E’ arrivato in estate come uno dei migliori prospetti azzurri in circolazione. Un ragazzo nato in Italia, a Napoli, con il marchio USA addosso dopo l’esperienza negli Stati Uniti che lo ha formato come uomo e come professionista.

Guglielmo Caruso rappresenta uno dei capisaldi di quella rivoluzione azzurra e giovane che a Varese piace sempre di più e che negli anni vuole andare a ricostruire un forte nucleo di giocatori italiani, attaccati alla maglia e con forte rispetto della cultura e dello spirito biancorosso.

Un percorso lungo e difficile, in parte come quello che sta avendo proprio lo stesso Caruso, limitato fino ad oggi da due pesanti infortuni, uno alla mano destra ed uno alla gamba sinistra, che nelle scorse settimane ne hanno condizionato sensibilmente le prestazioni in campo.

Willie, come lo chiamano i suoi amici, non si è fatto abbattere da questo, lavorando giorno dopo giorno per dimostrare tutto il proprio valore in un salto, dall’Università americana alla Serie A, molto importante, così come il cambio di vita che è stato chiamato a fare.

Com’è da napoletano vivere qui a Varese?
“Sarò molto sincero. Io non ero mai stato a Varese ed al massimo ero arrivato fino a Milano o Torino, città comunque più grandi. Per un napoletano pensare di trasferirsi al nord porta sempre qualche dubbio e sinceramente ero un po’ scettico sulla città, pensando fosse grigia o poco vivibile. Invece devo dire che Varese si è rivelata un posto stupendo, non solo dove vivere ma anche da visitare. E’ stata una rivelazione bellissima. Tutti mi avevano detto che qui a Varese avrei trovato un clima brutto, molto grigio e piovoso, invece penso che negli ultimi 4 mesi ci sia stato più sole qui che al sud”.

C’è un luogo in particolare della città e dintorni che l’ha colpita?
“Beh sicuramente il Sacro Monte è qualcosa di davvero unico. Quando arrivi all’ultima cappella e trovi la giornata giusta arrivi anche a vedere lo skyline di Milano, è veramente qualcosa di eccezionale, vale tutta la fatica che uno deve fare per arrivare fino in cima (ride,ndr).”

Non posso non chiederle dopo tutti questi mesi qui in città, se preferisce lago o mare?
“Spero di non offendere nessuno, ma il mare non si batte ragazzi. Poi per un napoletano che ha vissuto in California il mare resta qualcosa di davvero unico. Devo dire però che qui a Varese ho scoperto il lago, da noi giù non ce ne sono così come qui a Varese ed è bello poter andare a passeggiare, trovare calma e tranquillità stando a contatto con la natura”.

Ora andiamo sul campo, cosa l’ha spinta ad accettare la proposta di Varese quest’estate?
“Quando ho saputo che Varese mi voleva è stato davvero un orgoglio per me. Il blasone e la storia di questa società sono note a tutti e un’opportunità del genere non potevo farmela sfuggire. L’importanza della piazza, della cultura cestistica che si vive qui in città sono davvero caratteristiche importanti per un giocatore. In più avevo avuto qualche rumors sul fatto che Scola potesse rimanere o come giocatore ancora per un anno o comunque in società e non potevo farmi scappare l’opportunità di lavorare con un totem come lui e cercare di recepire al massimo consigli e insegnamenti. Nonostante i miei due pesanti infortuni che fino ad oggi mi hanno condizionato, sono felicissimo della scelta fatta e spero di poter dimostrare sempre più di valere questa maglia”.

Come ha vissuto il cambio di allenatore a metà stagione e come si trova oggi con coach Roijakkers, che è uno che ama e sa lavorare con i giovani?
“Devo dire che nel passaggio di gestione tecnica a gennaio sono stati bravi tutti, sia la società che il nuovo coach. Ci hanno fatto vivere tutta la situazione non semplice con molta tranquillità e serenità e per noi questo è stato fondamentale. Io con il coach mi trovo bene, è un allenatore che non fa differenze tra giovani o esperti, americani e non e questa secondo me è una qualità che mi ha fatto crescere un po’ di più nell’ultimo periodo. Anche fuori dal campo abbiamo un ottimo rapporto, Roijakkers è un coach che si interessa a 360 gradi della vita dei suoi giocatori, sia da un punto di vista fisico che di benessere mentale, mi sta aiutando molto”.

Tornando sugli infortuni, quanto le hanno pesato i due infortuni traumatici avuti?
“Mi ha pesato molto di più il secondo infortunio, quello alla gamba, perché ero tornato da poco in campo e stavo trovando condizione e confidenza con il campo e la squadra. Non è stato semplice quindi fermarsi subito e ripartire, ma in questo devo ringraziare la mia famiglia, la mia ragazza ed i miei amici che mi hanno dato un supporto continuo e costante. Così come loro anche la società e devo dire che Scola, durante la fase di recupero del secondo infortunio, mi ha aiutato a superare mentalmente la cosa, perché nonostante gli infortuni siano spesso fisici, la componente  più dura da affrontare è quella mentale”.

Oggi quindi come si sente?
“Mi sento meglio, non sono ancora al 100% ma lavoro per arrivarci, per poter dare il giusto contributo alla squadra. Il secondo infortunio alla gamba mi ha limitato e mi sta limitando un po’ però grazie al lavoro dello staff sto tornando a regime e spero di poterlo mostrare in campo già mercoledì con Trieste”.

Alessandro Burin

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