Il segreto per vincere i campionati è avere la miglior difesa e il segreto per non subire gol è avere in squadra il miglior portiere. Di clean sheet Vitangelo “Vito” Spadavecchia se ne intende e averlo a guardia dei propri pali è un’autentica garanzia di sicurezza.

Il portiere classe ’82 di Molfetta ha alle sue spalle un’invidiabile carriera (con le maglie di Bari, Pescara e Sorrento) e, dopo l’esperienza al Verbano, è approdato a Venegono Superiore con un unico obiettivo: riportare la Varesina in Serie D. In questa stagione travagliata il traguardo per le fenici è a portata di mano e nelle ultime due sfide si deciderà il destino dei biancorossoblù. Senza dubbio, il successo di mercoledì contro la Luciano Manara (complice il pareggio della Brianza Olginatese a Gavirate) ha riacceso l’entusiasmo in casa Varesina. “È stata una vittoria importantissima – ci racconta Spadavecchia – anche e soprattutto alla luce del mezzo passo falso contro la Vergiatese: domenica scorsa avevamo dato il massimo e ci è mancato solo il gol, mentre a Barzanò abbiamo sfoderato una prestazione importante che ha confermato le nostre potenzialità. Ora dovremo dimostrarle anche nelle prossime partite”.

Facciamo subito un passo indietro. Contro la Vergiatese si è visto il grande tallone d’Achille della Varesina: come ti spieghi tutti questi gol presi da calcio d’angolo?
“Nel calcio la maggior parte dei gol si segna su palla inattiva e secondo me la questione è prettamente mentale, non c’è un modo per risolverla. Noi ci alleniamo costantemente sulle palle ferme, in entrambe le fasi; forse ci manca la consapevolezza di esser forti anche in questi frangenti. I dati nel calcio sono importanti, fanno riflettere, e per questo non dobbiamo dimenticarci di essere la miglior difesa del campionato insieme a Brianza e Ardor: questo ci deve dare ulteriori stimoli per sfruttare i calci piazzati a favore e non prendere gol in quelli a sfavore”.

Prima del fischio d’inizio di mercoledì credevate in un passo falso della Brianza?
“Alla vittoria del campionato ci credevamo prima e, a maggior ragione, ci crediamo ora. Sapevamo che potevano inciampare da un momento all’altro e così è stato; siamo stati bravi a farci trovare pronti. Da questo momento in poi il destino è nelle nostre mani e abbiamo l’obbligo di vincere le ultime due partite senza guardare agli altri”.

Il prossimo ostacolo si chiama Pontelambrese; cosa ti aspetti dalla sfida di domenica?
“È un avversario da prendere con le pinze perché loro stanno attraversando un bel momento e arrivano da due vittorie consecutive. A prescindere da questo, però, sarà il nostro atteggiamento a fare la differenza: se non si prendono le partite nel modo giusto, aggredendo gli avversari fin dall’inizio come abbiamo fatto mercoledì, ogni partita può risultare fatale. Noi siamo la Varesina e tutte le altre squadre hanno ulteriori stimoli quando ci affrontano; noi dobbiamo avere lo stimolo di abbattere le loro ambizioni e affronteremo queste ultime due partite con la rabbia di chi sa che non può più commettere passi falsi”.

Se domenica al termine della giornata l’entusiasmo era dalla parte della Brianza, ora è dalla prossima; quanto sarà importante il prossimo turno?
“Sarà fondamentale per un semplice motivo: le squadre di questo mini-torneo non hanno paura di poter retrocedere e quindi giocano con leggerezza, in maniera spensierata. La prossima giornata, l’ultima per la Brianza e la penultima per noi, potrebbe decidere il campionato per cui dovremo essere bravi ad affrontare la sfida con la giusta fame e cattiveria agonistica”.

Entusiasmo ma anche pressione; come si gestisce quest’ultima?
“Per rispondere a questa domanda io faccio sempre un paragone. Per tutta la mia carriera ho giocato al Sud e sono al Nord da soli sei anni: la pressione sta nel giocare un playout davanti a 5mila tifosi che, se perdi, ti aspettano fuori dallo stadio (sorride, ndr). Io credo che quando si ha la possibilità di vincere un campionato non si debba sentire pressione, ma solo avere quell’autostima e quell’adrenalina che ti portano a sfoderare la miglior prestazione possibile. E questo lo dico soprattutto per i più giovani che hanno tutta la carriera davanti: vincere un campionato con la Varesina sarebbe motivo d’orgoglio e consisterebbe in una rampa di lancio per il futuro perché in Serie D si ha più visibilità”.

Dall’alto della tua esperienza, come hai visto la squadra in questi giorni?
“Ho percepito grande tranquillità perché siamo ben consapevoli di ciò a cui andiamo incontro. Lavoriamo serenamente ogni giorno per migliorare le nostre imperfezioni e scendiamo in campo la domenica con altrettanta tranquillità per cercare di portare a casa il bottino pieno. Il calcio è bello perché i risultati non sono mai scontati e ogni cosa va guadagnata”.

Nelle partite più difficili hai sempre risposto presente: quanto ti senti importante per questa squadra?
“Alla mia età l’unica cosa che conta è trovare gli stimoli per continuare a giocare. Io scendo sempre in campo con l’obiettivo di conquistare i tre punti e smetterò quando arriverà il momento in cui non percepirò più questa adrenalina. Credo che un giocatore debba sempre mettersi in discussione, senza pensare alla sua carriera precedente, perché nel calcio non si regala niente a nessuno. Se non hai stimoli e non hai voglia di metterti alla prova farai fatica ovunque, anche se hai giocato in palcoscenici importanti; questo, secondo  me, vale ancor di più per un portiere”.

Perché?
“Perché un portiere deve fare il 50/60% della squadra. Non serve solo a parare, ma deve dare sicurezza ai difensori, deve coordinare la squadra e se gli altri non si fidano si rischia di prendere sempre gol”.

Qualora arrivaste in Serie D ci sarebbe un “problema” da superare per quanto ti riguarda. È infatti prassi che uno dei quattro posti da under sia riservato a portiere; cosa ne pensi in merito?
“In Italia si va avanti con regole senza senso. Trovo assurdo l’obbligo di inserire almeno quattro under in Serie D perché in primis non si riconosce il giusto valore alla meritocrazia e, soprattutto, si rischia di bruciare i ragazzi perché il 70% di loro, appena va fuoriquota, o smette di giocare o finisce in categorie molto più basse. Dal canto mio io sono tranquillo perché so di trovarmi in una società seria, fatta da gente per bene e umile che ha sempre fatto tantissimi sacrifici, e voglio solo ripagarla dandole quello che merita: la Serie D”.

Ti rigiro la domanda allora: saresti pronto a farti carico della Varesina in Serie D?
“Assolutamente sì, non vedo l’ora”.

Matteo Carraro

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