C’è azzurro e azzurro. Quello sfolgorante dell’Italia del Mancio, per perfido contrappasso campione d’Europa proprio sul campo di chi voleva riportare il football a casa. E quello sbiadito del Novara, prossimo ad una squassante (ma non completamente inattesa) esclusione dal calcio professionistico. I fatti sono noti.
Giovedì 8 la Covisoc ha rigettato le domande di iscrizione presentate dal Chievo (Serie B) e da Carpi, Casertana, Novara, Paganese e Sambenedettese (Lega Pro). Entro domani i club in questione potranno presentare ricorso (senza poter peraltro integrare la documentazione), con parere definitivo della Commissione di Vigilanza svelato dal Consiglio Federale di giovedì 15. Quando verranno sdoganate le licenze nazionali per la partecipazione ai prossimi campionati. In caso avverso, appello finale al Collegio di Garanzia del CONI con ulteriore ricorso da dirimere entro martedì 27. Data in cui dovrebbero essere certificati organici e gironi della C 2021/22.

Limitandoci alla terza serie, nessuna chance per la Casertana (domanda priva di fidejussione e criteri infrastrutturali non assolti), solide (se non robuste) speranze per Paganese e Sambenedettese, scenari oscuri per Carpi e Novara. Curiosamente (ma fino ad un certo punto), squadre che nell’ultimo decennio hanno frequentato A e B. Ereditando da quelle platee stili di vita superiori alle proprie possibilità. E (alla lunga) non sostenibili. Acquisito il parere federale, attraverso il presidente Pavanati (nella foto), la società piemontese si è lanciata subito all’attacco: “Abbiamo pagato ad oggi 1 milione 600 mila euro di tasse arretrate e 750.000 euro di stipendi. Insieme al socio di minoranza De Salvo abbiamo onorato a tutti gli impegni previsti. Alla Federazione, però, non piace come abbiamo pagato le tasse arretrate. Ho utilizzato il metodo di compensazione per surrogazione, ricordando di non avere ancora l’accesso al cassetto fiscale. Tradotto in parole povere ho utilizzato crediti che le mie aziende vantano nei confronti dell’erario. A loro non va bene perché dicono che in ambito sportivo non si utilizza tale metodo che invece è certificato in ambito aziendale. La cosa che a me mortifica parecchio e che non riesco a capire perché questo metodo non venga accettato dalla federazione. Approvato dall’organo giuridico italiano. I miei crediti sono certificati e ho le ricevute di avvenuto pagamento dell’Agenzia delle Entrate. Siamo stupiti che non ci sia ancora l’iscrizione. Ora cercheremo di capire come metterci a posto”. 

Con la pratica affidata all’avvocato Chiacchio, in sede di ricorso i toni dovranno però essere necessariamente più concilianti. Perché è chiaro come l’ambito sportivo poggi su interpretazioni normative non necessariamente sovrapponibili alle vigenti in quello fiscale. Stupisce semmai (al netto dell’invocata ingenuità), come lo strutturato neo management del Novara ne ignorasse la ratio. Circostanza che (sia come sia), nel caso di specie non depone certo a favore del ricorrente. In un contesto opaco che ha visto nell’ultima primavera il laborioso (e parziale) passaggio di proprietà tra Rullo e Pavanati. Ma con la famiglia De Salvo costante convitato di pietra. E l’incredibile vicenda (per quanto a sé stante), dell’ex presidente Cianci pescato a Locri dalla Guardia di Finanza con 200 mila euro nelle buste delle spesa ad alzare il livello di guardia sull’intera gestione societaria. Con l’esigenza di vederci chiaro sottolineata tempo fa dallo stesso numero uno di Lega Ghirelli.          

Insomma, l’orizzonte resta fosco. E le possibilità di ribaltone nel giudizio federale (a naso) piuttosto scarse. Cioè, tutto congiura contro i gaudenziani. Tanto da convincere parte delle tifoseria ad invocare l’iscrizione in sovrannumero alla prossima Serie D. Della serie, palla in corner per salvaguardare quantomeno 113 anni di storia ed evitare il supplizio di una stagione senza calcio.      
Il cielo è azzurro sopra Londra. A quanto pare, non altrettanto sopra Novara.   

Giovanni Castiglioni

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