Un sorriso ai tempi del Covid vale più di quanto si possa immaginare. Se poi si dipinge sul volto di un bambino, diventa un tesoro prezioso dopo quasi un anno di giornate anomale che hanno tolto a tutti una parte del proprio mondo e della propria quotidianità. Dopotutto, come spiegare ai più piccoli che nessuno ancora sa quando potranno riabbracciare i loro amici e giocare spensierati senza distanze, senza restrizioni, in piena libertà?
In attesa che quel giorno arrivi e riporti interamente l’allegria lasciata in stand-by, in casa Gorla Minore non si vuole stare con le mani in mano. E così, nella giornata di martedì, ha preso il via un campus per il settore giovanile nel rispetto dei protocolli e delle misure di prevenzione che ormai conosciamo bene.

A spiegare questa importante iniziativa è il direttore sportivo Nicola Viceconti che si fa portavoce della società e della sua decisione di venire incontro ai suoi giovani tesserati offrendo qualche momento di svago in tutta sicurezza, dopo quasi tre mesi lontani dai campi. Com’è logico aspettarsi, tra continui decreti e cambi di colore, riorganizzarsi non è affatto semplice, ma i gialloblu non si sono tirati indietro e hanno cercato di adattarsi al periodo. 
“Dopo la sospensione dei campionati eravamo andati avanti fino a inizio novembre, prima che diventassimo zona rossa. Poi quando eravamo in zona gialla prima delle feste avevamo lasciato stare perché non ci sembrava il caso di ricominciare in quel momento: faceva freddo, le giornate erano corte ed era più importante pensare al Natale e alla famiglia. Così avevamo pensato di programmare qualcosa per gennaio o febbraio, quando ci fossero stati presupposti migliori. Dopo le feste, quando siamo passati in zona arancione, non eravamo ancora pronti e non c’era un’idea precisa di cosa si potesse fare, dopodiché ho approfittato del periodo rosso per definire la cosa”.

Ed è così che è nata questa iniziativa rivolta a tutte le squadre delle giovanili, dalla Scuola Calcio fino agli Allievi, a seconda della disponibilità di bambini e ragazzi, che verranno di volta in volta suddivisi in piccoli gruppi in base all’età.  “Abbiamo scelto la modalità del campus per poter programmare di settimana in settimana quello che si vuole fare -spiega il ds-. Il pagamento è a ora, quindi chi vuol venire decide quante ore fare e paga solo per quello di cui usufruisce. Questo sistema ci permette di pagare le spese, gli allenatori che si sono messi a disposizione per queste attività e le altre persone preposte a far funzionare il tutto. In questa situazione, le alternative erano o rimanere immobili o creare qualcosa per avere un contributo economico. A Gorla siamo abituati a dividere le rette in tre parti, una con l’iscrizione, un’altra a fine ottobre e l’ultima a fine gennaio, quindi lo scorso autunno ci siamo trovati nel pieno del blocco senza nessuna risorsa per affrontare le spese. Ma a parte questo, la cosa importante era non rimanere fermi e infatti sia da parte dei ragazzi che dei genitori c’era la volontà di fare qualcosa”. 

Con tutte le limitazioni del caso, lo sport in qualche modo riesce a dare una parvenza di normalità, per quanto lontana da quella di un tempo, e a svolgere una funzione sociale e di supporto, quanto mai fondamentale in questo periodo. “I bambini sono stanchi, ormai è un anno che sono reclusi in casa, e non penso che la soluzione sia chiudere tutto. Venire da noi a fare sport significa essere controllati perché ci atteniamo a tutte le istruzioni del Ministero della Salute: misuriamo la temperatura due volte, all’arrivo e all’uscita, facciamo allenamenti individuali mantenendo le distanze, non usiamo le casacche, igienizziamo gli attrezzi dopo ogni sessione. È una procedura che facevamo già a settembre e ottobre e continueremo in questo modo. La situazione è rimasta com’era prima, essendo un ciclo legato alle stagioni. Non sono sicuramente i ragazzi la causa del coronavirus e non devono essere gli unici a pagare. Abbiamo tolto loro la scuola, gli amici, lo sport. Capisco stare fermi due o tre mesi la scorsa primavera, ma ora è da un anno che vivono così, non sorridono più e non hanno più una vita sociale. Essendo padre di due bambine posso dire che è veramente difficile portare avanti con serenità la loro adolescenza. E così mi sono sentito in dovere di pensare a un discorso del genere e la proposta è stata accolta in modo molto positivo. Nonostante il freddo e pur non potendo usare le docce e gli spogliatoi, abbiamo già riempito la settimana. Gli allenamenti, infatti, non sono solo al sabato ma tutte le sere, considerando che le giornate si allungheranno. Ora che siamo agli inizi abbiamo ricevuto le adesioni di giorno in giorno, poi i genitori dovranno definire il loro impegno entro il sabato sera”. 

Un discorso diverso, invece, per la Prima squadra, impegnata nel campionato di Seconda Categoria e ferma ai box come in tutti gli altri club della categoria e non solo. In effetti, le probabilità di una ripresa della stagione sono a dir poco scarse. Viceconti si è espresso anche a questo proposito. “Settimana scorsa abbiamo avuto una riunione con il CRL, che ci chiedeva cosa ne pensiamo e cosa vogliamo fare. La risposta è stata quasi unanime: fermarci. In Promozione ed Eccellenza gli interessi sono diversi ed è giusto che magari possano riprendere, ma in Prima e Seconda Categoria ci sono altre dinamiche che ci condizionano e penso che ripartire non abbia molto senso. I giocatori non vivono di calcio ma hanno un altro lavoro e se per un’eventuale quarantena dovessero restare a casa 15 giorni sarebbe un controsenso. Secondo me, però, nei prossimi mesi non bisogna rimanere nell’immobilismo totale sperando che a settembre la situazione si risolva magicamente, perché la realtà è che i vaccini arriveranno piano piano e che a settembre il virus sarà ancora presente, quindi se non ci strutturiamo e creiamo delle procedure per la ripartenza, ci faranno iniziare per poi fermarci di nuovo, come già successo l’anno scorso. Allora perché non organizzare, tra le società che vogliono e possono, dei mini-tornei a livello di prima squadra e di settore giovanile per dare un po’ di respiro alle casse e sopratutto per capire come riprendere e come fare questo definitivo passo? Se i presupposti a marzo saranno gli stessi di settembre, quando tutta una squadra veniva fermata se c’era un positivo, come del resto era giusto fare in quel momento, sarebbe inutile ripartire. Bisogna piuttosto prendersi una sorta di periodo cuscinetto per creare determinate condizioni che consentano di riprendere in maniera più decisa ed energica. La mia proposta è di sfruttare febbraio, marzo e aprile per pensare a questo nuovo sistema, così da potersi muovere a maggio-giugno. Supponiamo che si siano dieci società che vogliono organizzare i tornei: ci potremmo incontrare e capire come fare attività sportiva senza dover rimanere a casa tutti quanti al primo contagiato. Altrimenti arriveremmo a settembre con i ragazzi completamente fermi da quasi un anno e mezzo e ci sarebbe un forte disagio a livello mentale, perché ci siamo abituati a non fare più quello che facevamo prima”. 

Considerando che oltre alle difficoltà del covid, un’altra preoccupazione che affligge le società dilettantistiche è la recente proposta di riforma della sport, l’augurio di Viceconti è che i prossimi mesi possano servire a chiarire molte questioni rimaste in sospeso, tra le quali l’abolizione del vincolo sportivo. “Penso che in questo periodo dobbiamo anche mettere a posto vari aspetti a livello legislativo e federale, perché sono tutte situazioni che stanno portando alla distruzione dello sport dilettantistico. Per come è stata impostata, la riforma dello sport è una tragedia per le società, soprattutto per quelle che costruiscono il loro valore sul settore giovanile. Noi siamo un paesino di 7000 abitanti e abbiamo più che altro un indirizzo a livello sociale, che cerchiamo di portare avanti nel miglior modo possibile dando un servizio di qualità affinché il settore giovanile sia la nostra linfa. E infatti quest’anno avevamo 12 giovani in prima squadra, in Coppa Lombardia avevamo passato il turno e in campionato eravamo ben strutturati e stavamo lottando. Il comune aveva anche investito nel centro sportivo con l’intenzione di offrire un valore aggiunto per i bambini e i ragazzi di Gorla e delle comunità vicine. Le riforme, però, minacciano di rompere questi meccanismi e se fanno passare una legge del genere, molte società non potranno rimanere in vita perché non si può pensare di di abolire il vincolo in maniera così definitiva, né di inquadrare come lavoratori tutti gli allenatori e le persone che ruotano intorno a una società. Ma in mezzo a tutte queste difficoltà, per adesso mi entusiasma il fatto che ripartiamo con gli allenamenti e sono contento di rivedere tanti ragazzi tra noi pronti a ricominciare”.

Silvia Alabardi

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