Pilastro del centrocampo delle Fenici, Andrea Mira ha giocato dal primo all’ultimo minuto in ciascuna delle dieci partite di questo torneo. Continuità, sostanza e sacrificio sono stati gli ingredienti chiave dell’ottima stagione disputata dal numero 8 della Varesina, che ha trovato anche il gol dagli undici metri, valso i tre punti contro la Sestese. Dopo il primo posto con il Busto 81 conquistato nella scorsa annata, il classe ’95 è stato protagonista di un altro campionato di vertice, arrivando a un soffio dallo spareggio per la Serie D.

Descrivi la tua carriera. Qual è stato il momento più bello e importante?
“Il momento più emozionante l’ho vissuto all’Inter, quando nella seconda stagione di Mazzarri sono stato aggregato alla prima squadra e ho giocato due amichevoli. La prima in particolare è andata molto bene e ho fatto due assist, quindi ricordo molto felicemente quel giorno. Entrare in campo insieme a giocatori che avevo sempre visto in TV e aver anche determinato qualcosa è stato molto bello. All’Inter ho fatto tutto il percorso delle giovanili per undici anni, poi sono andato in prestito al Renate in Serie C. L’anno dopo sono passato al Piacenza, con cui ho vinto il campionato di serie D. Sebbene non fossi un titolare inamovibile, è stata comunque una stagione molto bella in cui ho giocato con gente che meritava palcoscenici importanti, come Anthony Taugourdeau che quest’anno ha vinto i playoff con il Venezia. Dopo il Piacenza ho continuato a farmi un po’ le ossa in D, alla Varesina e a Nuoro, poi sono stato al Verbano e al Busto 81 prima del ritorno a Venegono”.

I mister ti hanno nominato tra i migliori calciatori di Eccellenza del campionato. Che annata è stata per te? Sei soddisfatto degli obiettivi raggiunti dal punto di vista individuale e di squadra?
“È stata un’annata molto strana. Per me è iniziata con il Covid in estate e dopo poche partite hanno sospeso la stagione. Poi si è ripreso con questo torneo che ha cambiato totalmente le sorti e la logica di un campionato normale. Noi partivamo come una delle favorite, ma non come “la favorita”, e infatti penso che abbia vinto la squadra che a livello di nomi era più attrezzata. Personalmente mi ritengo soddisfatto, sia delle mie prestazioni che di quelle dei miei compagni. Credo che il gruppo si sia espresso in modo positivo, anche se forse potevamo fare qualche gol in più, ma per il resto tutto sommato abbiamo fatto bene. Contando anche le quattro partite tra settembre e ottobre, in cui eravamo a punteggio pieno, la percentuale di vittorie è stata molto buona. Poi con questo campionato di sole dieci giornate è finita così e bisogna anche metabolizzare la mezza sconfitta, che alla fine non deve essere considerata tale perché abbiamo comunque avuto la possibilità di giocare”.

Come è stato riprendere dopo l’interruzione da ottobre ad aprile causa Covid e che stagione è stata con così poche giornate?
“Mentalmente è stato molto difficile per via delle restrizioni iniziali che non permettevano di allenarsi in gruppo ma solo individualmente. Come situazione ha inciso molto perché la cosa più importante di un’annata calcistica è proprio il fatto di vivere lo spogliatoio, di stare con i compagni che si conoscono già e di socializzare con quelli nuovi. Fisicamente sapevamo che riprendere sarebbe stato faticoso. Io fortunatamente mi ero sempre allenato quando eravamo fermi, quindi sotto quell’aspetto non ho mai avuto problemi. Certo, all’inizio è stato un po’ complicato, ma poi abbiamo recuperato tutti la forma anche grazie allo staff della Varesina che ha lavorato molto bene e non ci ha mai lasciati soli, e questa è una cosa che ha fatto la differenza. Riguardo alla stagione, è stato un anno difficile soprattutto per le squadre che dovevano vincere e ci sono state un po’ di sorprese, anche negli altri gironi. Nel nostro, senza voler togliere nulla a nessuno, ho visto squadre come Castanese, Sestese, Milano City e Luciano Manara fare partite con un grande possesso palla e molto liberi di testa, perché senza le retrocessioni si poteva giocare per divertimento. Diciamo che è stato un tipo di campionato completamente diverso che non si vedrà più”.

A chi ti ispiri? Qual è il tuo calciatore preferito?
“Seguendo molto il calcio ce ne sono tanti ed è difficile sceglierne uno. Potrei fare nomi come Messi e Ronaldo ma chiaramente sono sottintesi. Nel mio ruolo di centrocampista Xavi Hernández mi ha sempre ispirato e impressionato e mi rivedo abbastanza in lui come tipo di giocatore. Poi mi piacciono molto anche Kroos e Jorginho”.

A chi vuoi dedicare l’eventuale vittoria del pallone d’oro?
“Lo dedicherei ai miei compagni di squadra e alla mia famiglia. Onestamente non credo di vincere, ma fa comunque piacere essere stato nominato dai mister. Mi dicevano che mi mancava sempre qualcosa e ho voluto lavorare molto sulle mie caratteristiche, quindi sono contento di essere tra quelli che sono piaciuti di più in queste dieci partite”.

Guardando al futuro, dove giocherai l’anno prossimo? Cosa bolle in pentola al riguardo?
“Non so ancora, ma chiaramente la prima squadra con cui parlerò sarà la Varesina. Com’è giusto che sia, la società deve fare le proprie valutazioni. Quest’anno ci siamo trovati bene a lavorare insieme e credo che basterà una chiacchierata per vedere se c’è la volontà di proseguire un percorso importante anche per la prossima stagione”.

Silvia Alabardi

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