Finalmente una polemica. Schietta, istintiva, viscerale, persino sboccata. Alla Pro Patria non se ne registrava una così dai tempi della contestazione a Bonazzi nel post Levico e alle di lui dimissioni (13 aprile 2017). Fatta eccezione per il pasticciaccio brutto di via Valle Olona dell’estate passata, s’intende. Ma quella era una vicenda metabolizzata in casa biancoblu per interposto Busto 81. Qui (al contrario e come nel riferimento di apertura a 4 anni fa), si tratta invece di una pratica tutta interna all’universo tigrotto. Pietra dello scandalo la nuova maglia 2021/22. Cioè, il simbolo che da sempre unisce squadra e tifoseria, oggi per contrappasso è invece motivo di divisione.

La presentazione virtuale dei due nuovi acquisti Stanzani e Sportelli ha infatti tolto il velo al rinnovato layout della divisa ufficiale di Colombo e soci. Evidentemente in licenza rispetto alla tradizione con un eccesso di bianco nella parte superiore del recto. Tanto da provocare il fallo di reazione via social dei guardiani dell’ortodossia bustocca. Con qualche frizione slittata tipica del tastierismo contemporaneo. Dal canto suo Patrizia Testa ha rivendicato la titolarità della scelta (poi realizzata dallo sponsor tecnico Givova) assumendone piena responsabilità. In linea con il suo stile improntato a delegare quando possibile e a intestare quando necessario.

Questi i fatti. Ora spazio alle opinioni. Scontato sottolineare come a colpi di scacchi, echi contradaioli e sgangherati zig zag nell’ultimo lustro (soprattutto in Serie A), si sia fatto decisamente peggio. Lasciando che lo sport fosse soppiantato dal marketing o dalla coolness. L’ironia della sorte alla Pro Patria è semmai quella che riporta al patto siglato attraverso la maglia degli ultimi playoff. Serigrafata con le firme dei tifosi a sigillo di una storia divenuta ultima linea del Piave della passione dei sostenitori. Secondo un’immagine struggente, romantica, fortissimamente empatica. Ma anche debitrice di una realtà in cui i risvolti economici non possono che essere prioritari. Con quell’eccesso di bianco a rappresentare l’auspicio di uno spazio da colmare con nuovi partner commerciali. Almeno questo è stato lasciato intendere.                    

Il punto come spesso (o sempre) è però a nostro giudizio un altro. E attiene ruoli e responsabilità. Chi mette il grano (nello specifico tigrotto, la presidentessa Testa), ha il diritto (anzi, il dovere) di avocare a sé le scelte accettandone le conseguenze. Chi sostiene la squadra ha invece il diritto (anzi, il dovere) di porsi come coscienza critica. Nei limiti di un confronto civile, ovviamente. E di parti in commedia non sovrapponibili. Perché la condivisione sarebbe in teoria (o per puro esercizio retorico), la soluzione ideale. Ma nella realtà dal concedere il dito al prendersi mano e braccio (si sa) passa davvero un attimo. La verità è che ruoli e responsabilità vanno rispettati. Sempre. Anche in quelli che possono sembrare errori.       

Giovanni Castiglioni  

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