Ha sbriciolato un record dopo l’altro e i record italiani dei 50 (26″39) e dei 100 rana (58″29) non possono che appartenere a lui, al signore della rana azzurra: Nicolò Martinenghi. Sono innumerevoli i suoi titoli internazionali giovanili (9 medaglie d’oro tra Mondiali ed Europei, più svariate medaglie d’argento e di bronzo) e anche ora, da “grande” sta mantenendo tutte le aspettative: “Tete”, che il 1° agosto compirà 22 anni, non solo è per distacco il migliore ranista italiano, ma è anche tra i migliori al mondo, nella top 5 per mantenerci larghi. E ora il ragazzo di Azzate è a pochi giorni dalla sua prima Olimpiade che ha conquistato niente meno che nel dicembre 2019, alla prima occasione utile. Ad attenderlo i suoi amati 100 rana (batterie nel pomeriggio italiano di sabato 24 luglio, semifinali nella notte del 25 luglio e finalissima nella notte del 26 luglio) nonché le staffette 4×100 mista e 4×100 mista mixed.
Lunedì si imbarcherà sull’aereo che lo porterà a Tokyo e, prima di tuffarsi nei Giochi, sarà fino al 21 luglio in collegiale con altri atleti italiani a Tokorozawa, nell’hinterland della capitale nipponica, per limare gli ultimi dettagli.
Come ti senti?
“Sto molto bene, anche se, a così pochi giorni da questo appuntamento, sono in un momento in cui ogni singolo piccolo acciacco viene amplificato. Sto mantenendo la condizione, quello che dovevo fare lo sto facendo e tutto procede al meglio nella tabella di marcia”.
Ed emotivamente come ti senti?
“Sono molto tranquillo, ho lavorato tanto per non farmi sopraffare dall’ansia e per affrontare tutto serenamente e devo dire che, nonostante mi renda conto della posta in palio, non sono particolarmente agitato e non ci penso troppo. Sono consapevole che tutto quello che potevo fare nei mesi e nelle settimane scorse l’ho fatto e adesso, che manca così poco, posso solo mantenermi il più possibile concentrato”.
E’ la tua prima Olimpiade. Come te l’aspetti?
“Spero di godermi il più possibile il clima olimpico e di stare assieme non solo ai miei compagni della squadra di nuoto ma, mi auguro, anche agli italiani di altre discipline. Naturalmente, dal punto di vista sportivo, vorrei raggiungere il risultato che sto inseguendo da tanto tempo”.
Qual è, appunto, il tuo obiettivo per Tokyo 2020?
“Mi sono prefissato un obiettivo come tempo, non tanto come medaglia. Nel nuoto valgono tantissimo i centesimi e mi piacerebbe limare ancora qualcosa rispetto a quanto ho mostrato al Sette Colli. Abbassando il crono, potrebbe arrivare un piazzamento importante. Nei 100 rana, oltre a Peaty che è il favorito numero 1 e il più forte, siamo in quattro a contenderci l’argento e il bronzo: Kamminga, Shymanovich, Andrew ed io. So che sono vicino a quello che voglio ottenere quest’anno, sono consapevole delle mie potenzialità, ma sono ancora lontano da quello che voglio ottenere in futuro come atleta”.
Tokyo, quindi, è una tappa di passaggio per te?
“In un certo senso sì, è un punto intermedio, non finale. Voglio dare tutto me stesso, sia chiaro, ma credo di avere ancora del potenziale da coltivare e da tirare fuori con il tempo. Tra tre anni, ai Giochi di Parigi, potrei essere nel pieno della mia carriera”.
A guidarti nel collegiale do Tokorosawa ci sarà il tuo coach, Marco Pedoja; poi, alle Olimpiadi, tornerà a casa perché non fa parte della spedizione olimpica azzurra. Come la vivi?
“Sono contento che potremo lavorare assieme negli ultimi giorni prima del mio debutto, è una cosa importante. Poi ci sentiremo telefonicamente in modo costante, ma non l’avrò con me e di questo mi dispiace. Devo anche dire, però, che forse ho sviluppato una maturità agonistica tale che la sua assenza può pesarmi di meno rispetto a qualche anno fa. In ogni caso, sarebbe stato meglio averlo al mio fianco. Mi dispiace anche che il mio compagno di allenamenti e amico Alessandro Pinzuti non sia riuscito a qualificarsi per Tokyo; è andata così, ma lui è sereno ed entrambi siamo ancora giovani e avremo altre possibilità magari da vivere insieme”.
Immagina di essere sul blocchetto di partenza della finale olimpica dei 100 rana, cosa provi?
“Sono concentrato su quello che devo fare fin dalla partenza e dal momento in cui entro in acqua. Metro dopo metro so cosa devo fare e voglio eseguirlo al meglio. Nessuna emozione in quel frangente, quelle, caso mai, verranno dopo”.
Agli Europei di Budapest di maggio nei 100 rana sei arrivato quinto. Come hai affrontato questo risultato? Si puntava a qualcosa di più.
“Sono rimasto tranquillo e non ho avuto nessun contraccolpo. Ho continuato a lavorare duro, consapevole degli errori fatti e del prossimo obiettivo, ossia prima il Sette Colli e poi, ora, le Olimpiadi. Anche da questo si cresce”.
Hai iniziato a nuotare da ragazzino, ti aspettavi una carriera del genere? Qual è la vittoria più bella conquistata finora?
“Nei primi tempi nuotavo alla Comunale di Varese e nello stesso tempo giocavo a basket ad Azzate; poi ho capito che il mio sport era il nuoto, una disciplina meritocratica in cui gioie e delusioni sono singole e non di squadra. Il successo più importante è stato sicuramente l’ultimo, i 100 rana al Sette Colli. Avevo bisogno di quella vittoria per il morale. Ho cercato e trovato quella nuotata e quella prestazione e abbassare ancora il record italiano è stato bellissimo. Mi è piaciuto il tempo finale e il modo in cui è arrivato”.
Laura Paganini