Il grande risultato ottenuto dal Team Nord Ovest alle elezioni del Comitato Regionale Lombardo è, soprattutto, il frutto della coesione creata dalle società della provincia di Varese. Chi, tra queste, ha saputo far sentire maggiormente la propria voce durante le assemblee con i candidati è stato il Torino Club Marco Parolo, attraverso gli interventi dei membri dirigenziali. Oltre alle ragioni esposte dai vertici, non sono mancate le opinioni di chi si occupa principalmente di calcio giocato, come quelle dell’allenatore della prima squadra Marco Morosi: “I club sono i veri protagonisti del movimento dilettantistico, vogliamo essere ascoltati. Senza il vincolo avremmo sempre più costi e nessuna programmazione. Spero si possa ripartire a marzo coi campionati”.

Ha avuto modo di confrontarsi con il presidente Parolo e la direttrice Sandri? Avrebbe optato anche lei per Carlo Tavecchio?
“Certamente, prima delle votazioni abbiamo fatto un incontro virtuale in cui la direzione ha spiegato a tutto lo staff l’importanza del Team Nord Ovest e di queste elezioni. In ogni caso, l’obiettivo comune era e rimane quello di avere maggiore considerazione, tanto a livello regionale quanto a Roma. Carlo Tavecchio non era uscito benissimo dall’esperienza in FIGC, però si è ripresentato in Lombardia con progetti importanti, allestendo una squadra giovane. La sua esperienza può rappresentare un punto a favore per il CRL, specie in un momento di particolare scombussolamento come quello attuale. Gli errori commessi in passato non cancellano il suo operato”. 

Le recenti elezioni hanno sancito la vittoria del Team Nord Ovest, che ha avuto il merito di compattarsi e fare fronte comune. Si aspettava un impatto del genere?
“Sinceramente no, ma sono contento che sia successo. Nell’arco della mia ventennale esperienza da allenatore, ho constatato che le società della provincia di Varese sono unite tra di loro e collaborano spesso, nonostante alcune volte non se ne parli un gran bene. Nessuna squadra ha voluto mettere il bastone tra le ruote, anzi, tutte hanno voluto far parte di questo progetto. A frenarmi era la supremazia dettata dall’asse Bergamo-Brescia, ma sono sempre stato convinto che il Team Nord Ovest avesse abbastanza potere per farsi valere. Forse la spinta mediatica, oltre ad aiutare noi, ha aiutato anche quei club appartenenti ad altri comitati provinciali, le quali preferenze di voto erano ancora incerte”.

Quali cambiamenti si aspetta dal nuovo CRL?
“È importante trovare nell’immediato una soluzione concreta e coerente per ripartire. Le decisioni dovranno essere chiare e favorevoli alle società. Ad esempio, se la Federazione decidesse di chiudere qui i campionati, noi ci atterremmo, a patto che vengano fornite a tutti le dovute garanzie per continuare a sopravvivere. A lungo termine, spero ci saranno importanti cambiamenti in vista. Le questioni in gioco sono tante, dai discorsi relativi alle promozioni e retrocessioni, alla questione sui vincoli sportivi. Gli organi di governo non possono prendere determinate scelte senza appellarsi minimamente alle società. Abbiamo diritto di essere informati e di esprimerci a riguardo”.

Concentriamoci proprio sulla Riforma Spadafora e sulla diatriba relativa all’abolizione del vincolo. Cosa ne pensa?
“Faccio una premessa: io ero favorevole affinché tutto rimanesse come prima. Personalmente, la cosa più importante per un allenatore è il progetto, ovvero cercare di raggiungere degli obiettivi entro due o tre anni. Per quanto ci riguarda, il proposito è quello di fare il salto di categoria, come compete a una società come la nostra. Per farlo, però, è necessario trovare persone che vogliano sposare il nostro piano e le nostre idee, ma tutto questo non può essere possibile senza vincolo sportivo. Ci ritroveremmo ad essere in dubbio ogni anno, con il timore perenne che a fine stagione alcuni ragazzi possano decidere di spostarsi verso altri lidi. In queste categorie molti giocano per passione, senza rimborsi spesa. Nel calcio ricevere una proposta economica più allettante rispetto ad un’altra, anche solo di poco, fa la differenza. Se all’inizio di ogni stagione una società dovesse ripartire da zero, i costi liviterebbero in termini di denaro, tempo e fatica. La maggior parte delle squadre non sono ricche, bensì operano grazie alle amicizie, ai buoni rapporti con calciatori e allenatori. Capita spesso che società senza fondamenta solide riescano a trovare importanti sponsor per qualche anno, riuscendo anche a salire di livello, ma una volta terminati i soldi, il castello finisce per sgretolarsi. Il Torino Club, invece, è una squadra con grande organizzazione, che punta a migliorarsi anno dopo anno. Se tra tre anni dovessimo ritrovarci in Prima Categoria, ad esempio, riusciremmo a mantenerla”.

Mantenere l’affiatamento in un periodo come questo non deve essere facile. Voi siete riusciti a mantenervi in contatto con i vostri ragazzi? Avete pianificato dei programmi di allenamento online?
“La nostra prima squadra nasce due anni fa e per comporre la rosa ci siamo affidati ad amicizie e conoscenze. Grazie a quest’ultimo aspetto, siamo riusciti ad allestire un gruppo d’esperienza affiatato che ha voglia di fare bene e di divertirsi. Non ci siamo persi di vista durante i periodi di chiusura totale, continuando a sentirci telefonicamente e tramite videochiamate. Non abbiamo organizzato nessun allenamento, anche perché non è facile organizzarsi stando in casa. Ho dato loro, come riferimento, una programmazione precampionato e ognuno cerca di gestirsi come può, in base ai propri tempi e impegni lavorativi. È naturale che, nel caso in cui dovessero ripartire i tornei, non possiamo presentarci con dei chili di troppo”.

Quando pensa si potrà riprendere con allenamenti e partite, ammesso che si riprenda?
“Ritengo ci vogliano almeno tre settimane per riacquisire una buona forma fisica. Io spero che si possa ripartire con gli allenamenti dai primi di febbraio, cosicché i campionati possano ricominciare a marzo. In questo modo, potremmo arrivare fino in fondo affrontando un vero e proprio tour de force. Sono due anni che tentiamo di vincere il campionato o almeno di salire, ma alla fine ci ritroviamo con le mani vuote. Chiudere i campionati senza poterli completare è davvero brutto per tutti, dai bambini fino agli adulti”.

La vostra stagione era partita bene, con tre vittorie su tre partite giocate. Ora siamo a gennaio e voi non scendete in campo da ottobre. In una fase così ricca di incertezze, ha ancora senso parlare di obiettivi stagionali? Dove si cercano e come si trovano le motivazioni per andare avanti?
“Se non ti poni degli obiettivi non puoi sperare di fare bene. È chiaro che non è facile, perché subentrano molte variabili. Noi siamo partiti alla grande, dimostrando di saper giocare a calcio, però sono state solo tre partite, c’è ancora una stagione da giocare. Le problematiche che potevamo avere tra settembre e ottobre, oggi le abbiamo in forma maggiorata, dalla condizione fisica a quella mentale fino all’armonia del gruppo. Tutte queste componenti assieme possono influire sul risultato, sia negativamente che positivamente. A spaventarmi sono fattori come la preparazione atletica. I giovani riescono a riprendere la forma fisica più velocemente, perciò contro squadre dall’età media più bassa potremmo faticare parecchio. Noi comunque non abbiamo paura, né di giocare due volte a settimana né di sapere che il nostro obiettivo principale è la vittoria del campionato. Gli stimoli e le possibilità per fare bene ci sono, ho piena fiducia delle nostre potenzialità”. 

Dario Primerano

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui