Davide Aimetti è stato scelto dalla Malnatese come nuovo direttore sportivo per il settore giovanile. Idee chiare, prima dei calciatori ci sono le persone, e, per farle diventare responsabili il suo ruolo e quello degli allenatori sarà fondamentale. Ci saranno delle nuove regole per tutti i preparatori dei ragazzi, volti a rendere il campo da calcio un posto dai sani principi e in cui creare nuovi rapporti di amicizia e comprensione.
In cosa consiste il suo lavoro alla Malnatese?
“Il mio compito è quello di coordinare, devo trasmettere agli allenatori quello che il presidente e il consiglio hanno in mente di fare. A parole è facile, metterlo in pratica è molto più complicato perché ci si trova davanti a una varietà di personalità e caratteri con delle loro specificità. Magari hanno anche già allenato in altre squadre, quindi dovranno anche essere bravi ad adattarsi a quello che verrà richiesto dalla società”.
Qual è il suo metodo di lavoro?
“Dopo l’esperienza di Induno mi ero detto che, se avessi ripreso in mano una scuola calcio, avrei voluto dare un’impronta educativa ai ragazzi. Non voglio creare solo calciatori, ma anche uomini con dei valori; per fare ciò bisogna partire dal basso, ovvero dai ragazzi più giovani. Quello che chiedo ai miei allenatori è quello di fare un percorso a 360 gradi, che avrà anche delle ripercussioni nel calcio, ma che abbia un impatto principalmente sui valori che verranno trasmessi a questi ragazzi”.
Per riuscire a trasmettere questi valori, cosa dirà agli allenatori?
“A Malnate ci sono diverse etnie che convivono, bisogna insegnare ai ragazzi ad essere uniti, a capire e accettare le diverse culture e, per fare questo, il calcio avrà un’importanza rilevante. Ai miei allenatori imporrò delle regole che andranno rispettate: in panchina non si dovrà fumare, bestemmiare e non si dovranno insultare i giocatori, che purtroppo sono cose che si vedono fin troppo spesso sui campi. Io adesso mi do nove mesi di tempo per creare un punto di partenza, da maggio 2022 quando dovrebbe arrivare il campo in sintetico ci sarà il punto zero”.
Quali sono i principi su cui basa la scelta dei suoi collaboratori?
“Innanzitutto cerco di trovare persone che abbiano la mia stessa idea di educazione sul campo, che siano preparati. Sei dei dieci allenatori a Malnate hanno il patentino da allenatore Uefa D o C e gli altri quattro dovranno provvedere a farlo. Cerco di portare persone collaborative, che rispecchino nella pratica le regole che do per la gestione dei ragazzi e la loro crescita. Mi sono accorto che sono stati fatti dei passi da gigante dalla Federazione per quanto riguarda la preparazione degli allenatori e che adesso ci sono delle competenze che prima non erano pensabili”.
C’è qualcosa che secondo lei può ancora migliorare nella preparazione degli allenatori?
“L’unica cosa di cui mi sono accorto di questi allenatori è che nessuno, o quasi, ha fatto esperienza ad alto livello come giocatori e quell’esperienza è importante per creare la tecnica. Iniziamo dalla teoria, perché poi alla fine se conosci la teoria dovresti riuscire a spiegare anche la pratica. Inoltre c’è da dire che con un patentino Uefa dovresti aver allargato i tuoi orizzonti e quindi dovresti saper spiegare anche i vari moduli. Io voglio fare in modo che le squadre giochino bene, tutte, anche perché la mia idea è quella di creare un vivaio da cui escano giocatori che possano vincere un campionato”.
Quali esperienze ha fatto prima di arrivare alla Malnatese?
“Prima della Malnatese sono andato a Induno dove mi occupavo della prima squadra e della Juniores. Prima ancora abbiamo fondato il Sant’Ambrogio dove io facevo vicepresidente e direttore sportivo, con quella squadra siamo passati dalla Terza Categoria, dove facevo anche il giocatore, alla Prima. È oggi che voglio mettermi in gioco con i ragazzi più piccoli”.
Non deve essere semplice passare da seguire ragazzi di vent’anni a occuparsi della scuola calcio, come mai questa scelta?
“Non è semplice, però penso di aver fatto le esperienze giuste per arrivare a quest’età ad occuparmi dei più giovani per aiutarli a diventare calciatori responsabili. Io ho provato a fare l’allenatore ma ho capito che non era la strada giusta, non riuscivo a trasmettere quello che volevo ai ragazzi; con l’esperienza che ho adesso, avendo anche una figlia, sono pronto a portare qualcosa a questi giovani che possa rimanere nel tempo. Il messaggio deve partire da me per arrivare agli allenatori, e di conseguenza ai giocatori. Devo dare delle consulenze per far sì che la Malnatese diventi una scuola calcio a tutti gli effetti ”.
A quali obiettivi puntate ad arrivare?
“Indubbiamente vogliamo arrivare a responsabilizzare i ragazzi, a farli diventare persone serie sia in campo che fuori, poi come obiettivi calcistici vorremmo arrivare ad avere almeno una squadra che possa giocare i regionali. Dipende anche dai valori umani che abbiamo davanti, forse con i 2005 possiamo pensare di costruire anche in un’ottica futura e probabilmente quella squadra diventerà la base del vivaio”.
Andrea Vincenzi