Un po’ perchè, detto in termini nudi e crudi, il basket lombardo è stato messo con le spalle al muro dalle decisioni assunte da altre regioni. Un po’ perchè anche dalle nostre parti, in questo ultimo periodo, hanno messo la testa fuori dal carapace personaggi che un giorno pensano “A”, il giorno dopo dicono “B” e il giorno dopo ancora lamentano “C”. Personaggi ben poco affidabili e, soprattutto, chilometricamente distanti dalla parola coerenza. 
Molto perché le “chat” sui social, gli incontri virtuali in “streaming” e gli appelli, ovviamente accorati, lanciati nei giorni scorsi hanno prodotto meno di zero. Per questi, e numerosi altri motivi, sembra molto probabile, anzi quasi certo che alla fine la serie CGold partirà.

Partirà anche se, diciamo la verità, avrà ben poco senso cominciare un campionato che, a tutt’oggi, sembra essere ricco solo di incognite, dubbi e perplessità.
Incognite che riguardano per esempio i costi suppletivi da sostenere per ottemperare alle normative anti-coronavirus e ai protocolli connessi. Alcuni addetti ai lavori, da noi interpellati nelle ultime ore, quantificano in circa 5000 eurini la spesa per tamponi settimanali, materiali di disinfezione, presidi, visite specialistiche e così via. Un esborso non indifferente per un campionato che, già oneroso di suo, con le regole attuali, ovvero senza la presenza del pubblico, non consentirà di incassare nemmeno il classico centesimo bucato. 

I dubbi riguardano invece la possibilità, tutt’altro che remota, di trasmissione del contagio in una categoria in cui i controlli non saranno così capillari, rigorosi e frequenti. A tal proposito vale giusto la pena di ricordare che già le prime amichevoli disputate lo scorso mese di settembre avevano di fatto azzerato alcuni roster. Eppure, in questo momento, nessuno sembra voler prendere in seria considerazione che in CGold la stragrande maggioranza dei giocatori e degli operatori coinvolti (allenatori, dirigenti, arbitri, ufficiali di campo etc etc) svolge un’attività lavorativa o studia e, quindi, un eventuale contagio metterebbe a repentaglio anche questi aspetti.

Infine, grandissime perplessità perchè non v’è alcuna certezza di poter concludere una stagione che, già in partenza, presenta numerosi paletti logistici – per esempio le 14 partite di regular season da disputare in tre mesi; per esempio giocare fino al 21 giugno -, entro i quali non sarà semplice “slalomeggiare”.  

I club in questo periodo stanno rilanciando le loro proposte: libertà di scegliere se partecipare o meno senza “sanzioni” per l’anno prossimo; nessuna retrocessione prevista per l’anno in corso; dimezzamento parametri NAS; tamponi rapidi da effettuarsi con cadenza settimanale; presenza di pubblico secondo le norme già in vigore per la DNB e, infine, uso di docce e spogliatoi.
Tuttavia, anche intorno a questo proposte sono sorte “frizioni” e, comunque, non esistono nè coesione, né unione d’intenti tra la trentina di società che dovrebbero partecipare al campionato. 
E, in questo senso, ad ulteriore conferma della mancanza di una posizione unitaria, c’è un sondaggio realizzato tra tutte le società che esprime numeri chiarissimi: il 54% dei club vorrebbe cominciare, il 12% ribatte con un secco “Non se ne parla” ma, a far riflettere, è piuttosto il 33% che risponde con uno stucchevole “Non saprei, dipende”.

Di fatto, paiono essere cadute nel vuoto le considerazioni rilasciate poche giorni fa da Giuseppe Rizzi sul nostro sito e l’atteggiamento improntato alla cautela espresso da altri, peraltro numerosi, addetti ai lavori. Così, nonostante tutto, si ha l’impressione che tutti scalpitino per ripartire anche con le squadre senior. Al netto di un buon senso che in realtà è solo di facciata. 

Massimo Turconi

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