Molti settori sono stati messi a dura prova con il Covid e per alcuni la pandemia non ha fatto altro che accentuare problematiche preesistenti. Tra questi c’è il mondo della danza e con Elena Peano, presidente e insegnante dell’ASD P.E.A Dance Studio di Malnate, abbiamo parlato di questa categoria e di come si è organizzata in quest’anno delicato.

Di che cosa si occupa l’ASD P.E.A Dance Studio?
“Siamo una scuola di danza che è attiva sul territorio da oltre 10 anni. Prima era diretta da una signora olandese e ora è in mano a me e con il passaggio abbiamo cambiato il nome. Facciamo danza a livello dilettantistico che spazia dai bambini della materna fino agli adulti e fondamentalmente ci occupiamo di due branche: street dance e danza moderna/contemporanea. La nostra caratteristica è che abbiamo sempre avuto una visione a 360 gradi dei ragazzi, siamo una scuola nata per togliere la noia ai bambini, per aiutare chi non aveva una guida e spesso organizziamo attività che vanno al di là della singola lezione come i compiti, gite per andare vedere spettacoli e molto altro”.

Com’è stato e com’è tutt’ora questa situazione? Con gli allenamenti come ti sei organizzata?
“Il 2020 è stata abbastanza disastroso, ho lavorato i primi due mesi poi è arrivato il lockdown, sono riuscita a riprendere in estate e poi da ottobre siamo chiusi. Quindi ho lavorato a grandi linee. Adesso sto facendo video lezioni ma sono fattibili solo con i più grandi perché con i piccoli la presenza è fondamentale. Con queste lezioni online c’è stata una riduzione di alunni del 70-80% però, per quel che sento, è già un miracolo che quei pochi facciano lezioni. Lavoriamo sulla tecnica, sul potenziamento fisico ma quello che riguarda la coreografia è tutto terra bruciata. Ad oggi sto facendo 4 allenamenti a settimana, di cui due di preparazione fisica e questi, anche se sono diversi se fatti in presenza, stanno funzionando mentre gli altri giorni balliamo. Insegno qualche piccola sequenza grafica, tenendo conto dello spazio limitato e soprattutto cerco di sfruttare questo periodo per far sì che ognuno di loro trovi il proprio modo di esprimersi. Ti rendi conto che le cose sfuggono di mano, perché più che organizzare video lezioni e stimolare i ragazzi hai le mani legate”.

A livello di partecipazione, alla ripresa degli allenamenti c’è stata una buona percentuale di risposta da parte delle famiglie?
“Erano spaccati in due. Da una parte c’era chi era preoccupato per il virus e che quindi non ha voluto mandare i ragazzi oppure c’era chi era in difficoltà economica e, di conseguenza, non poteva mandarli. Dall’altra parte c’era chi aveva molta voglia e che aveva un’esigenza altissima di un sostegno per il lavoro”.

Come ti sei organizzata?
“I ragazzi sono stati divisi in piccoli gruppi così da non mischiarsi. Naturalmente tutto il materiale è stato sanificato e, avendo sale ampie, riuscivo a garantire le distanze, solo quando non si potevano garantire abbiamo usato le mascherine. Abbiamo sfruttato gli spazi all’aperto e ho tolto i giochi dove c’era il contatto, preferendo dei laboratori manuali e lavori individuali. Il mio è uno sport di gruppo e il contatto è fondamentale per chi balla. Stiamo “temporeggiando” facendo attività individuali ma stiamo perdendo sintonia e collaborazione, elementi che caratterizzano questo sport.
Non sono una persona che fa polemica, ma già prima della pandemia la danza era un mondo a sé stesso e c’era confusione, figuriamoci ora. L’unica cosa di cui sono dispiaciuta è che ho sempre visto una mancanza di organizzazione: l’anno scorso, una settimana prima dei campus estivi, ci avevano detto che potevamo aprire e ci hanno dato tante scartoffie da compilare con poco preavviso e, memore di questo, ho deciso già ora di organizzarmi così da essere pronta per l’estate. Se non si potrà fare rinuncerò ma se riuscirò a lavorare farò pure quest’anno il campus estivo perché so di poter offrire un servizio in sicurezza e per aiutare i ragazzi e le loro famiglie”.

Periodo difficile anche sotto l’aspetto economico…
“E’ già un bene che gli aiuti sono arrivati ma non sono bastati a coprire le spese e da dicembre non ho visto più niente. Già noi siamo considerati poco e con questa pandemia i bambini sono stati lontani dai propri insegnanti. Sarà difficile recuperare quell’entusiasmo, rispetto ad altri sport siamo un po’ nell’ombra”.

Roberta Sgarriglia

PEA4

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