Rampulla Arrighi Braghin Strappa Salvadè Cerantola Di Giovanni Bongiorni Mauti Auteri Mastalli… (nomi detti uno dietro l’altro tutto d’un fiato) anzi recitati come una poesia dal “Taglia”. Era una formazione del Varese edizione 1981-82, quella targata Eugenio Fascetti, con l’Avvocato genovese Mario Colantuoni sulla poltrona di Presidente ed un giovane e promettente Direttore Sportivo che negli anni successivi avrebbe fatto parlare di sé: Beppe Marotta. Una rosa ricca digiocatori del calibro di Bruno Limido, Giuliano Vincenzi, Giampiero Scaglia, tra gli altri.
Per quei pochi che non lo ricordano era il Varese che in quella stagione di serie B si classificò quarto, ad un passo dalla serie A. E per chi invece se lo ricorda era quel Varese a cui fu sottratta la serie A in quella partita del 6 giugno 1982 disputata all’Olimpico di Roma contro la Lazio. Un vero e proprio spareggio: i capitolini di Giordano, Bigon e D’amico si giocavano la permanenza in serie B, i biancorossi la serie A. Varese avanti 2 a 0, partita finita 3 a 2 con 2 rigori per i biancolesti… fischiava Agnolin. L’Eugenio da Viareggio la ha più volte definita “un furto autorizzato”… e mettiamola via così.

La sede del Varese era a quel tempo in via Cairoli, rione Biumo Inferiore; occupava il piano terra di un bel palazzo nel quale abitava un bambino di 8 anni che ogni giorno vedeva i suoi idoli passargli sotto gli occhi, uno in particolare, il portiere. Sì perché Michelangelo Rampulla è stato per Alberto Tagliabue (per tutti il “Taglia”) il primo grande totem calcistico.

Tifosissimo del Varese non potevi che cominciare la tua carriera al Bosto, allora la sua “cantera”?
“Proprio così, a sette anni ho cominciato sui campi (che non erano i sintetici di oggi) di Capolago con Fausto Pozzi e Osvaldo Tonelli. Tra i miei primi allenatori voglio ricordare il “mitico” Marco Caccianiga, veramente un mago con i piccoli, e poi il compianto Pino Maiorca e Mario Belluzzo che avrei poi ritrovato al Varese. Allora, come oggi, si cercava di impiegare i bambini in tutti i ruoli e a me piaceva già buttarmi a terra, nonostante avessi un fisico esile che non faceva certo pensare al ruolo del portiere (incredibile crederci adesso… 183 cm e una struttura imponente). La svolta furono i guanti. Ero andato con la mamma al Toreador che era uno dei negozi di articoli sportivi più attrezzati di Varese (e chi non se lo ricorda…, ndr) per comprare le scarpe da calcio. Quando però ho visto gli stessi guanti che usava Rampulla non ho avuto dubbi… e da lì portiere per sempre”.

Poi il passaggio al Varese
“Sì ero bravino e decisero di mandarmi al Varese, aggregandomi ai più grandi del ’71 e del ’72 (il Taglia è del ’73). Sono rimasto un paio di stagioni, allenatori Ambrogio Borghi e Salvatore Asmini, toccavo il cielo con un dito, vestivo la maglia della mia squadra del cuore! Non ci crederai ma andavo a dormire con la tuta della Società… Purtroppo però la scelta di mandarmi anzitempo tra i biancorossi, fatta certamente in assoluta buona fede, si è rivelata sbagliata. Ho pagato subito la differenza, anche perché troppo piccolo di statura. Ero praticamente chiuso ed ho giocato poco, tant’è che dopo un paio di stagioni sono tornato al Bosto. Quella esperienza non mi ha però demotivato. Allora, così come oggi, penso che tutto ciò che si fa lo si debba fare con impegno e determinazione, a prescindere da dove lo si faccia. Con icolori giallo blu ho così giocato negli Allievi Regionali prima che Osvaldo Tonelli mi portasse a Tradate nella Juniores Regionale di mister Cortazzi. Lì ho esordito in prima squadra a 17 anni, allenatori Baron e Setti e lì è iniziata la mia carriera che ci tengo a dirlo, non mi mai visto conoscere l’amarezza di una retrocessione. Da Tradate poi tre anni alla Cadrezzatese dei fratelli Bodio. In squadra con me Rivetta, Lucarelli, Menin, Maggioni, Bresciani, Giorgetti Tencaioli… gran squadra. In panca Salina, Gabban ed Enfi che mi ha poi portato in Eccellenza a Sesto Calende. Poi le esperienze in Svizzera allo Stabio in Prima Lega e al Malcantone con Stefano Albertoli, uno dei più forti giocatori in quegli anni ed oggi nello staff di Giuseppe Sannino. Poi a 33 anni una pubalgia cronica mi ha costretto al ritiro dal calcio giocato”.

Chi erano allora i portieri più forti in circolazione in quelle categorie (Promozione ed Eccellenza)?
“Ce n’erano molti ma la mia personale classifica è: Frattini, Lovo, Cermesoni. Credo che quello del portiere sia il ruolo che ha più subito evoluzioni negli ultimi tempi. In passato non vi era didattica, gli allenatori erano ex portieri che non disponevano di tutti gli strumenti tecnologici che oggi affiancano i tecnici. La stessa struttura fisica vedeva allora i portieri più bassi di statura e molto esplosivi (Peruzzi ne è l’esempio). Oggi l’altezza di un metro e 90 è quella minima per un portiere. Vedo oggi tra i migliori al mondo Donnarumma e Ederson Moraes del City, tra gli altri italiani mi piace molto Cragno del Cagliari”.

Così è cominciata la carriera di allenatore?
“Per la verità avevo già avuto esperienze mentre giocavo a Cadrezzate, a Solbiate con Ramella, allo stesso Malcantone con Albertoli. E’ però nel Bosto, nel mio amato Bosto, che ho cominciato dedicandomi solo a quello. Ricordo che i tra i primi ho allenato Ratto e Arnaboldi. Poi collaborazioni con la Valceresio ed altre Società della nostra zona”.

Fino all’incontro con Maurizio Ganz…
“Già, è stata una vera fortuna incontrare Maurizio e il suo collaboratore Davide Cordone (un altro nome ben noto dalle nostre parti e non solo… dal 90 al 2006 qualche centinaio di partite tra i professionisti in giro per l’Italia). Ganz lo avevo conosciuto anni prima ai tempi in cui alleva la Primavera del Varese e ci siamo ritrovati un paio di anni fa in Svizzera al Taverne, prima che lui venisse chiamato a guidare la squadra femminile del Milan. Ha fatto il mio nome in Società e così è iniziata la mia fantastica esperienza con le ragazze Under 17, allenate da Fabio Andolfo che si avvale della collaborazione di Francesco Tam”.

Quindi un sogno che si avvera?
“Lavorare per una Società così importante e prestigiosa è per me un onore e un grosso stimolo per fare e dare sempre il meglio. Vengo dalla gavetta del dilettantismo e ho avuto questa grande opportunità che ho affrontato e affronto con grande umiltà. Come tutti quelli che fanno uno sport agonistico, ho l’ambizione di crescere e per questo spero di poter continuare la collaborazione con il Milan, dove mi trovo benissimo e lavoro con professionisti serie preparati, a cominciare dal Responsabile dell’area portieri Davide Pinato. Abbiamo a nostra disposizione il meglio che possa chiedere un allenatore”.

Parliamo un po’ del movimento femminile e in particolare del ruolo del portiere.
“Premetto che anche nel calcio, le donne dimostrano quelle caratteristiche virtuose che mancano ai maschi. Mi spiego: la donna è per sua natura più curiosa dell’uomo e quindi molto più attenta ai particolari. Faccio un esempio: per mia abitudine prima della seduta presento il programma di allenamento, a volte capita che inverta la sequenza degli esercizi… stai tranquillo che me lo fanno notare. Negli uomini non accade. Lavoro seguendo obiettivi ben precisi, partendo dal fatto che a me arrivano ragazze che già hanno fatto un percorso al Milan. Scendendo nel tecnico, ci concentriamo molto sulla valutazione delle palle alte e relativa spinta per la deviazione all’indietro e sull’attacco palla. Altrettanta attenzione viene posta alla preparazione fisica ed alla prevenzione.
Voglio dire che mi sento particolarmente orgoglioso di poter allenare delle splendide ragazze che si applicano moltissimo e hanno tanta voglia di imparare. Sono Federica Alberti (2005), Valeria Cazzioli (2004) e Verena Beka. Quest’ultima (del 2004) è già stata chiamata in Prima squadra ed è nel giro della Nazionale. Dotata di grande personalità, a mio parere è un prospetto per il futuro del movimento”.

C’è qualche ringraziamento particolare che vuoi fare?
“A livello calcistico senza dubbio Maurizio Ganz che mi ha permesso di poter vivere questa esperienza, a livello personale i miei genitori che pur ponendovi la massima attenzione, NON mi hanno mai seguito nella mia vita calcistica, lasciandomi così libero di fare le mie scelte, senza condizionamenti. Ah sì… un grazie anche agli amici dell’Excalibur… davanti ad un loro drink le interviste vengono sempre meglio!”.

Questo è il “Taglia”, una simpatia innata e una gran voglia di continuare a imparare calcio, per insegnarlo con la passione e competenza che lo hanno portato fino al Milan… ad majora!

Ambrogio Baj

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