Una delle big ad aver abbandonato il vecchio girone A è il Pavia 1911, andato a riempire le fila di un girone B di Eccellenza in cui ritroverà parecchie avversarie di settembre, ovvero Accademia Pavese, Alcione Milano, Club Milano, Settimo Milanese, Varzi e Vogherese. Con dieci partite che hanno il valore di vere e proprie finali, l’asticella è sicuramente alta e anche il più piccolo errore potrebbe risultare determinante. Ne abbiamo parlato con il Direttore Sportivo Ettore Menicucci, che oltre ad analizzare il calendario e le prospettive per l’imminente campionato, mette in risalto le difficoltà di questi ultimi mesi, tra perplessità sulla modalità di ripartenza e l’amaro in bocca lasciato dai lunghi tempi decisionali e dagli intoppi amministrativi che hanno ulteriormente ostacolato la fase di preparazione.

Almeno sulla carta, il girone B sembra decisamente tosto. Cosa ne pensa? La rosa è stata rinforzata?
Non è un girone ma un’arena in cui si affronteranno dei gladiatori. Onestamente ad agosto avrei detto che avevamo una squadra competitiva per provare a vincere il campionato e giocarcela fino alla fine insieme alla Varesina. Ne ero sicuro al cento per cento, ma ora abbiamo qualche problema di infortuni a causa delle continue interruzioni e non sono più così fiducioso come lo ero prima. Per quanto riguarda i rinforzi, siamo intervenuti con inserimenti abbastanza normali, nel senso che erano già programmati per il mercato di riparazione di dicembre. Abbiamo preso Musicò dalla Caronnese, Colombo dal Verbania, e poi anche Lorino e Celestri”.

La società è sempre stata favorevole alla ripresa dell’attività. Come avete accolto il format?
“Abbiamo fatto una campagna di ripartenza e personalmente ho lavorato molto in Federazione per cercare di far ricominciare il campionato. Chiaramente non era il format che pensavamo; visto che ci impegnavamo a ripartire e a sostenere costi importanti, credevamo che avremmo avuto anche la possibilità e il diritto del ripescaggio per i secondi e terzi classificati, invece se solo la prima sale in D sarà ancora di più un’arena. Penso anche che si sarebbero potute distribuire meglio le squadre nei tre gironi, visto che solo per la Lombardia è stato applicato questo criterio geografico. Spero veramente che per lo meno ci diano dei contributi per i tamponi e le visite mediche sportive dei positivi come ci era stato parzialmente promesso. Aspettiamo di avere notizie positive almeno in questo senso, altrimenti sarebbe una farsa, visto che chi non riparte non rischia nulla e non spende soldi, ma ha gli stessi diritti e non diritti nostri. Non mi sembra che siano state fatte scelte equilibrate”. 

Qual è il vostro obiettivo stagionale? Cosa ci si può aspettare da un campionato così corto?
“Il nostro obiettivo è di giocare tutte le partite al massimo, sperando di avere un po’ di fortuna, perché la squadra che vincerà questi gironi non sarà solo la più forte e brava ma anche la più fortunata. Il nostro girone è davvero complicato, con troppe squadre sullo stesso livello; penso che ci siano almeno sei/sette club importanti: davanti a tutti il San Giuliano, poi Alcione e Sant’Angelo, che ha ricostruito una squadra fortissima come già aveva fatto quest’estate, e appena dietro di loro Club Milano, Codogno, Varzi e noi. Tra l’altro, pensando al calendario, debutteremo proprio contro Varzi e Sant’Angelo, quindi non sarà semplice”. 

Questi ultimi mesi sono stati una successione di punti interrogativi e periodi di attesa. Come avete affrontato la situazione e cosa sarebbe potuto andare meglio? 
“Innanzitutto penso che come piazza meriteremmo più rispetto, sia da parte degli organi istituzionali che di quelli comunali, ma a quanto pare non è così. Non siamo stati neanche considerati o interpellati in queste decisioni e non c’è stato nulla di limpido; sicuramente è stato fatto tutto in buona fede, ma sia a livello di composizione dei gironi, sia di calendario che di tamponi, non c’è stata chiarezza e le decisioni si sono fatte aspettare così tanto per questioni di voti e poltrone. A livello comunale, poi, non abbiamo ricevuto molto sostegno come squadra del nostro paese. Durante l’attesa dell’interesse nazionale ci siamo dovuti fermare perché il nostro comune aveva chiuso lo stadio, quindi è stata una sosta forzata improvvisa, a differenza di altre squadre che hanno potuto continuare ad allenarsi perché il loro comune lo permetteva. Da questo punto di vista siamo stati danneggiati dallo stop di marzo, con i ragazzi costretti ad allenarsi individualmente da casa. Ci aspettavamo un po’ più d’appoggio in questo lockdown, invece siamo stati relegati in un angolino e abbiamo ricevuto il minimo indispensabile”.

Silvia Alabardi

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