Che la Solbiatese faccia le cose fatte per bene non è un mistero ma, quest’estate, i nerazzurri si stanno superando allestendo una squadra spaziale, almeno sulla carta, per la Promozione. Tra i tanti colpi di mercato, spicca sicuramente il nome di Giuseppe Torraca, fortemente voluto da Carmine Gorrasi e dal DS Mirko Barban.

L’attaccante classe ’95 vanta un’esperienza di tutto rispetto per un campionato come la Promozione dato che nell’ultima stagione è stato protagonista in Serie D con la Tritium e due anni fa aveva vinto il campionato di Eccellenza con il Busto di mister Crucitti. Ovviamente sarà il perno dell’attacco Solbiatese insieme ad altri due che con la Promozione centrano poco, alias Anzano e Scapinello, per costruire un reparto super che promette valanghe di gol.

Dalle spiagge della sua Salento (è originario di Battipaglia) Torraca ripercorre i passaggi che hanno portato al matrimonio con la Solbiatese: “Gorrasi e Barban mi hanno convinto a sposare un progetto importante: avevo parecchie richieste in Serie D, ma quando conosci a fondo le persone e sai di poterti fidare non puoi rifiutare certe offerte. Alla Solbiatese non si fanno chiacchiere e i fatti lo dimostrano perché la società sta costruendo una squadra di livello assoluto; oltre a Gorrasi e Barban mi è bastato fare due parole con altri calciatori per decidermi ad accettare”.

Tra questi altri calciatori rientra anche Anzano?
“Con Alessandro c’è un rapporto che va oltre al calcio perché, a parte l’ottima intesa a livello tecnico, è una bravissima persona con cui ho condiviso bei momenti. Sapere che uno come lui è a Solbiate significa avere la certezza che la società vuol fare le cose in grande e se poi aggiungiamo anche i vari Scapinello, i fratelli Pellini e tutti gli altri ogni minimo dubbio viene spazzato via”.

 Anzano-Torraca-Scapinello, un reparto decisamente interessante per la Promozione; quanti gol dobbiamo aspettarci?
“Loro ne faranno molti più di me (ride, ndr). Scherzi a parte non mi piace fare proclami perché l’unica cosa che voglio è dare il massimo e, non a caso, al direttore ho promesso impegno e volontà costante. Firmerei per fare zero gol ma contribuire alla vittoria del campionato; in ogni caso il mio obiettivo è confermarmi in doppia cifra, poi ciò che viene in più è ben accetto. Chi tirerà i rigori? Sarà una lotta (ride ancora, ndr), probabilmente faremo pari e dispari”.

In generale cosa ti aspetti dalla prossima stagione?
“Non ho mai fatto questo campionato per cui non so bene cosa aspettarmi. So per certo, però, che tutte le squadre sono ben attrezzate e, nel complesso, il livello è molto equilibrato. Tutti, poi, aspettano la Solbiatese perché siamo la squadra da battere e ci affronteranno col coltello fra i denti. Vincere non è scontato e dovremo essere bravi a far coincidere le qualità dei singoli con lo spirito di gruppo”.

Domanda retorica: come si vince un campionato?
“Si vince affrontando ogni partita con consapevolezza e serenità, ma la cosa più importante è proprio il gruppo. Nella mia carriera ho visto squadre molto forti che, alla fine, non hanno mai vinto nulla perché non avevano un gruppo solido alle spalle; il mio Busto81 non era certo favorito, eppure con la forza del collettivo siamo riusciti a trionfare. Per cui dovremo seguire le indicazioni del mister e giocare ogni partita come se fosse una finale: se scendessi di categoria senza affrontare il campionato con la giusta testa commetterei un grave errore”.

Anche se il girone non è ancora stato stabilito, tutti indicano il Saronno come la vostra rivale numero uno; cosa ne pensi?
“Conosco mister Taroni e, tra gli altri, Cannizzaro che è stato con me al Seregno. Il Saronno è una squadra attrezzata che ci darà del filo da torcere, così come tutte le altre, ma noi non dobbiamo pensare agli avversari. Il nostro unico compito è quello di dare il massimo perché si gioca sempre undici contro undici: se perderemo applaudiremo chi ci ha battuto, altrimenti festeggeremo noi”.

Qual è l’impressione che fa la Solbiatese vista dall’interno e dall’esterno?
“Comunque la si guardi è una squadra forte. Solo il fatto che molti giocatori giovani, come i fratelli Pellini, siano disposti a scendere di due o tre categorie per venire qui fa capire la solidità della società e questi movimenti rappresentano una bella iniezione di fiducia per tutti gli altri giocatori. Dall’esterno, come ho già detto, è inevitabile che tutti ci considerino la squadra da battere e sarà nostro compito dimostrare sul campo di essere i più forti”.

Hai già parlato con mister Gennari?
“Prima di venire qui non lo conoscevo personalmente, ma sapevo la sua storia e, ad oggi, non vedo l’ora di cominciare ad allenarmi perché da lui posso solo imparare. Ovviamente mi sono sentito con lui: mi ha chiesto di dare il massimo perché la squadra è costruita per vincere e il minimo che io possa fare è mettere costante impegno e abnegazione in tutto ciò che faccio. Anche Giubilini mi ha fatto un’ottima impressione e con loro due al timone si lavorerà nel modo migliore”.

Dopo due stagioni da dimenticare causa Covid, sarà la stagione della ripartenza definitiva o ti aspetti ulteriori complicazioni?
“Io mi auguro che questo periodo sia ormai un brutto ricordo, non tanto per noi calciatori ma soprattutto per le società. Se il dilettantismo non riparte a pieno regime ne risentirà tutto il calcio italiano perché verranno a mancare giocatori pronti per le categorie superiori. Mi auguro ovviamente di ripartire in totale sicurezza perché prima dei calciatori e delle società vengono gli uomini, per cui sarà obbligatorio prevenire qualsiasi potenziale problema. Sono sicuro che, con la giusta attenzione e gli sforzi adeguati, il dilettantismo ripartirà continuando ad essere il motore trainante del calcio italiano”.

Ti senti già un leader di questa squadra?
“Direi proprio di sì perché quando scegli di scendere di due categorie devi sentirti un leader: questo salto ti dà delle responsabilità in più che devi essere bravo a gestire perché così facendo diventi parte centrale del progetto. Le società senza i calciatori non vincono i campionati e farti carico di questa responsabilità, ovvero portare la squadra a vincere, ti fa automaticamente diventare un leader. Qui ci sono tanti giocatori di personalità e intelligenza per cui, insieme al mister, abbiamo tutte le carte in regola per fare grandi cose”.

Matteo Carraro

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