Crea sempre clamore parlare di Pozzecco a Varese, anche se le vicende che lo riguardano sono ben lontane dalla realtà biancorossa, e non potrebbe essere altrimenti, visto che si tratta di uno dei personaggi più iconici e amati del mondo della Pallacanestro Varese.
La clamorosa notizia di ieri, con la quale la Dinamo Sassari ha reso nota la sospensione dalla posizione di capo allenatore del Poz per dieci giorni in riferimento a fatti accaduti nella Basketball Champions League riguardo prima alle bestemmie urlate dal coach dei sardi in un time out della gara contro il Bakken Bears di metà dicembre, per cui la FIP aveva già preso provvedimenti, e poi allo sfogo post partita dell’8 aprile contro Nymburk, ha aperto una frattura ormai insanabile tra le parti.

A fortificare questa tesi sono poi le parole del presidente della Dinamo, Sardara, che stamane alle colonne de La Nuova Sardegna, ha definito la situazione come inaccettabile e non più sopportabile. Vengono incriminati al Poz comportamenti troppo sopra le righe, sia in termini di linguaggio utilizzato che di decibel in campo e fuori.
Un comportamento che riassume in tutto e per tutto l’estro ed il personaggio Gianmarco Pozzecco, viscerale, umorale al massimo in ogni cosa che fa. Diede prova di ciò anche nei mesi sulla panchina biancorossa, con il celebre strappo della camicia nel derby con Milano, ma questo suo lato caratteriale evidentemente non va più bene al presidente dei sardi.

Una sospensione dalle attività e dal pagamento dello stipendio che pongono quasi certamente la parola fine sul rapporto tra la mosca atomica e Sassari, piazza in cui negli anni ha portato grandi soddisfazioni. Qualche crepa importante si era già palesata qualche mese fa con l’addio, poi ritirato, dell’allenatore nel giro di poche ore.

Una situazione, quella che sta avvenendo a Sassari, che tanto ricorda ciò che è successo nei primi mesi della stagione in casa varesina quando, nel bel mezzo della Supercoppa, la società biancorossa esonerò Atilio Caja all’improvviso dopo un sodalizio sportivo dei più prolifici degli ultimi anni varesini. E le questioni alla base sono molto simili a quelle che oggi stanno portando Sassari e Pozzecco a separarsi.

Anche in casa biancorossa, infatti, la scelta societaria fu forte, chiara ed irrevocabile, dettata dal fatto di non poter più sopportare atteggiamenti che andassero ben oltre quelli che erano i valori di Pallacanestro Varese in termini di rispetto e di immagine sia fuori che dentro al campo.
A Caja fu imputata un’imposizione della propria leadership nello spogliatoio esercitata con modi ben oltre il normale vivere sportivo e soprattutto del rispetto, parlando di urla reiterate contro giocatori e staff, rapporti umani ai minimi termini con tutti ed un logoramento cresciuto negli anni che solo il lato sportivo aveva tenuto sopito.

Come a Varese, a Sassari è scoppiata la stessa bomba, che trova la sua miccia nei comportamenti giudicati troppo sopra le righe da società che mettono immagine e valori al primo posto anche a discapito dei risultati, in una linea che magari nell’immediato non porta gli stessi frutti sul campo, ma che a lungo andare determina e definisce l’identità di una storia, di un blasone e di uno stemma, giudicati più importanti del mero risultato sportivo.

Alessandro Burin

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