Fino alla scorsa estate il nome di Filippo Lo Pinto era sconosciuto dalle parti di Varese. Oggi non è più così e il merito è proprio dell’imprenditore siciliano: l’ex vicepresidente del Città di Varese era arrivato in società a modo suo, forte di un carattere vulcanico, esplosivo, diretto e caloroso, conquistando immediatamente la simpatia del pubblico.

Nonostante tutte le difficoltà stagionali, Lo Pinto si è schierato ogni volta in prima linea (spesso tramite i social) a difesa della squadra soprattutto nei momenti più neri, mettendoci sempre e comunque la faccia. I suoi modi, che possono piacere o non piacere, hanno se non altro dato l’idea di una società sempre presente e vicina sia alla squadra sia ai tifosi. Un collante che, come tanti supporter biancorossi continuano a sottolineare, sembra mancare in questa stagione.

Filippo Lo Pinto non è più il vicepresidente del Città di Varese, ormai lo sappiamo (lo aveva comunicato lui stesso al termine del campionato), ma l’amore per i colori biancorossi di cui ci aveva parlato è rimasto intatto e non manca occasione per ribadirlo attraverso i social. In realtà, per quanto parlare di amore biancorosso sia corretto, è più opportuno parlare di amore per il Varese in generale, come testimonia il suo attaccamento ai Mastini.

Di ritorno da Tortona dopo la sconfitta del Città di Varese, l’averlo incontrato sulla tribuna dello Stadio del Ghiaccio di Casate durante il derby Hockey Como – Mastini Varese (partita che ha purtroppo lasciato l’amaro in bocca ai supporter gialloneri) è stata un’occasione per fare due chiacchiere e rivivere la passata stagione… con un occhio al futuro.

“Mi dispiace per la sconfitta di Tortona – esordisce Lo Pinto – perché credo che la squadra abbia le qualità per far bene, e vincere, contro chiunque. Anche se non sono più fisicamente presente ogni domenica allo stadio continuo a seguire il Città di Varese con entusiasmo e passione, vivendo qualsiasi partita come se fossi là a soffrire con i giocatori. Dove può arrivare il Varese? Credo che i margini per ambire in alto alla parte sinistra della classifica ci siano tutti; secondo me, comunque, manca qualcosina a livello di spogliatoio… serve più garra”.

Lei arrivava da un altro contesto: cosa le ha lasciato Varese?
“Mi ha lasciato tantissimo, al punto che voglio rimanere a tutti i costi a Varese e un modo per farlo lo troverò. Sono arrivato senza conoscere quasi nulla e mi sono subito innamorato del Varese e di Varese, in tutti i suoi aspetti. Ho scoperto con piacere i Mastini e il loro tifo, l’attaccamento dei tifosi alla squadra di calcio e tante altre belle cose di questa splendida città”.

Viceversa, cosa ritiene di aver lasciato a Varese?
“A livello calcistico ho lasciato la sicurezza e l’affidabilità che nel momento in cui sono arrivato non c’era. L’aver fatto partire il progetto delle Bustecche, nonostante ora proceda con qualche ritardo, significa molto e aver garantito un futuro solido alla società per me significa davvero tanto. Non ho potuto vivere il calcio a Varese prima dello scorso anno, ma so che le gestioni precedenti avevano lasciato a desiderare a livello di affidabilità; ora non è più così. Per il resto, poi, mi auguro di aver lasciato molto anche a livello umano perché io sono fatto così, sono istintivo e passionale, e spero di essermi fatto apprezzare per ciò che sono”.

A tal proposito molti tifosi sentono la sua mancanza: le fa piacere questo legame che si è instaurato?
“Moltissimo, e mi fa ancor più piacere sapere che non si perderà mai: nel momento in cui mi lego a qualcosa o a qualcuno difficilmente mi stacco. Se mi rivedrete al Franco Ossola? Certamente, appena mi sarà possibile verrò con piacere a vedere una o più partite”.

Con l’attuale dirigenza che rapporto c’è?
“Il rapporto è buono: a prescindere dal discorso Città di Varese, Antonio (Rosati, ndr) è un mio caro amico e resterà tale. Purtroppo gli impegni di lavoro mi hanno portato lontano dalla società e, di conseguenza, le dinamiche interne vengono gestite da chi di dovere. Io comunque sono libero di dire la mia e, molto probabilmente, agirei in maniera diversa, stando ad esempio più umanamente vicino alla squadra e ai tifosi”.

Molti tifosi hanno ravvisato una sorta di “distanza” della società in questo senso; cosa ne pensa?
“È un aspetto caratteriale che o hai di natura o non lo puoi avere. Io sono uno molto caloroso, credo ancora molto nei rapporti umani che trascendono il carattere professionale dell’uomo, e mi piace vivere intensamente tutto ciò che faccio. Mi sento ancora con tanti giocatori, cerco di caricarli prima delle partite e di spronarli a fare meglio perché so che nella passata stagione è nato qualcosa di importante al punto che reputo quei calciatori come dei miei figli. Lo stesso discorso vale per i rapporti societari: se ci fosse stata la possibilità di rimanere sarei rimasto volentieri e forse le cose sarebbero andate diversamente, ma è giusto che la società agisca come meglio reputa”.

La rivedremo nell’organigramma societario del Città di Varese?
“Non escludo nulla. Per me la società è Rosati, gli altri sono collaboratori, e io riconosco solo in lui il Varese. L’anno scorso abbiamo sbagliato, nonostante la bravura di Sassarini, a tergiversare sull’esonero perche avremmo faticato meno a salvarci; se avessimo ascoltato subito Antonio le cose sarebbero andate diversamente. Purtroppo lui non ha tempo di vivere tutti i gironi la squadra e si affida spesso ad altri, ma lui è un vero uomo di calcio e difficilmente sbaglia: una cosa è la macchina organizzativa di una società, un’altra è essere il patron”.

Alla luce di queste parole non possiamo certo definire Varese un capitolo chiuso. Estendendo il discorso ad altri sport, da grande appassionato di hockey, cosa può dirci dei Mastini?
“L’hockey è uno sport fantastico di cui mi sono innamorato nei miei 22 anni in Repubblica Ceca: non ti dà un secondo di pausa e può succedere di tutto da un momento all’altro. I Mastini mi piacciono molto, anche se purtroppo quest’anno sono un po’ più deboli rispetto alla scorsa stagione; mi piacerebbe che si rinforzassero e vorrei riuscire a dare una mano”.

Se dico il nome Varesina?
“Lino è un grande amico e, in generale, sono molto vicino alla famiglia Di Caro per questioni lavorative. Sto cercando di dare una mano a livello di settore giovanile, perché parliamo di una società che ha un importante progetto di crescita; per il futuro si vedrà”.

Matteo Carraro

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