Giorgia Bordignon sarà la prima pesista italiana a poter vantare la partecipazione a due edizioni delle Olimpiadi. Un record per il sollevamento pesi al femminile che premia i sacrifici dell’atleta delle Fiamme Azzurre, da anni ormai al vertice della disciplina. Dopo il sesto posto conquistato a Rio 2016, la trentaquatrenne di Gallarate vuole godersi questa seconda esperienza a cinque cerchi, pienamente consapevole che il suo record italiano non è molto distante dal peso che potrebbe valere una medaglia, ma senza volersi caricare inutilmente di pressioni e aspettative che potrebbero avere soltanto ripercussioni negative. In diciassette anni di carriera, Bordignon ha messo in bacheca un oro europeo, quattro argenti e dieci bronzi, oltre a svariati titoli italiani assoluti.

Nel torneo preolimpico del 12 giugno è arrivato un terzo posto con 97 kg alzati allo strappo e 115 kg allo slancio per un totale di 212 kg. Come valuti il tuo stato di forma a pochi giorni dalla partenza per Tokyo?
“Non conta tanto come mi sento adesso, l’importante sarà essere in forma il giorno della gara. Ogni preparazione è a sé, può capitare di avere sensazioni negative e fare una grande prestazione così come il contrario. Quella è stata una giornata bruttissima, in cui ero fuori forma e tutto è andato storto. Non è un risultato da prendere in considerazione perché ogni gara ha una sua storia ed è diversa da tutte le altre”.

Quale obiettivo ti sei posta?
“Ho 34 anni e vado a combattere contro ragazze molto più giovani di me. Quindi l’unica cosa a cui penso è far bene quello che sono abituata a fare, ovvero salire in pedana e alzare il bilanciere. Non voglio creare aspettative ma soltanto godermi l’Olimpiade”.

Sarai la prima donna italiana con una doppia partecipazione olimpica nel sollevamento pesi. Cosa significa per te questo risultato?
“Provo una bella sensazione perché è una pagina di storia della Federazione. Già qualificarsi per un’Olimpiade è un sogno che rimane tale per molti atleti. Cosa significa riuscire a viverne addirittura due, penso che me ne renderò conto soltanto quando arriverò là”.

In un’intervista subito dopo le Olimpiadi di Rio avevi detto che il picco di prestazione si ottiene solitamente tra i 25 e i 30 anni. Eppure dal 2013, quando sei salita di categoria passando alla 63 kg, hai avuto una crescita pazzesca e a 34 anni continui ancora a stupire. Qual è il segreto della tua longevità?
“Sinceramente non saprei quale sia il segreto. A me piace questa vita, che è fatta di tantissimi sacrifici ma io riesco a godermela. Anche perché, purtroppo, non durerà ancora per molti anni. Se fai l’atleta è perché ti piace stare tutto il giorno in palestra. Ogni giorno ancora gioisco se va bene l’allenamento e m’incavolo se va male. A Tokyo sarò la più anziana della squadra, ma l’unica cosa che ho detto agli altri è che non possono immaginare come sarà là dentro, perché ogni Olimpiade è unica e ciascuno la vive a modo suo”.

Per arrivare al tuo livello serve più talento o voglia di fare sacrifici?
“Il talento aiuta ma va coltivato. Servono tanto lavoro e rinunce. La vita dell’atleta in parte è sacrificata perché non puoi concederti le stesse libertà e divertimenti dei tuoi coetanei. Particolarmente in certe discipline come la nostra dove i risultati non arrivano immediatamente, perché premiano la costanza nel tempo”.

A un occhio inesperto, il tuo sport può sembrare soltanto una questione di forza fisica. Quanto c’è invece di tecnica?
“Tantissimo. Soprattutto nell’esercizio dello strappo in cui la tecnica vale per il 90% e per il restante 10% è questione di testa. La forza fisica è molto più relativa di quanto si possa immaginare. Anche nell’esercizio dello slancio, dove un po’ più di forza ce la puoi mettere, senza la tecnica non vai da nessuna parte. Sono esercizi che s’imparano subito se si ha la fortuna di avere un allenatore in grado di insegnarti correttamente i movimenti”.

Hai cominciato tardi col sollevamento pesi, a sedici anni. Ho letto che eri entrata in palestra per provare dei corsi di fitness. Cosa ti ha spinta a provare il bilanciere?
“Ho iniziato ad andare in palestra perché mia mamma mi vedeva troppo spesso a casa. Lì ho trovato un gruppo di ragazzi che facevano sollevamento pesi e quando mi hanno detto che per le gare si viaggiava senza genitori, mi hanno convinto facilmente a provare. A quell’età la cosa più bella è viaggiare da soli. Tra l’altro quando sarò a Tokyo saranno passati esattamente diciassette anni dalla mia prima gara internazionale”.

Hai già pensato a cosa fare dopo l’Olimpiade?
“Non voglio ancora pensarci. Quando tornerò da Tokyo mi godrò una settimana di vacanza, in quei giorni rifletterò su cosa fare della mia vita. Qui ci sono ragazzine di vent’anni che spingono per far vedere che ci sono anche loro. Siamo buone amiche e auguro loro di riuscire a fare più di quello che ho fatto io. Soprattutto perché questo è un periodo un cui i pesi si stanno pulendo da tutta quella sporcizia che c’era anni fa, quindi riesci a combattere contro persone del tuo stesso livello”.

Alex Scotti

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