere bravi a muoversi bene e a trovare i giusti sincronismi. Se si gioca con aggressività tenendo la linea alta, non è detto che si spenda necessariamente meno“.
Da Javorcic a Prina. Anche se la parola d’ordine è continuità, è inevitabile pensare ad un’evoluzione del progetto tecnico…
“Sono stati 3 anni importantissimi per me e per tutto il gruppo. Grazie al mister abbiamo creato basi molto solide e fatto campionati di grande rilievo. Ora la sfida sarà essere bravi e veloci a capire cosa chiede il nuovo allenatore”.
C’è amarezza per come si è chiusa la stagione scorsa?
“La verità? E’ stata una mazzata. Per me poi, dover vivere i playoff isolato in camera davanti ad uno schermo è stato davvero terribile. Pensavamo ad un epilogo diverso. Gli infortuni a nastro delle ultime settimane ci hanno penalizzato. Ogni giorno perdevamo un giocatore. Una serie di eventi che ha dell’incredibile”.
Squadra fortemente rinnovata, girone tostissimo. Condividi il pensiero comune di una stagione più complicata delle precedenti?
“Beh, la squadra non è stata stravolta ma quasi. Inutile negare che ci vorranno tempo e lavoro per raggiungere i livelli che ci prefiggiamo. Ma dobbiamo essere molto preparati e subito pronti. Per prendere il cambiamento come ulteriore motivazione. Nel DNA di questo gruppo e di questa squadra c’è il sacrificio. Spetta a noi veterani contagiare i nuovi con questo principio. Anche se di questi tempi il verbo magari non è dei più indicati”.
Per trascorsi hai grande confidenza con Beppe Le Noci. Difficile passare dal campo ad un ruolo nello staff tecnico?
“Non è un passaggio facile. Per nessuno. Soprattutto nei primi tempi. Ma lui lo sta vivendo con grande professionalità e coinvolgimento. Se poi la domanda è quando toccherà a me, non è ancora arrivato il momento. Non mi sono posto scadenze. C’è tempo”.
Giovanni Castiglioni