La forma fa spesso aggio sulla sostanza. Sabato allo “Speroni” più che mai. Sul piano sostanziale la visita del Presidente Domenico Citarella e del consigliere Carlo Alvino non ha detto granché. Una manciata di mezze notizie, alcuni temi evasi, qualche reticenza e numerosi vuoti di sceneggiatura. Insomma, nulla che possa fare veramente luce su uno dei passaggi di proprietà più metafisici della storia biancoblu. E non che la casistica ultracentenaria non abbia regalato altri precedenti di analoga opacità.

Sul piano formale, invece, ha detto parecchio. Attraverso due messaggi recapitati a piazza e controparte. Il primo scontato. Il Consorzio Sgai si sente (o è) il legittimo proprietario della Pro Patria. Il secondo più sottile (o implicito). Se Patrizia Testa vuole ricomporre la vicenda, la soluzione non sono le vie legali ma il dialogo. Su basi parallele a quelle del protocollo d’intesa scaduto il 31 gennaio la cui ottemperanza (o meno) è origine della melina attuale. Oltre che di una vertenza che (se giocata a colpi di carte bollate), rischia di restare in cartellone sino a primavera inoltrata. Impasse che nessuno (a partire dalla squadra), può davvero permettersi. Un dato. Sono trascorsi solo 73 giorni dalla conferenza stampa di presentazione del 25 novembre. Di fatto, l’altro ieri. Eppure, sembra passata una vita. Causa noie giudiziarie, ripensamenti e una salvezza (sul campo) sempre più complicata. Sgai vorrebbe tenersi il club, la Testa riprenderselo. Due posizioni (solo), apparentemente inconciliabili. Quindi? Follow the money! Come sempre. Dal Watergate in giù è sempre una questione di grano. A occhio e croce anche stavolta non si va molto lontano da lì.      

No Prina, no pari. Ci voleva questa Pro Patria dal pareggio facilissimo (12 su 24, 3 consecutivi in casa, 7 nelle ultime 10) per tornare a contabilizzare un risultato che contro il Lecco non si registrava da 14 gare. E allo “Speroni” addirittura da 26 anni (altro 1-1 il 25 febbraio 1996). Premessa. Nell’attuale emergenza (ed essendosi trovati sotto), il punto con i blucelesti va messo via senza tante menate. Anche a dispetto della superiorità numerica per 26’ più recupero. Sono altre le X su cui rosicchiarsi le unghie. A partire da quelle recentissime (e sempre in via Cà Bianca), con Piacenza e Trento.

Facciamo il classico conto della serva. Nelle ultime 14 partite i biancoblu hanno fatturato 12 punti (0.857 a uscita) con una sola vittoria, 9 pari e 4 sconfitte. Nelle prime 10 sempre 12 (1.2 a giornata), pur con gli stessi rovesci (4), ma con 3 successi ed altrettanti pareggi. Cioè? Banalmente, in teoria è stata trovata la quadra, in pratica qualcosa non quadra. O (se preferite), si stava meglio quando si stava peggio. Con una formazione meno solida, probabilmente meno cosciente della propria identità, ma più portata al rischio di un tutto o niente che, numeri alla mano, forse (però) rendeva anche di più. Siamo chiaramente al paradosso. Meglio (nello specifico), alla provocazione.

Perché Prina ha ragione a rivendicare crescita del gruppo e prestazioni. Elementi (in parte) soggettivi che andrebbero poi confortati dall’oggettività dei risultati. Da qui a fine febbraio i tigrotti affronteranno 5 gare: Virtus Verona (domenica ore 14.30, stadio “Gavagnin-Nocini”), Pro Sesto, SudTirol, Juventus U23 e Legnago. All’andata quegli stessi incroci produssero 11 punti con 3 vittorie e 2 pareggi. A tutti gli effetti, il miglior spicchio di stagione bustocca (anche se la sfida con la Juve era collocata alla 3^). La salvezza diretta è lontana solo 2 lunghezze. Ergo: “Dobbiamo cominciare a vincere qualche partita. Ma i risultati devono arrivare attraverso le prestazioni”. Imperativo/auspicio priniano nel post Lecco. Nulla da aggiungere. Se non che a questo punto del campionato, anche qualche risultato senza prestazione male non farebbe comunque. Anzi.                                                            

Giovanni Castiglioni    

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