Nel calcio dilettantistico della provincia di Varese il nome Giordano Giglio è ormai un’istituzione. Il portierone classe ’83 si è conquistato questa nomea a suon di prestazioni sopra la media, rigori parati e… gol!. Ben due, grazie al suo rinvio a “corta gittata” (in senso ironico, è chiaro) che con una spintarella di vento può diventare un autentico tiro in porta come successo a Cassano e a Trezzano.

Ma la vita del portiere, inevitabilmente, è fatta di parate e Giglio nella sua lunga carriera ne ha compiute davvero tante. Alcune decisive, le quali hanno contribuito alla vittoria di ben quattro campionati. Manca qualcosa? Sì, l’esperienza estera con il Novazzano in Svizzera e, guarda caso, anche in terra elvetica è arrivata la vittoria di un campionato. All’alba dei 38 anni (il prossimo 28 ottobre) non è ancora arrivato il momento di smettere perché la voglia non manca; ecco quindi la chiamata del neonato Gallarate, in Promozione, e la risposta affermativa permetterà a Giglio di scrivere un ulteriore capitolO della sua storia nel mondo del calcio dilettantistico.

“Nel momento in cui mi ha chiamato Maestroni (allenatore del Gallarate, ndr)comincia l’estremo difensore – non ho potuto dire di no. In Svizzera stavo bene, non lo posso certo negare, ma tutti quegli allenamenti uniti a trasferte lontane di cinque o sei ore di pullman iniziavano ad essere davvero pesanti. Ho una famiglia, due figli piccoli, ed è giusto che dedichi il mio tempo a loro. Qui a Gallarate posso farlo: ho ritrovato vecchi amici, un mister che mi conosce, con cui c’è tra l’altro un bel rapporto di rispetto reciproco, e affrontare il campionato con questa squadra sarà una bella sfida”.

Al di là della scelta di tornare in Italia, com’è stata l’esperienza Svizzera?
“Con il Novazzano è stata la mia seconda esperienza. Nel 2017 avevo vinto il campionato di Seconda Lega e quando sono tornato lo scorso anno mi sono dovuto confrontare con una categoria superiore e molto difficile come la Seconda Lega Interregionale. A parte questo, però, è stato bello perché ho ritrovato la squadra che avevo lasciato: piazza familiare, gente che conoscevo e società che non ha mai fatto mancare nulla. Purtroppo l’impegno era diventato davvero troppo importante e, per quanto in Svizzera sia tutto positivo a livello economico-organizzativo, ho scelto di tornare in Italia”.

La scorsa estate eri partito sostenendo che in Svizzera, a differenza dell’Italia, c’era la garanzia di ripartire; ritieni che questo possa essere l’anno della ripartenza definitiva?
“La Svizzera lo scorso anno era molto più avanti dell’Italia e infatti in due trimestri, tra settembre e novembre e tra aprile e giugno, siamo riusciti a concludere il campionato seppur giocando solo il girone d’andata. Ora non voglio fare la figura del sognatore, però anche dal punto di vista lavorativo vedo che le cose vanno meglio: non vanno a gonfie vele, ma vaccini e protocolli sono palliativi che aiutano ad andare avanti. Per giocare devi avere il Green Pass, se hai il virus finisci in quarantena una decina di giorni ma senza la paura di inizio pandemia, per cui credo che si possa definitivamente ripartire anche in Italia”.  

Alla tua età cosa ti spinge ad andare in campo? So che la scorsa estate stavi addirittura pensando se smettere oppure no…
“La passione per il calcio ti aiuta senz’altro ad andare avanti ma, inevitabilmente, anche il riscontro economico ha la sua importanza. Come ho detto prima ho una famiglia da mantenere, e avere un extra rispetto all’introito lavorativo aiuta. Sicuramente la passione per questo sport ha un bel peso specifico perché smetterò solo nel momento in cui vedendo una partita non mi verrà più voglia di giocare, di vivere la tensione dello spogliatoio e della partita; al momento tutto ciò non mi manca e, anzi, malgrado la mia età io sono ancora tra i più ‘vivaci’ all’interno del gruppo”.

Lavoro, calcio… continuerai a fare anche il preparatore dei portieri all’Aldini?
“No, per il momento da questo punto di vista ho smesso. Purtroppo il Covid ha imposto una riduzione di budget per molte società e allenandomi tre sere a settimana, oltre alla partita domenica, non avrei più avuto modo di continuare a farlo. Per il momento va bene così, ma se qualcuno volesse avere un preparatore per un paio di giorni alla settimana sarei disponibile, anche perché non ho fatto il patentino UefaB per nulla: quando smetterò farò il master e mi piacerebbe allenare in Eccellenza per vincere un campionato o, perché no, in Serie D. So che ci sono tanti preparatori bravi, ma so anche di avere, al momento, 33 anni di esperienza da portiere alle spalle”.

Qual è stata la tua miglior stagione?
“Te ne dico quattro, perché sono quelle praticamente tatuate sulla mia pelle da quanto ci sono legato. Nel 2007 a Trezzano ho vinto la Promozione, successo bissato nel 2012 con l’Union Villa Cassano: quella, in particolar modo, è stata una stagione pazzesca perché tra la prima classificata e la quarta c’era solo un punto di distacco. Poi nel 2017 ho scoperto il mondo della Svizzera vincendo il campionato e, infine, ricordo con piacere l’ultimo anno a Uboldo: anche se abbiamo giocato solo fino a marzo causa Covid avevo parato quattro rigori su cinque e, in generale, ho disputato un gran bel campionato”.

Tornando al presente, come descriveresti la realtà Gallarate? La società sembra molto ambiziosa…
“Parliamo di una società che ha tanta voglia di fare e di provare a lavorare in un certo modo; tuttavia, ed è giusto che sia così, ci sono tutte le difficoltà di chi si confronta per la prima volta con una categoria nuova. Noi, e mi riferisco ai più esperti, insieme a Maestroni cercheremo di dare tutto il nostro contributo per disputare un bel campionato”.

La prima uscita si è conclusa con una sconfitta nei minuti finali: cosa è mancato?
“Credo che al momento ci manchi ancora una punta. Abbiamo fatto davvero tanta fatica ad arrivare alla conclusione mentre, dall’altra parte, abbiamo sofferto un po’ troppo; dobbiamo trovare il giusto equilibrio e i più giovani devono crescere davvero in fretta per dimostrare di essere all’altezza della categoria”.

Ora testa al Solaro, che partita ti aspetti?
“Purtroppo non sarò della partita perché andrò al matrimonio di Diego Gazzea, storico capitano del Magenta nonché mio grandissimo amico. Sarà comunque un’altra sfida davvero tosta che servirà per entrare ulteriormente in ottica campionato: l’Universal Solaro, così come la Solese, non possono magari definirsi corazzate, ma giocano in categoria da parecchi anni e sono inevitabilmente più consolidate rispetto a noi che siamo appena nati. Sarà una battaglia”.

In campionato dove può arrivare il Gallarate? Chi vincerà?
“La salvezza deve essere il nostro obiettivo; poi tutto ciò che viene in più è tanto di guadagnato. La squadra, comunque, deve trovare il suo equilibrio e per farlo servirà crescere di partita in partita. Resto convinto del fatto che avendo la Solbiatese nel girone è inutile, e questo discorso vale anche per gli altri club, fare progetti per quest’anno: parliamo di una squadra che ammazzerà il campionato in poco tempo. Poi anche loro possono avere una giornata no, e mi auguro che sia contro di noi, ma credo proprio che quest’anno non ci sarà storia; potrebbero vincere l’Eccellenza con la squadra che hanno”.

Manterrai la tua fama di pararigori?
“Mi tocco i co******! (ride, ndr). Scherzi a parte, spero all’occorrenza di dimostrarmi ancora all’altezza”.

Dobbiamo aspettarci qualche altro gol?
“Beh, perché no? Se c’è un po’ di venticello non mi dispiacerebbe segnare il terzo gol in carriera! Sarebbe un bel modo per avviarsi verso la fine della mia esperienza da giocatore; me lo auguro!”.

Matteo Carraro
(foto FB Giordano Giglio)

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