La sua parentesi al Città di Varese non è certo stata tra le più memorabili, eppure Salvatore Lillo può esser considerato a tutti gli effetti un rimpianto per la società biancorossa. Il fantasista tuttofare offensivo classe ’91 era stata la nota più lieta nello scorso precampionato ma la sfortuna si è abbattuta anche su di lui: Covid, allenamenti a singhiozzo e ritmo partita spezzato.

Fulcro del progetto Sassarini, dopo l’esonero del tecnico spezzino non ha trovato lo spazio necessario con mister Rossi; da lì la scelta, comune e condivisa da tutte le parti in gioco, di accasarsi altrove. Fanfulla prima, NibionnOggiono poi con tanto di playoff vinti: una stagione frenetica e infinita che, al netto dei soli 6 gol segnati, può comunque ritenersi positiva per l’ex attaccante biancorosso. Ora l’Arconatese, una nuova avventura che Lillo sta intraprendendo con la solita grinta di sempre: dal 2 agosto lui e la squadra stanno dando il massimo per prepararsi in vista di un campionato che l’Arconatese vuole vivere da protagonista.

Non possiamo non iniziare dalla scorsa stagione: cosa non ha funzionato a Varese?
“Non ti so dare una risposta precisa. Secondo me eravamo un’ottima squadra, costruita da zero con tutte le difficoltà del caso, e avevamo bisogno di più tempo per carburare. Il passaggio da Sassarini a Rossi ha cambiato il modo di lavorare e l’assetto tattico: con due punte ritenevo di non rispecchiare le caratteristiche che il nuovo mister voleva e quindi sono andato via con molto rammarico perché mi sarebbe piaciuto davvero tanto restare a Varese”.

Credi che Sassarini avrebbe meritato più tempo?
“Direi proprio di sì, anche solo per il suo blasone. La società sapeva di avere un top allenatore per la categoria, ma se ti chiami Varese hai bisogno di risultati immediati e quindi si è arrivati all’esonero. Mi dispiace che non abbiano dato il tempo necessario a Sassarini per modellare la squadra perché è un mister che sa il fatto suo e fa giocare bene le squadre che allena; se fosse restato non avrebbe avuto problemi nel condurre la squadra alla salvezza”.

Ritieni che, soprattutto nei primi mesi, la squadra abbia pagato la troppa pressione creatasi intorno all’ambiente?
“Può essere. Giocare per piazze importanti non è mai facile e qualcuno può risentirne. Personalmente a me dà solo tanti stimoli per fare ancor meglio, ma non tutti reagiscono nello stesso modo e qualcuno può averla pagata. Non tutti, poi, sono capaci di ambientarsi subito e un giovane che viene catapultato in Serie D può avere grosse difficoltà all’inizio: se azzecchi gli under non hai problemi, altrimenti c’è bisogno di tempo per farli crescere. All’inizio è stato difficile per tutti perché a causa del Covid non siamo mai riusciti ad allenarci tutti insieme; poi, comunque, i ragazzi hanno fatto bene e sono felicissimo per la salvezza che hanno ottenuto perché la piazza se la merita”.

Il tuo addio è stato un po’ un fulmine a ciel sereno; com’è nato il tuo passaggio al Fanfulla?
“È stata una mia scelta. Rossi mi aveva subito fatto giocare titolare, poi non ho avuto la stessa continuità a livello di presenze e molte società si sono interessate per capire se c’erano i margini per un trasferimento. Ho detto al mio procuratore di valutare eventuali offerte e il Fanfulla ne ha formulata una davvero allettante. Prima di accettare mi sono confrontato con mister Rossi e mi ha fatto capire che per lui andava bene così; non posso rinfacciargli nulla, anzi, rispetto le sue idee perché è un valido allenatore che dà il giusto carisma alla squadra in allenamento e in partita”.

A Lodi cosa è successo? Dopo il gol all’esordio, proprio contro il NibionnOggiono, hai trovato meno spazio…
“Sono partito fortissimo ma dopo il match contro il Breno, il mister ha fatto scelte diverse. Il terzino under che giocava dietro di me non stava attraversando il suo miglior periodo e quindi è subentrato un over, ragion per cui nel mio ruolo serviva un under. Un po’ di spazio me lo ritagliavo sempre, ma ben presto mi ha chiamato il NibionnOggiono per capire i motivi di questa poca continuità: loro volevano vincere i playoff, hanno pareggiato l’offerta economica del Fanfulla, e hanno spinto in tutti i modi affinché accettassi. Il Fanfulla non voleva perdermi ma mister Ciceri, grandissimo allenatore e straordinaria persona, mi ha detto di andare per giocare con costanza. Col senno di poi ho fatto la scelta giusta”.

Mi pare di capire che ti sei trovato bene; è così?
“Assolutamente. Anche lì sono partito forte trovando subito il gol e la società non mi ha mai fatto mancare nulla. L’unico neo è stata la finale playoff che non ho giocato titolare perché il mister ha voluto schierare i ragazzi che erano lì da inizio stagione; scelta condivisibile che rispetto anche perché alla fine abbiamo vinto comunque”.

La tua è stata una stagione particolare sotto tutti i punti di vista. Avendo cambiato tre squadre in pochi mesi, che bilancio puoi trarre?
“È stato un anno veramente difficile. A Varese ero partito benissimo nel ritiro arrivando davvero preparato, ma il Covid mi ha spezzato le gambe; poi c’è stato tutto il resto di cui abbiamo appena parlato. In realtà non posso fare nessun bilancio: sono contento che la stagione sia andata bene così. Ho chiuso a sei gol e sicuramente mi aspettavo un bottino diverso, anche se non ho praticamente mai calciato rigori, ma sono comunque soddisfatto del mio percorso”.

Pensi che tutte queste esperienze ti abbiano fortificato, qualora ce ne fosse stato bisogno, a livello caratteriale?
“Cambiare tanto ha i suoi pro e i suoi contro. Da una parte puoi essere etichettato come quello che cambia sempre e, di conseguenza, viene giudicato male, ma dall’altra impari tanto. Io sono molto schietto e dico le cose in faccia: faccio le scelte che mi convengono sotto il profilo professionale e personale perché, avendo famiglia, il lato economico ha una sua importanza. Io ho girato l’Italia, dal Pontisola al Matelica, dal Trento al Fasano, e queste esperienze vissute da solo lontano dagli affetti familiari ti forgiano mentalmente. Non a caso voglio dare un consiglio ai giovani: se siete insicuri e avete la possibilità di fare un’esperienza lontana da casa, fatela perché vi sarà d’aiuto”.

Venendo al presente, cosa ti ha spinto ad accettare l’offerta dell’Arconatese?
“La società mi seguiva da qualche anno, ma ho sempre fatto scelte diverse. Questa volta ho deciso di ripartire da qui perché parliamo di una società sana che punta a qualcosa di importante: l’obiettivo è puntare ai piani alti della classifica. Mi hanno voluto fortemente, sto conoscendo mister Livieri giorno dopo giorno e mi sembra un tecnico davvero preparato per la categoria che punta su di me; io avevo bisogno proprio di questo, ovvero persone che mi dessero fiducia e mi facessero sentire importante. Chi batterà i rigori? Qui c’è Luca (Santonocito, ndr) che è un ottimo tiratore: io proverò a chiederne qualcuno, ma siccome non sono certo irrispettoso non li pretenderò mai e, anzi, più lui ne segna più io sono felice”.

L’Arconatese, tra l’altro, era stata proprio la squadra a cui avevi segnato il primo gol del Città di Varese al “Franco Ossola”. Nel prossimo campionato potresti ritrovare il Varese da avversario: “restituirai il favore”?
“Sono un calciatore (sorride, ndr) e il mio lavoro è segnare: devo fare gol per la mia squadra. Se dovesse succedere contro il Varese rispetterò la maglia biancorossa e non esulterò, anche perché nonostante tutto ho dei bei ricordi di quel gruppo e sarei voluto rimanere a lungo”.

A tal proposito hai dei rimpianti sulla tua esperienza a Varese?
“La cosa che mi dispiace di più è non aver vissuto lo stadio con i tifosi; con loro sugli spalti le cose sarebbero andate diversamente. Questo è il mio più grande rammarico. Tempo fa c’era stato un torneo estivo al “Franco Ossola” per un ragazzo della curva scomparso e io giocai proprio per la squadra della curva insieme, tra gli altri, a Giuseppe De Luca: molti tifosi mi conoscevano già e dopo il mio addio ho ricevuto tanti messaggi in privato da parte di persone che mi chiedevano i motivi del mio addio e se c’erano possibilità di ritorno. Piccoli gesti che fanno la differenza e aumentano il rammarico di non aver potuto vivere una stagione con i tifosi biancorossi al mio fianco”.

Tornando a te, quali sono le tue aspettative personali per la prossima stagione?
“Voglio semplicemente dare tutto per la società, fare un gran campionato, arrivare in doppia cifra e provare almeno a centrare i playoff. Il mister lavora benissimo con gli attaccanti e mi ha subito chiesto di non dare punti di riferimento: sono pronto a sacrificarmi in qualsiasi ruolo pur di aiutare la squadra”.

In caso di risultati positivi dobbiamo aspettarci qualche altro tatuaggio?
“Assolutamente sì! Sono malato per i tatuaggi, li adoro. Il braccio destro è dedicato al mio primogenito Gabriel, mentre sto completando la gamba destra per Samuel, il mio secondo figlio. Ho poi i nomi dei miei familiari, ma non tutti devono avere necessariamente un significato perché alcuni mi piacciono e basta; con il mio tatuatore sto studiando altri progetti”.

Prima abbiamo parlato dei tifosi del Varese. Per concludere, una promessa ai tifosi dell’Arconatese?
“Sono contento che anche qui ci sia gente in grado di spingere la squadra con la propria passione. Mi auguro di vederli allo stadio il prima possibile perché ci aspetta una stagione ricca di soddisfazioni e assicuro che noi daremo sempre il massimo”.

Matteo Carraro

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