Sono giorni davvero tristi per tutto il mondo della pallacanestro perché ieri si è spento a 87 anni Gianni Corsolini. Una persona di uno spessore morale ed umano enorme, oltre che essere un uomo che ha cambiato il mondo del basket guidato dalla passione e dall’amore enorme per questo sport che ne ha segnato tutta la sua vita.
Corsolini nacque il 5 ottobre 1933 a Bologna dove mosse i primi passi nel mondo del basket, allenando le squadre giovanili e divenendo aiuto allenatore della Virtus. Poi il grande salto che segnò tutta la sua carriera in maniera indelebile, quello a Cantù. In terra brianzola Corsolini fu allenatore dal 1958 al 1964 e poi divenne dirigente lavorando proprio a Cantù, ma vivendo anche un’esperienza importante a Udine.

Un uomo che amava la pallacanestro in ogni suo lato e sfumatura, imprenditore capacissimo che si prodigò nel mondo della palla a spicchi con tanta capacità e passione al punto di divenire presidente di Lega tra il 1977 ed il 1979.
Corsolini fu legato indelebilmente anche alla Varese del basket, nonostante il suo rapporto strettissimo con i cugini canturini, grazie all’amicizia profonda che lo legò negli anni a Gianni Chiapparo, figura di riferimento nel movimento cestistico della provincia varesina oltre che ex dirigente della società biancorossa.

Un legame indelebile, che si è sviluppato negli anni, reso sempre più forte da quella passione unica che era il basket e che occupava ogni loro chiacchierata. Una passione che ha portato Corsolini ad amare profondamente anche il Torneo Garbosi, dove ragazzi da tutta Italia si ritrovano sotto l’amore per il basket.
Di tutto questo ha parlato proprio Gianni Chiapparo, che ricorda quell’amico così caro che è difficile lasciar andar via.

Qual è il primo pensiero che le viene in mente di Gianni Corsolini?
“L’ho conosciuto nel 1974 quando lui era dirigente della birreria Splugen, curandone pubblicità e sponsorizzazioni. Qui a Varese oltre alla Ignis e alla Gamma c’era una terza squadra che era la Splugen e lui ci ospitò, tutta la squadra, e conoscemmo questa persona di una cultura ed intelligenza fuori dalla media. Un uomo che negli anni ha tessuto e sviluppato la passione per il basket. Ci si incontrava perché veniva sempre alla manifestazione finale del Garbosi, perché lui amava la pallacanestro a 360 gradi. Quando io sono diventato dirigente della Pallacanestro Varese si andava alle riunioni di Lega insieme; essendo lui General Manager di Cantù andavamo insieme o in macchina o in treno a Bologna dove si svolgevano. Fu molto bello un viaggio di ritorno in treno Bologna-Milano e nel quale, parlando di pallacanestro nel vagone ristorante, stuzzicando ogni tanto qualcosa, non ci rendemmo nemmeno conto di essere arrivati. Lui parlava di basket sempre, non solo dal punto di vista tecnico, ma dal punto di vista sociale, umano, psicologico, di come stava cambiando il mondo dell’imprenditoria nel basket, dagli industriali, costruttori, politici, ora i consorzi. Amava spaziare nei discorsi ed era un fiume in piena quando parlava. Ha scritto anche numerosi libri ed uno ebbi l’onore di presentarlo io, tant’è che sua moglie Mara, una donna eccezionale, e sua figlia mi dissero che sono stato l’unico uomo che è riuscito a parlare più di lui per una volta durante quella presentazione. E’ stata un’amicizia bellissima nonostante i 21 anni di differenza tra me e lui fossero tanti. Però quando ci si incontra a livello umano e comportamentale l’età conta poco e si stabiliscono amicizie di un certo spessore. Abbiamo perso molto con l’addio di Gianni, è stato uno dei padri fondatori della pallacanestro, un uomo importantissimo nella Lega, un uomo che non ha fatto solo basket ma che tornava sempre a quello, il suo grande amore. Dopo Cantù nel suo cuore c’era Varese ancor prima di Bologna”.

Qual era il legame di Gianni Corsolini con il trofeo Garbosi?
“Conosceva Paolo Vittori da sempre. Uno allenatore di Cantù, l’altro giocatore di Milano. Poi, abitando a Vedano, Gianni insieme ad altre persone, tra cui Ottorino Girardin e Franco Passera che erano due grandi insegnanti di educazione fisica, fondò il Cenes, dove i ragazzi potevano giocare a basket. Quindi fu sempre legato anche al mondo giovanile, trasportato dall’amore nel vedere i ragazzi giocare. Adorava il momento d’incontro tra generazioni di cestisti, tra gente da tutta Italia e dall’estero, cosa che il Garbosi permette. Era fonte di grandissima felicità per lui”.

Se lei dovesse descrivere la pallacanestro che amava Gianni Corsolini, come la descriverebbe?
“La pallacanestro del gioco di squadra, che poi è l’essenza stessa di questo sport. Non amava il campionismo o il divismo, la squadra ed il club venivano prima di tutto. Su questo siamo vecchi, ancorati non alle bandiere, che non esistono, ma a quei giocatori che si identificano con un club, che sono quelli più vicini a lui. Per me la sua pallacanestro era questa. Poi lui a livello tecnico ne sapeva molto. Io e lui parlavamo molto, andavo spesso a trovarlo a casa sua, mi aveva preso in simpatia, mi chiamava mi diceva “eh Gianni non vieni mai a trovarmi” e lui e sua moglie sono state due persone che hanno dato molto anche nel sociale. Aveva una particolarità: mentre tutti noi critichiamo i genitori, Gianni se la prendeva con i nonni perché diceva che è ancora più grossa la colpa dei nonni che non hanno fatto capire ai genitori e poi ai nipoti come devono comportarsi. Aveva un’arguzia incredibile e per me questi giorni sono davvero brutti. Conoscendo il suo humor però avrebbe detto “beh, lo scherzo di Carnevale ve l’ho fatto”. Ecco non poteva che andarsene nei giorni di Carnevale”.

Alessandro Burin

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