Lo sport a Varese ha da sempre giocato un ruolo fondamentale nella vita della Città Giardino, e l’Ippodromo Le Bettole, riconosciuto come un’eccellenza assoluta dell’ippica a livello nazionale, ha rappresentato a lungo uno dei fari più luminosi. In questo, gran parte del merito va attribuito ad Eugenio Gervasini, energico lavoratore classe ’44 che ha dedicato la sua vita alla gestione dell’impianto.

Dopo oltre quarant’anni di onorato servizio, però, è tempo anche per lui di ritirarsi ad una meritata pensione e non possono mancare i ringraziamenti di cui si fa portavoce Roberto Bianchi, presidente di Pro Loco di Varese: “Parliamo di un uomo d’altri tempi che ha sempre portato avanti la cultura del lavoro e del fare, mai quella del reddito. Il suo addio all’Ippodromo lascia un vuoto incolmabile: senza la sua incrollabile passione e la sua costante voglia di lavorare, sarà pressoché impossibile riproporre la qualità del fondo e del terreno che ha contraddistinto la pista di Varese in questi anni”.

Non a caso come ricorda lo stesso Bianchi,  oltre alla regolare stagione agonistica varesina, l’ippodromo di Varese ha avuto quest’anno sia l’onere sia l’onore di ospitare anche le corse trasferite da Milano San Siro per tutto il mese di ottobre: medie pazzesche di oltre 70 cavalli per riunione, due volte alla settimana. Il merito di questo successo, come anticipato, è proprio di Gervasini che, sul finire del vecchio millennio, ha inventato un macchinario rivoluzionario per la cura e la manutenzione della pista sabbia.

Nonostante le mille proposte ricevute, Gervasini ha sempre tenuto fede al suo legame con la Varesina Corse Cavalli fino ad oggi, momento in cui abbraccia la “nuova professione” che ha simpaticamente riassunto in “fare il nonno a tempo pieno”.  Ed è proprio da qui che parte la nostra breve chiacchierata con il (definizione storica che gli calza a pennello) “contadino inventore” più noto di Varese.

“Se mi guardo indietro – comincia Gervasini – non saprei come descrivere ciò che ho fatto per l’ippodromo: nella mia vita ho sempre messo al primo posto il lavoro, al secondo il lavoro, al terzo il lavoro e poi c’era tutto il resto. Sono orgoglioso di come ho gestito il mio ruolo e ringrazio chiunque mi abbia sopportato fin qui: so di non avere un carattere facile, ma ho dedicato tutto me stesso alla gestione dell’ippodromo di Varese e mi piace che questo mi sia riconosciuto. Sono contento delle mie scelte, sono soddisfatto della mia vita e ora mi godrò a tempo pieno la mia piccola Sissi e darò un occhio di riguardo alla Tenuta Agricola Nicolini con mia moglie Rosanna”.

Nel passaggio di consegne alla nuova generazione, Gervasini ha dichiarato: “Largo ai giovani e alle loro ambizioni”. Ma, la domanda sorge spontanea, come farà la nuova generazione a superare quel vuoto incolmabile lasciato dal suo addio? Il problema, evidenziato proprio dal fedele alfiere della Famiglia Borghi (fino all’82 instancabile lavoratore alla Ignis al fianco di Giovanni Borghi) è che la cultura del lavoro che animava la sua generazione sembra essere tramontata. “I problemi ci sono – spiega Gervasini – inutile negarlo. In quarant’anni mi sono allontanato due volte dall’ippodromo e in entrambe le occasioni, quando sono tornato, ho dovuto ricostruire tutto ciò che era stato distrutto. Al giorno d’oggi si pensa a curare solo l’immagine, senza badare alla sostanza; il guadagno viene dalle piste e poco importa come viene lasciato il resto. Io, invece, ho sempre badato a tutto con estrema dedizione e ho avuto una cura maniacale dell’ippodromo in ogni suo aspetto. Per tenere un livello del genere bisogna lavorare sodo e mi auguro che chi arriverà segua il mio esempio da questo punto di vista”.

Le idee ci sono. Come ricorda Bianchi, infatti, l’Ippodromo di Varese sarà presto oggetto di una importante riqualificazione strutturale: verrà realizzato un nuovo anello in sabbia per favorire l’arrivo delle corse del trotto e l’impianto si trasformerà di conseguenza in un centro ippico polifunzionale. I lavori inizieranno a dicembre e proseguiranno per tutto l’inverno in modo da poter accogliere degnamente la nuova stagione sportiva.

Come ottenere la stessa qualità senza Gervasini? Semplice, sfruttando i suoi consigli. “Vado in pensione, è vero, ma sarò sempre disposto a dare una mano se il mio aiuto sarà richiesto. Lavorare il verde di un ippodromo non è come fare il giardiniere e certe operazioni vanno eseguite in rigoroso ordine rispettando i tempi necessari: bisogna preparare il suolo, usare un terriccio apposito per la maturazione dell’erba, seminare e tagliare subito. Dopo le mie invenzioni, altri hanno brevettato macchine per fare più operazioni in una: si accorciano i tempi, è vero, ma si distrugge la pista. Io il mio l’ho fatto e i miei consigli sono lì, pronti per essere usati: spero che ciò avvenga perché non è bello veder distrutto il proprio lavoro”.

A margine, non potevano mancare i commenti di congedo da parte di chi, nel corso degli anni, ha vissuto l’Ippodromo Le Bettole al fianco di Gervasini. È il caso di Bruno Grizzetti, uno dei più affermati allenatori sul suolo tricolore, che dichiara: “Eugenio è stato la storia dell’Ippodromo di Varese. Un uomo instancabile, sempre presente anche da malato o con un dito rotto, all’apparenza forte e irruente ma in realtà gentile come un bambino; disponibile per tutti, ad ogni ora del giorno e della notte, 365 giorni all’anno. La Città Giardino è un gioiello d’Italia e l’Ippodromo, un cuore verde, è stato curato da Gervasini in ogni minimo aspetto, rimanendo così un importante punto conviviale della città. Grazie ad Eugenio Gervasini Varese ha mantenuto la sua storica tradizione ippica”.

Il presidente dell’Associazione Fantini Italiani Luca Maniezzi si aggiunge ai saluti: “Parlando a nome di tutti i miei colleghi non posso che dirmi dispiaciuto perché le sorti della pista di Varese dipendevano esclusivamente da Eugenio Gervasini. Sicuramente il pensionamento è un gran bel traguardo e merita di goderselo con serenità, ma sul futuro dell’Ippodromo resta ora un grande punto interrogativo. Gervasini ci veniva incontro in ogni situazione e ci ha consegnato una pista agibile anche con la piaggio e la neve; non so se chi prenderà il suo posto sarà alla sua altezza”. Anche uno che l’Ippodromo lo conosce bene, come Maurizio Gandini, commenta: “Il pensionamento di Gervasini è una grandissima perdita dal punto di vista tecnico perché nessuno può mandare avanti l’Ippodromo come faceva lui”.

Infine, è lo stesso Gervasini a concludere con un doveroso ringraziamento: “Sono grato alla società Varesina Corse Cavalli e alla Famiglia Borghi per tutto ciò che hanno fatto per me; sono state loro, in primis, a supportarmi e a sopportarmi. Ma il mio saluto va anche a tutti coloro che hanno giocato insieme a me un ruolo importante nella gestione ottimale dell’Ippodromo: grazie”.

Matteo Carraro

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui