Quando realizzi un sogno la cosa più difficile da fare è riuscire a portare in una dimensione reale un qualcosa che si è sempre visto come immateriale, come irraggiungibile, come lontano ed che adesso è incredibilmente vicino, tangibile a tal punto che lo puoi toccare anche se non ha una forma fisica vera e propria.
Questa è la situazione in cui si trovano tutte le ragazze della Nazionale del Nuoto Sincronizzato ed in particolare Gemma Galli, dopo che grazie alle qualifiche di giovedì e di venerdì, hanno staccato il pass per le Olimpiadi di Tokyo, dove scenderanno in vasca il prossimo agosto.

Un obiettivo raggiunto con grandissimo sacrificio, con ardore, con le lacrime, con il sudore e con la gioia, dopo più di un anno passato nella bolla di Roma per gli allenamenti, isolate dal mondo, lontane dalle famiglie e dagli affetti, per evitare qualsiasi possibilità di contrarre il covid-19 senza sapere quando sarebbe arrivato il momento che ti cambia la carriera, che ti cambia la vita.
C’è tutto questo nelle parole di Gemma, bustocca per adozione sportiva ma di Carugate di nascita che, travolta dalle emozioni e quasi da un senso di incredulità, racconta tutto quello che c’è dietro alla realizzazione di questo sogno che porta il nome di Tokyo 2020.

Quante ore hai dormito la notte dopo la qualificazione?
“Tre. Non ho ancora realizzato cosa sia successo e cosa sta accadendo, è qualcosa che va al di là di ogni possibile immaginazione”.

Com’è stata questa due giorni di qualifiche?
“Abbiamo rotto il ghiaccio il primo giorno con la prova tecnica che è quella un po’ più difficile solitamente e che tutti patiscono di più perché ci sono tanti elementi, è più complicata. Noi era due anni che non gareggiavamo e non è stato facile, però mi sentivo tranquilla. L’esercizio di giovedì era quello più insicuro rispetto al libero, in più avendo la Spagna così vicina non ci ha proprio tranquillizzato. Però abbiamo fatto un’ottima prova perché era la prima gara dopo tanto tempo e dopo tutto quello che c’è stato, ed eravamo felici. Venerdì è stato qualcosa di assolutamente inaspettato, la Spagna è scesa in vasca prima di noi, ha fatto un altissimo punteggio e diciamo che in quei momenti cerchi di non fasciarti la testa prima di essertela rotta. Siamo entrate in vasca, abbiamo cercato di fare il nostro meglio e più di così non potevamo fare”.

Una volta uscite dall’acqua, quando avete visto la classifica qual è stata la reazione?
“In realtà gli schermi erano alle nostre spalle quindi non si capiva bene il punteggio, perché c’era anche quello della Squadra tecnica e si sommavano. C’erano voci differenti sui punteggi, poi quando ho sentito esultare molto forte, ho capito che eravamo davanti e 93 è il nostro record di punti, non abbiamo mai fatto tanto”.

Hai realizzato quello che avete fatto, che ad agosto sarai a Tokyo?
“No, non ho realizzato niente e penso che non riuscirò a farlo fino in fondo se non al 9 agosto e penso che sia meglio così per viverla anche più serenamente. Questa gara di qualificazioni ce l’hanno spostata quattro volte, era diventato qualcosa di mistico ed impossibile, non sai come puoi giocarti la carriera in sette minuti totali. Poi sono arrivata qui e ho scoperto che era una gara come le altre. Ho sempre dato sostanzialmente la stessa importanza sia che fosse un regionale che un Mondiale ed ho cercato di fare lo stesso una volta arrivata qui. L’ansia ovviamente c’era, ma ho capito cosa dovevo fare, gli esercizi li sapevo, anche perché non so quante volte li abbiamo ripetuti e quindi mi sono totalmente immersa nella prova, isolandomi dal resto. Al termine poi quasi nemmeno sono scesa dalla pedana per godermi l’abbraccio delle mie compagne che ho dovuto sottopormi all’anti doping, è stato tutto molto veloce, non ho avuto il tempo di realizzarlo, però è tutto bellissimo. Se mi fossi immaginata due settimane fa questo momento mi sarei immaginata di non smettere di piangere, ed invece ancora adesso non l’ho realizzato. Da piccola vedi le Olimpiadi e pensi che quelli siano alieni, invece poi ci arrivi e capisci che sono umani, che sei umano e tutto diventa più piccolo rispetto a come to lo saresti immaginato”.

Ho letto il tuo messaggio sui social e mi ha colpito la frase dove dici “O non ci saremmo più sopportate, oppure il nostro sarebbe diventato il gruppo più magico che possa esistere”, ovviamente riferito al lungo periodo passato in bolla. Racconti questa frase e tutto quello che c’è dietro?
“Molto spesso si dice che si può non andare d’accordo fuori dall’acqua e basta che poi in vasca ci sia professionalità e unità d’intenti per l’obiettivo comune. Già normalmente noi siamo in collegiale tutto l’anno, poi c’è qualcuno che vive in casa propria ma io vivo fuori tutto l’anno e quindi anche per me diventa difficile mantenere la calma, gestire tutte le pressioni, perché vivi in una stanza di albergo sostanzialmente. Quest’anno a maggior ragione, visto che nei week end non potevamo vedere la famiglia, dovevamo stare tutti i giorni con sempre le stesse persone e non è possibile resistere in questa situazione se non sei con delle compagne che in realtà sono sorelle ma anche di più, perché io con le mie sorelle non riuscirei a fare questa vita. Non so come descriverle o come spiegare, si crea una sinergia in cui anche fuori dall’acqua devi sopportarti, supportarti, devi capire quando è il momento di parlare o di lasciare stare qualcuno. E’ tutto un insieme di cose, va al di là della prestazione in sé. Questa è la vera forza del nostro gruppo, perché se non fossimo riuscite a trovare il giusto equilibrio fuori dall’acqua non saremmo mai riuscite ad arrivare a questo risultato. Ognuno negli anni ha trovato il proprio posto. Noi siamo in otto in acqua ma anche le riserve ci hanno supportato in tutto, hanno fatto questa vita supportandoci in tutto, dandoci consigli e aiutandoci in tutto. Per una volta più che la gara in sé è stata la magia dei mesi prima, nonostante non potessimo nemmeno uscire a mangiare una pizza o vedere i genitori. Io non vedo mia mamma da non so quanto tempo”.

C’è qualcuno a cui vuoi dedicare questo obiettivo raggiunto?
“Sicuramente la prima persona che mi viene in mente e a cui voglio dedicare tutto questo è la mia mamma. E’ la persona che mi ha sempre portata in giro, non mi ha mai abbandonata, mi ha sempre sostenuta, non mi ha mai dato pressioni, è sempre stata il mio punto di forza. Con lei ovviamente anche tutta la mia famiglia. Poi vorrei dedicare un pensiero speciale al mio fidanzato, che negli ultimi mesi mi ha salvata ed a tutte le persone che ci sono sempre state anche nei momenti più difficili”.

Un ultimo pensiero pieno di emozione e di lacrime quello di Gemma, che ben rappresenta quanto ci sia dietro la realizzazione di un sogno, quanti sacrifici servano per arrivare a rendere reale ciò che per definizione è irreale. C’è tutto questo nell’emozione di una ragazza che poi è la stessa di tutti coloro che amano lo sport.

Alessandro Burin
(foto DBM)

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