Mauro Borghetti, classe 1969, ha al suo attivo oltre 200 presenze con la maglia del Varese Calcio tra Serie C2 e C1 e 1 gol. Lo ricordi? “Secondo te? – attacca Borghetti nella Tribuna Stampa dello Stadio Franco Ossola poco prima del fischio d’inizio di Varese-Franciacorta di Coppa Italia -. Uno ne ho fatto, vuoi che me lo dimentichi? Stagione 2001-2002, la mia ultima con i biancorossi, Stadio Giglio di Reggio Emila (oggi Mapei Stadium, ndr) una micidiale conclusione dal limite che dopo essere stata toccata 2 o 3 volte si è insaccata in rete (sorride, ndr). Finì 3-2 per noi con reti di Fava e Rinaldini”.
Che Varese era?
“Era una squadra costruita su uno zoccolo duro di alcuni giocatori: io, Terni, Gorini, Bandirali, e poi tanti giovani che a rotazione il direttore Capozzucca portava a Varese da valorizzare. Una società perfetta per la categoria e una formazione ambiziosa il giusto per dare soddisfazioni ai tifosi. Eravamo una squadra fastidiosa, di quelle che non avresti mai voluto incontrare che ha anche sfiorato l’impresa arrivando a un passo dalla Serie B”.

Hai smesso di giocare nel 2007 e una settimana dopo la tua ultima partita eri già Responsabile del Settore Giovanile della Pro Sesto: “È stata un’occasione, una settimana prima avevo ancora la testa da calciatore, quella dopo ero già proiettato nel lavoro con i giovani. È stato quello che ho fatto per quasi quindici anni, prima nella Caratese e poi per dieci nel Novara”.
Con qualche parentesi in prima squadra…
“Per tre volte sono stato chiamato con i grandi: nella stagione 2013-2014 quella dei playout persi proprio col Varese di Pavoletti. Poi nella stagione 2018-19 per 10 giornate in Serie C con in panchina un’altra vecchia conoscenza biancorossa: mister Sannino e l’ultima esperienza è stata tre stagioni fa sempre in Serie C”.

Il lavoro con i giovani: una grande soddiafazione
“Sicuramente è appagante. È bello sapere di contribuire alla crescita dei ragazzi e non mi riferisco solo all’aspetto professionale ma anche a quello umano. Chiaro che l’obiettivo a Novara era quello di formare calciatori, facile citare Bruno Fernandes che ora gioca il Mondiale in Qatar o altri tipo Faragò, Vicari, Montipò, Dickman o Barbieri che sono arrivati in Serie A o in Serie B, la soddisfazione è stata anche quella di plasmare ragazzi che oggi possono fare del mondo del calcio la loro professione anche se pur a livelli un po’ più bassi”.

Ora di nuovo Folgore Caratese ma per lavorare con i grandi.
“In effetti è la prima volta che parto da inizio stagione come direttore sportivo di una prima squadra. La Serie D è una categoria strana, un dilettantismo rivolto più al professionismo quindi con una serie di difficoltà enormi. A Carate abbiamo voluto fare una squadra molto giovane con qualche vecchio a tirare il gruppo per poterci salvare a fine stagione con un budget molto al di sotto rispetto ad altre squadre”.

Domenica ci sarà Cartese-Varese sarai emozionato?
“La mia carriera si può sostanzialmente racchiudere in tre tappe: due da calciatore a Lecco e Varese e una da direttore al Novara. Varese è stata la tappa più importante della mia carriera ed è chiaro che tutte le volte che lo incrocio un pizzico di emozione c’è, anche se sono passati ormai diversi anni”.
Che partita sarà?
“Penso sia il peggior momento per incontrare il Varese, è una squadra che ha cambiato tre giocatori chiave che si sono subito inseriti bene e che domenica ha vinto di forza e volontà con la Caronnese. Un successo che carica molto e che renderà ancor più difficile la partita per noi”.
Dopo la vittoria del Varese e il passaggio in Coppa: “Perfetto, se prima erano carichi, ora sono euforici. Scherzi a parte, non è stata una bella partita, ma entrambe le squadre hanno fatto molto turnover. Sono felice per il passaggio del turno dei biancorossi, ma domenica sarà tutta un’altra storia. Vi aspetto a Carate Brianza”.

Michele Marocco

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