La prossima Openjobmetis 2021-2022 ripartirà dalla curiosità di scoprire un allenatore ed una squadra completamente nuovi, dotati entrambi di qualità e doti tutte da scoprire, nella speranza dei tifosi che si crei quella chimica giusta fuori dal campo che permette grandi imprese poi sul parquet.
Un progetto ambizioso e dei sogni che però poggiano su basi solide e che sono sinonimo di continuità e certezza, come la conferma di tutto lo staff medico e lo staff tecnico della squadra rispetto allo scorso anno.

Un importante segnale quello giunto dalla società che continua a puntare su staff che ormai rappresentano Pallacanestro Varese e che sono esiziali per la sua vita durante la settimana di lavoro ed in partita.
Tra di essi, in particolare con riferimento allo staff tecnico, c’è l’assistente allenatore Alberto Seravalli, arrivato al terzo anno di lavoro con i biancorossi e sempre più uomo decisivo in quella che è la gestione della squadra.

Un Seravalli che si presenta più carico che mai in vista della nuova stagione, con le idee chiarissime su quello che dovrà essere l’atteggiamento e lo spirito da mettere sul parquet per una nuova avventura che molto dipenderà dal lavoro di coach Vertemati, con il quale si è subito creato un ottimo feeling, come tra le altre cose, lo stesso assistant coach racconta.

Coach è arrivata la conferma per il suo terzo anno con la Pallacanestro Varese, quanto è felice ed orgoglioso di questo?
“Innanzitutto vorrei dire un grande grazie al club per l’opportunità e la fiducia che ancora una volta mi ha dato e mi sta dando. Sicuramente questa scelta mi rende davvero contento, orgoglioso ed onorato. Rimanere a Varese per il terzo anno consecutivo per me è qualcosa di straordinario e mi da ancora più carica per fare di più e meglio il mio lavoro nel futuro”.

Un ruolo fondamentale quello dell’assistente allenatore forse troppo poco considerato. Secondo lei invece la sua figura dove incide di più, in settimana negli allenamenti o durante le partite?
“Il nostro lavoro racchiude vari aspetti. Ce n’è uno puramente tecnico in campo nel quale cerchiamo di fare correzioni live, in base a principi e regole che ci siamo dati di squadra, oppure situazioni che vengono analizzate poi a posteriori con l’allenatore. Così come si valuta il lavoro della squadra c’è tutto un lavoro di crescita che viene fatto con i singoli giocatori, perché poi le due cose vanno di pari passo. Poi c’è un lavoro dal punto di vista tattico e di preparazione alla partita nel quale noi studiamo gli avversari, cercando di capirne punti di forza e di debolezza, in modo da mettere in campo le nostre armi e cercare di fare il meglio possibile, oppure adeguandoci nella maniera migliore per contrastare l’avversario. Infine c’è un lato relazionale che riguarda il cercare di raccogliere e di passare messaggi dallo staff ai giocatori che può avvenire in tanti modi, chiaramente in accordo con il capo allenatore  e la società. Ci sono giocatori con cui devi parlare da solo, altri davanti a tutto il gruppo, in una strategia di comunicazione che è molto importante in questo tipo di pallacanestro. Riuscire ad entrare e connettersi con la squadra e lo staff è tutto un incastro di relazioni molto affascinante che ti porta a cercare di capire quale sia ogni volta la strada giusta da percorrere”.

Un lavoro importante più che mai, a maggior ragione in un’annata come questa dove partirà un nuovo ciclo che avrà bisogno di un fisiologico periodo di ambientamento. Le chiedo se pensa che la vostra mission sarà proprio quella di cercare di ridurre al minimo questo periodo di tempo, anche grazie a quei valori che, essendo qui a Varese da anni lei come altri dello staff, potete far capire ai giocatori?
“Arrivare a Varese ti fa capire subito che sei arrivato in una piazza importante del basket italiano. Basta guardare il palmares e gli stendardi qui al palazzetto per capire in che realtà ti trovi. Oltre a questo si può mettere la presenza di personaggi importanti come quella del Toto Bulgheroni, la figura più autorevole, storica ed importante nella nostra società, che ti fa sentire la sua presenza costante ed è motore per il lavoro quotidiano. Già dalle prime settimane con Adriano si è creata una chimica importante, lui è un allenatore molto disponibile al confronto ed al dialogo, con idee chiare in mente che si porta dal suo importante background di esperienze passate. Le premesse da questo punto di vista quindi sono ottime, poi come ogni anno dovremo aiutare i giocatori a creare aggregazione fino a parlare un linguaggio comune in campo e fuori. E’ un lavoro che facciamo in tanti, noi siamo diversi piccoli strumenti che la società mette a fianco dei giocatori per farli rendere al meglio. E’ tutto un lavoro fatto in sinergia che deve portare a vincere, gratificare il pubblico e i giocatori stessi. Siamo tutti noi piccoli ingranaggi di un meccanismo molto ampio diciamo”.

Lei a Varese ha vissuto delle epoche di basket diverse, quella con coach Attilio Caja, quella con Bulleri ed adesso vivrà quella di Vertemati. Le chiedo ad ogni cambio di allenatore quali sono i primi passaggi che mette in pratica per entrare in connessione con ognuno di essi?
“E’ un processo che richiede tempo e conoscenza. Secondo me la prima cosa fondamentale è mettersi a disposizione, essere disponibile alle richieste del nuovo allenatore, rendersi pronto a ricoprire il ruolo e compiere le mansioni che il nuovo coach ti da, avere una fase di conoscenza, ascolto, per poi cercare di mettere sul campo le proprie esperienze, competenze e sensazioni per cercare di aiutare e migliorare il bene comune. Devo dire che in questa realtà varesina ma anche in passato, ho sempre trovato poco difficile riuscire a capire ciò di cui il capo allenatore aveva bisogno. E’ normale che poi andando avanti nella stagione vi è sempre un confronto, che si basa sul contraddittorio, perché se si andasse sempre nella stessa direzione non si vedrebbero gli errori e questa penso sia una dinamica fondamentale. In tutto questo poi a livello puramente personale io resto affascinato dalla possibilità che ogni volta ho di imparare e scoprire qualcosa di nuovo e nei cambiamenti, trovare idee nuove e accrescere la propria conoscenza ed esperienza, che si tratti di una nuova avventura con un capo allenatore o con un giocatore, vedasi Scola che è un esempio immenso di questo”.

Andando sulla nuova squadra le chiedo che tipo di gruppo si aspetta e se pensa che la cosa più difficile da trovare sarà l’equilibrio tra questi giocatori offensivamente molto forti?
“Senza dubbio siamo molto felici della squadra che è stata allestita, grazie anche ad un lavoro di scouting e di conoscenza di giocatori che Andrea Conti e Matteo Jemoli hanno fatto molto bene. Siamo riusciti ad andare a prendere giocatori che rispecchiano le nostre idee. L’equilibrio sarà la parola chiave tra ragazzi che sono complementari tra loro. Abbiamo cercato di creare il giusto mix tra tiro, uno contro uno al ferro, gioco in post basso, cercando di avere tante caratteristiche diverse in modo che ogni giocatore fosse perfettamente incastrabile con l’altro. Una cosa che sarà fondamentale per la nostra squadra è la grande motivazione che ognuno di questi giocatori ha. Abbiamo guardato la voglia, lo spirito di emergere, di riprendersi dalle difficoltà come ha fatto Jones dopo l’infortunio, la voglia di migliorarsi come De Nicolao dopo la buona scorsa stagione. Ognuno avrà un motivo importante per migliorarsi e questo sarà una chiave di volta nella stagione, al di la del lato puramente tecnico dei giocatori e la fisicità in ogni ruolo che è stata una delle peculiarità fondamentali che abbiamo cercato”.

Il futuro di Aberto Seravalli sarà sempre più come secondo o le piacerebbe vivere una nuova esperienza da primo?
“Allenare un giorno una squadra da head coach è il sogno di ogni allenatore, però mi sento prima di tutto un grande appassionato di questo gioco, una persona a cui piace tantissimo vedere crescere e migliorare squadre e giocatori durante l’anno. Non programmo le cose a lungo termine, non mi fisso obiettivi lontani, mi piace vivere in questo mondo, dare il mio contributo, fare l’assistente è un ruolo dove mi sento benissimo, in una piazza unica come Varese. Non ho ambizioni particolari o progetti futuribili diversi da dove sono ora, poi è chiaro che un freno non si mette mai a nulla, però qui mi sento a mio agio, considerato nel mio ruolo e sono molto felice di questo e di stare a Varese”.

Alessandro Burin

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