Le due settimane di riposo che porteranno il Città di Varese a riprendere la rincorsa verso la salvezza domenica 21 febbraio contro la Folgore Caratese offrono un buon pretesto per fermarsi un attimo, rifiatare dopo un autentico tour de force di 15 partite in due mesi, e tirare le somme della stagione fino a questo punto. Lo facciamo con il ds biancorosso Gianni Califano ed è proprio da questi giorni di “riposo” (il Varese è tornato già da mercoledì ad allenarsi sul sintetico di Brenno Useria) che parte la nostra chiacchierata. “Partiamo dal presupposto che parliamo di calcio e i veri sacrifici sono altri– esordisce Califano –, ma sportivamente parlando posso condividere il fatto di aver appena concluso un difficile tour de force. Devo dire che i ragazzi si sono fatti trovare pronti ed inevitabilmente hanno speso tante energie psicofisiche che dovranno essere recuperate in questi giorni in vista del rush finale”.

Nelle prime nove giornate sono arrivati solo 5 punti mentre nelle successive 15 i punti sono stati 17. Sono stati fatti dei piccoli passi in avanti, ma è ovvio che bisogna migliorare ancora tanto; secondo lei, realisticamente, qual è il passo che questa squadra potrebbe tenere nelle ultime 14 giornate?
“I margini di miglioramento sono sempre tanti anche perché dopo una partenza così devastante a livello di risultati negativi è evidente che una buona rincorsa non basta. Come abbiamo visto domenica scorsa non sono ammessi errori perché malgrado una serie di risultati utili consecutivi è bastato un pareggio per tornare a -6 dalla salvezza. Purtroppo in situazioni come questa i passi in avanti vengono annullati anche da un mezzo errore che ti fa tornare subito indietro. Sappiamo inoltre che nelle ultime giornate i punti pesano di più ed eventuali giri a vuoto potrebbero lasciare il segno, ma la squadra ha dimostrato di avere qualità importanti per fare bene contro chiunque, anche con le prime della classe. L’importante è stare sul pezzo e sbagliare il meno possibile perché ogni gara è fondamentale”.

Dei 22 punti che il Città di Varese ha raccolto solo 6 sono arrivati al “Franco Ossola”; come si spiega questa disparità di rendimento tra casa e trasferta?
“Personalmente credo che i punti vadano fatti sia in casa sia in trasferta senza andare a cercare giustificazioni; poi c’è chi la pensa in un modo e chi la pensa in un altro. Forse il fatto di allenarci su un campo sintetico e andare a giocare in uno stadio che è molto più grande su cui non facciamo nemmeno una rifinitura può avere una sua influenza, ma non sono una persona che cerca alibi e tutti noi dobbiamo avere la forza e la voglia di invertire questa rotta. Arrivati a questo punto della stagione dobbiamo essere realisti, riconoscere come obiettivo la salvezza e impegnarci a fare punti ovunque”.

A livello difensivo la squadra ha acquisito una discreta compattezza avendo subìto meno gol rispetto ad avversari che stanno ben più in alto. Il problema resta sempre la scarsa vena realizzativa; perché? È davvero solo un problema di caratteristiche o si potrebbero cercare più spesso soluzioni da palla inattiva o con tiri da fuori?
“Hai detto bene, perché i calci piazzati spostano gli equilibri delle partite ad ogni livello e ne abbiamo avuto la conferma anche in Champions League. Ma detto questo credo che in ogni circostanza sia un discorso da estendere alla squadra nel complesso: se non si subiscono gol significa che tutti contribuiscono alla fase difensiva nel modo migliore e, viceversa, se non si segna vuol dire che bisogna migliorare sotto ogni punto di vista. E l’unica medicina che conosco a tal proposito è continuare a lavorare, esattamente ciò che vedo fare da mister, staff e ragazzi ogni giorno con la massima determinazione; finché vedrò questa dedizione da parte di tutti sarò sempre fiducioso”.

Davanti comunque qualcosa è cambiato perché un certo Ebagua sta cominciando a giocare con continuità; quanto è importante avere uno come lui in rosa?
“Sapevamo benissimo che Giulio andava aspettato, ma sapevamo altrettanto bene cosa avrebbe potuto portarci sul piano sia calcistico sia caratteriale. Il suo arrivo ha dato fiducia ed entusiasmo a tutti e siamo sicuri che si rivelerà un’arma importante per il finale di stagione: ha già segnato due gol pur non essendo in forma, e anche domenica scorsa è andato vicino a segnare ma il portiere avversario ha fatto una gran parata. È un punto di riferimento sia in campo sia fuori”.

A parte Ebagua, il mercato invernale ha portato in biancorosso tanta esperienza, su tutti Gazo. La sensazione è che abbiate cercato di “correggere il tiro” per dare maggiore equilibrio alla squadra; è così?
“Io e Andrea (Scandola, ndr) abbiamo operato sul mercato assecondando anche le esigenze dell’allenatore e l’esperienza era una caratteristica che mancava, soprattutto a centrocampo. Avrei voluto Gazo già dall’estate scorsa e considerando i buoni rapporti che aveva con Andrea ci speravo; purtroppo all’epoca non si poteva muovere da Seregno, ma appena abbiamo saputo che c’era la disponibilità per il trasferimento non abbiamo esitato. Avevamo bisogno soprattutto di ragazzi esperti che, a fronte di una classifica deficitaria, credessero nell’obiettivo salvezza e siamo andati a sistemare le carenze che avevamo ravvisato nel girone d’andata”.

I profili dei nuovi arrivati dimostrano anche la solidità di questa società dal punto di vista economico, elemento su cui, soprattutto all’inizio, qualcuno dubitava. Questi dubbi sono stati spazzati via definitivamente?
“Torniamo per un attimo a dicembre: eravamo ultimi con soli cinque punti. Se non c’è una società sana che investe e invoglia i giocatori a venire la nave sarebbe già affondata. Nel momento più difficile il Città di Varese non si è tirato indietro, ha dimostrato solidità e fatto capire la serietà di questo progetto. Se non avessi avuto questa società alle spalle, per non parlare dell’appeal calcistico di Varese, non sarebbe stato possibile fare questo mercato. Detto questo sono contento nel vedere che l’impegno della società è stato apprezzato dagli addetti ai lavori e dai tifosi, ma tutto ciò non basta perché ora bisogna portare a termine la stagione raggiungendo il nostro obiettivo”.

Il ricco mercato non è però stato fortunato se pensiamo al destino dei vari Giugno, Repossi e Sow (elenco al quale possiamo aggiungere i lungodegenti Disabato, Beak e Scampini); come si spiega tutti questi infortuni?
“Nel rispondere a questa domanda bisogna partire dal presupposto che tante squadre hanno avuto questo problema perché la stagione è cominciata dopo sei mesi di inattività per cui, purtroppo, è anche normale aver convissuto con tutti questi infortuni. Inoltre credo che in una situazione come la nostra, probabilmente, i giocatori hanno talmente tanta voglia di dimostrare di essere validi da accelerare per recuperare la condizione nel minor tempo possibile e questo provoca problemi come quelli che abbiamo avuto. Io ripeto che di mio non cerco alibi e, a prescindere da tutto ciò, credo che nel calcio non si vince né si perde per fortuna o sfortuna”.

Restando in tema, il mercato del Città di Varese in entrata è chiuso o ci può essere spazio per altri innesti?
“Oggi la rosa è al completo, ma la società ci ha dato il via libera qualora dovessimo cogliere delle occasioni per quanto riguarda l’attacco; anche questo, collegandoci al discorso di prima, dimostra una volta di più la solidità della società. Sicuramente non è facile rinforzare adesso il reparto, ma ci faremo trovare pronti se dovesse muoversi qualcosa”.

Uscendo momentaneamente dal discorso Prima Squadra, mercoledì scorso la LND ha ufficializzato la sospensione del Campionato Nazionale Juniores U19; cosa rappresenta questo stop per quanto riguarda la crescita dei giovani e l’alchimia della squadra?
“Mi dispiace perché hanno giocato pochissimo e fin qui sono stati costretti a limitarsi a qualche allenamento con la Prima Squadra. Ma tralasciando i nostri ragazzi, devo dire che è davvero un grande dispiacere per tutti perché verrà a mancar loro un importante percorso di crescita. Dall’anno prossimo, se il regolamento resta questo, in Serie D si dovrà schierare obbligatoriamente almeno un 2003, il che significa che bisognerà mettere in campo un ragazzo che non gioca da un anno e mezzo e che si ritroverà catapultato dagli Allievi alla Serie D, un salto forse troppo impegnativo. Non entro in merito alla decisione, ma mi rammarico solo di questo, del fatto che i ragazzi si troveranno a dover fare i conti con un percorso monco”.

Con la ripartenza dell’Eccellenza qualche giovane potrebbe far vela verso quei lidi?
“Fino al 31 marzo si potrebbe aprire un mercato interessante, ma la vedo difficile perché anche il salto da Juniores a Eccellenza è davvero impegnativo. Parliamo di una categoria che è diventata molto più competitiva rispetto al passato e lanciare un giovane, che non gioca da tanto, in un contesto del genere non è semplice. Tra “i grandi” gli errori pesano di più; personalmente farei uscire i ragazzi un anno prima dai settori giovanili perché farsi le ossa in una categoria come l’Eccellenza è più forgiante rispetto allo stare in una Juniores. Tornando a noi, sicuramente qualche ragazzo potrebbe attirare l’interesse di squadre d’Eccellenza, anche se magari non tutti conoscono i giocatori in questione proprio per il fatto che erano fermi, ma i nostri giovani ce li teniamo ben stretti”.

Tornando alla Prima Squadra, si ripartirà contro la Folgore Caratese: che partita si aspetta? E quanto sarà determinate il trittico di partite prima di Pasqua?
“Io ragiono di partita in partita: la prossima sfida è la gara più importante dell’anno e non bisogna fare troppi calcoli. La Folgore Caratese è una squadra forte e organizzata, con individualità importante, e secondo me ha le potenzialità per fare meglio di quanto sta facendo. All’andata è stata la sola squadra, insieme a Pont Donnaz e Sanremese, a farmi una certa impressione, ma noi ci faremo trovare pronti e daremo il massimo per portare a casa il risultato”.

Per concludere, cosa la rende più orgoglioso di questa gruppo?
“Quando ci guardiamo negli occhi, anche nei momenti più difficili, ci trasmettiamo il fatto di non voler mollare, di essere uniti fino alla fine in gioie e dolori. Questo è ciò che mi rende orgoglioso: l’onestà che ci ha sempre contraddistinto nel guardarci in faccia, condividendo sia gli errori sia i momenti più belli. Insieme”.

Matteo Carraro
(foto Città di Varese)

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