Quest’estate per lui è stato il momento di un grande salto, sia di vita che professionale. Matteo Parravicini, varesino ed uno dei prospetti più interessanti usciti negli ultimi anni dalla “cantera” biancorossa, ci racconta come sta vivendo quest’esperienza in maglia Givova Scafati, una squadra che lotta per vincere il campionato di Serie A2 in cui non è contemplata la parola sconfitta ma si deve vincere ogni gara.

Come stanno andando questi primi mesi a Scafati?
“Bene, stiamo facendo cose ottime in campionato e questo fa sicuramente sì che tutto l’ambiente sia sereno e si possa lavorare con grande tranquillità. Scafati è davvero una bellissima realtà. Si lavora ad un livello altissimo in settimana per poi arrivare quanto più pronti possibile alla partita. La sconfitta non è contemplata, ogni giorno lavoriamo per vincere e per ottenere il massimo”.

Come stai vivendo quest’esperienza da un punto di vista personale?
“Per me è un’opportunità unica. Anche se a differenza degli anni passati a Bergamo sto giocando un po’ meno, devo dire che sto crescendo moltissimo. Ripeto, è davvero un nuovo livello per me quello con cui ci si allena quotidianamente in palestra e con cui si affronta ogni partita con l’obiettivo di portare a casa solo i due punti. Ogni giocatore vorrebbe scendere in campo il più possibile, però io ho fiducia nei miei mezzi, sento la stima della società, dell’allenatore, dei compagni e quindi questo mi permette di continuare a lavorare sereno”.

Per te questa è anche la prima esperienza lontano da casa, fuori dalla Lombardia. A livello umano come ti stai trovando in una nuova città ed in un contesto nuovo?
“L’ambiente al di fuori dal campo è veramente bello. Devo dire che la possibilità di tornare a giocare davanti ai tifosi è qualcosa di sensazionale e che ti porti dietro anche quando non sei in palestra. Qui è molto sentita la passione per la pallacanestro ed il valore di Scafati in città per i propri tifosi. E’ un contesto nel quale mi sento a casa e mi permette di convivere meglio con la lontananza che comunque c’è”.

Quali obiettivi ti poni per la seconda metà di stagione, come singolo e come squadra?
“Come singolo senza dubbio quello di continuare a crescere sempre più e conquistarmi con l’andare del tempo quanto più un ruolo da protagonista, dando dimostrazione che valgo questo livello ed una squadra che punta a vincere il campionato. Per quanto concerne l’obiettivo di squadra ce n’è uno solo ed è molto chiaro: vincere tutte le partite, a partire dalla prossima contro Ravenna che è fondamentale”.

Parlando di Pallacanestro Varese, da esterno come vedi questa situazione difficile in cui la squadra è ultima in classifica?
“Non è certamente un bel momento e a me fa sempre male quando Varese perde. Più che altro mi sento di dire che è una situazione davvero strana, quanto meno vista dall’esterno. Dopo le due vittorie contro Trieste e Tortona, non pensavo che la squadra incappasse in una brutta sconfitta come quella di Pesaro. Vedendo quello che stanno facendo le dirette concorrenti un po’ di paura sorge spontanea. La Fortitudo ha vinto di 36 contro Trieste senza tanti giocatori importanti, Pesaro sta trovando continuità, Sassari ha un roster davvero forte. Insomma, penso davvero che, tenuto anche conto della doppia retrocessione, non sarà facile, ma la speranza è sempre altissima. Io vedo Varese in una dimensione unica di Serie A1, non riesco a concepirla in A2”.

Ti sei fatto un’idea di quale possa essere il motivo di queste difficoltà?
“Da fuori è sempre difficile valutare situazioni come queste. Mi sento però di dire che ho molta fiducia in Adriano Vertemati che, nonostante ora i risultati siano quelli che sono, è un grande allenatore. L’ho affrontato quando era a Treviglio ed ho avuto modo di conoscerlo meglio quest’estate al raduno della Nazionale giovanile ed è davvero un professionista esemplare. Quando quest’estate la società lo ha scelto sono rimasto stupito positivamente, ho pensato fosse una decisione davvero corretta. Spero che Varese, tramite il suo lavoro, possa uscire da questo brutto momento”.

Alessandro Burin

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