Italia ascoltaci e non confonderti il basket siamo noi, il basket siamo noi“. Questo coro riecheggiava al palazzetto di Masnago qualche tempo a sottolineare la dedizione completa ed unica della Città Giardino con il mondo del basket e della Pallacanestro Varese.

Una simbiosi tra squadra, società, territorio e tifosi che passa e continua a vivere grazie alle attività ed al continuo sostegno e sollecitazione proprio del Trust dei tifosi biancorossi, Il Basket Siamo Noi, che anche quest’anno, come sempre, ha sostenuto la squadra biancorossa dall’inizio alla fine, nella buona e nella cattiva sorte, nei momenti di sconforto e di grande felicità.

Momenti ed emozioni che solo le grandi storie d’amore sanno regalare e che, l’epilogo di quest’annata pazza anche peri tifosi più appassionati della società biancorossa, ha un sapore particolare, come racconta il Presidente del Trust, Umberto Argieri, che ci racconta i mesi passati e quelli futuri, in un’integrazione sempre più forte tra questa componente societaria e l’intero assetto organizzativo di Pallacanestro Varese, con Luis Scola che ha capito quanto sia fondamentale dare sempre maggior spazio all’integrazione concreta con i tifosi.

Argieri, vorrei partire chiedendole cosa le lascia la salvezza al termine di questa stagione?
“E’ una sensazione che va oltre il mero risultato sportivo. Solitamente quando ci si salva a fine anno la conquista dell’obiettivo neutralizza un po’ tutto quello che è stato nei mesi precedenti, va a togliere tutta la tensione, le ansie e le paure, dando un senso di appagamento. Questa salvezza invece vale come un nuovo punto di partenza, una rampa di lancio verso un qualcosa di molto più grande. Questo le fa avere un sapore molto più gustoso. Non siamo qui oggi a pensare che l’anno prossimo sarà altrettanto dura, facendo i conti senza l’oste, conferme, riconferme, incognite, tanti punti di domanda? No, questa salvezza ci lancia verso una progettualità che sarebbe dovuta sbocciare a giugno e che invece è già partita. Secondo me quindi, questo risultato ha una valenza enormemente più alta rispetto alle annate passate”.

Che cosa consegna alla parte più vicina ed appassionata del tifo biancorosso, il vedere una società che decide di cambiare un allenatore da 8 vittorie in 13 partite nel nome dei valori della Pallacanestro Varese?
“Secondo me i discorsi da fare sono due. Il primo è puramente emotivo, legato al risultato ed al sogno che Roijakkers era riuscito a far partire. La separazione con lui è stata un peccato perché, in una certa fase, l’allenatore olandese si era posto come l’artefice di un cambio di passo che si attendeva da tantissimo tempo, non solo da un punto di vista dei risultati, quanto dell’immagine. Un uomo senza preconcetti o sovrastrutture che lancia i giovani e che ridà a Varese smalto e vigore in campo e fuori. Poi però si apre il discorso della ragione che non può essere banalizzata e quindi certi comportamenti ed atteggiamenti che si sono già visti nel passato non si possono più accettare o tollerare. Magari nell’immediato il tifoso o la maggioranza dei tifosi questa cosa non è riuscita a capirla fino in fondo, anche perché sono mancati alcuni elementi che devono rimanere tra le mura dello spogliatoio, però sono convinto che con il tempo questa protezione dei valori, che non può scendere a compromessi, pagherà. A Varese i tifosi non sono stupidi e come capiscono l’atteggiamento di alcuni giocatori quando vanno in campo, sono sicuro che sapranno apprezzare anche questo modus operandi societario”.

Tornando in campo, mi dice un suo giocatore simbolo di questa salvezza?
“Ci pensavo l’altro giorno e mi è capitato più volte di pensarci. Come Trust avremmo voluto lanciare delle t-shirt dal tema vichinghi, con due giocatori su tutti come simboli, ovvero Sorokas e Vene. Loro due perché al di là dei numeri e quello che hanno espresso in campo, penso siano l’emblema di una mentalità difficile da trovare nei giocatori stranieri. Sono sembrati più italiani di tanti nostri connazionali per come si sono comportati a livello di atteggiamento e attaccamento. Sorokas e Vene mi hanno stupito per la loro mentalità e penso che, insieme a Ferrero, abbiano trascinato poi anche gli altri giovani, in un’amalgama completamente diversa rispetto a quella della squadra che aveva iniziato la stagione. Sono diventati eroi a tutti gli effetti, per mentalità ed immagine che hanno dato al nuovo corso della squadra. Concetti che i tifosi hanno sentito fin da subito. Restituendoci dignità come tifosi, la voglia di tornare al palazzetto ed infine, sono riusciti a stuzzicare e portare gente che a Masnago non c’era mai stata”.

Mi ricollego a questo discorso chiedendole quanto è importante per il Basket Siamo Noi sentirsi sempre più al centro del nuovo progetto di Scola?
“Ciò che è emerso e sta emergendo è che sia Luis che Michael Arcieri abbiano preso in maniera molto seria ed appassionata la figura del nostro Trust e ci vogliano coinvolgere sempre di più nella vita quotidiana del club, capendo quanto la fidelizzazione con i tifosi e l’interazione costante con essi sia decisiva per avvicinare sempre più persone al mondo Pallacanestro Varese. In tempi non sospetti, quando abbiamo avuto modo di conoscerci e di parlare come trust con Scola, portandolo al palazzetto a dicembre, ci siamo accorti che lui fosse l’uomo giusto, nel posto giusto al momento giusto. Questo valorizzato dal fatto che Scola ha capito fin da subito l’importanza del nostro ruolo. Nonostante non ci conoscesse ci siamo trovati subito molto allineati su tutta la linea. Per noi come trust è un’opportunità enorme, già condivisa con lui, sia come ruoli che responsabilità. Avremo un ruolo molto più strategico che tattico per Pallacanestro Varese con due obiettivi: crescere nei numeri e alzare il valore delle risorse che riusciremo a generare. Questo sarà possibile se l’integrazione con la società sarà veramente compiuta. Verrà creato nei prossimi giorni un tavolo di lavoro congiunto dove il direttivo de Il Basket Siamo Noi si interfaccerà con le varie componenti societarie biancorosse, puntando in maniera molto forte sulla parte di Corporate Social Responsability”.

Concludendo parliamo delle attività prossime del Trust. La seconda tappa della Quartieri League è andata benissimo, ora che la stagione sta finendo, cosa dobbiamo attenderci?
“Innanzitutto parto proprio dalla seconda tappa di Quartieri League. Per noi è stato davvero bellissimo vedere la risposta dei ragazzi a questo progetto. Nonostante tra la prima e la seconda uscita siano passati diversi mesi, il riscontro avuto con i ragazzi è stato dei migliori. Un successo. Speriamo ora di poter organizzare anche la terza tappa, continuando a coinvolgere tanti giovani e portando non solo pallacanestro giocata ma anche azioni a livello sociale e di riqualificazione locale concrete. Tornando però al più stretto presente, l’attività prossima che abbiamo già messo in atto è un questionario che abbiamo costruito insieme a 4 ragazzi del nostro gruppo che fanno psicologia all’Università Cattolica. I target di riferimento principali sono due: i nostri soci da una parte e i giovani dall’altra. Un primo questionario per capire la soddisfazione del nostro gruppo, il secondo invece, importantissimo, che stiamo consegnando a tutte le scuole della città ed ai settori giovanili del territorio. L’obiettivo è quello di mappare dall’alto quello che fanno i ragazzi oggi e capire come attrarli con attività ed interventi concreti al mondo del basket e della realtà Pallacanestro Varese. Se vogliamo che ci sia un ricambio generazionale importante a livello di tifosi che seguono, si appassionano e vengono al palazzetto, bisogna andare a capire come incentivarli a fare questo e soprattutto come agire con azioni concrete per spingerli a scoprire il mondo biancorosso. Questi questionari sono solo il primo passo, fondamentale, per poter sviluppare un progetto simile che speriamo possa dare grandi frutti”.

Alessandro Burin


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