Sono il padrone del mio destino, il capitano della mia anima“. Una delle frasi più belle ed iconiche sulla forza d’animo umana, sulla capacità di resilienza che l’uomo, anche in condizioni disperate, è capace di tirare fuori per rimanere attaccato con le unghie e con i denti a ciò che di più bello esista al mondo, ovvero la vita stessa.

Una frase, quella di Nelson Mandela, che si accosta benissimo alla storia e al nome di Costanza Brogioli. L’ex atleta della Busto Nuoto Sincronizzato che da pochi mesi ha appeso il famoso tappa naso al chiodo, è stata vittima di un bruttissimo incidente stradale ad Aruba, ai Caraibi, dove si trovava proprio per insegnare ai bambini di una società di nuoto sincronizzato.

L’incidente, l’operazione, i giorni, lunghissimi, passati in ospedale, il trasferimento in Italia con un volo speciale ed un’altra operazione che oggi le permettono di raccontarci questa storia, con il sorriso, come ha fatto per tutto questo tempo, mostrando una forza d’animo e una capacità di resistere alle difficoltà, di affrontarle e superarle fuori dal comune e la foto scelta non è a caso.

Costanza, intanto, come stai?
“Adesso sto molto meglio di prima. Sicuramente il dolore c’è e questo non me lo toglie nessuno, però già avere la consapevolezza che ho finito con le operazioni, che i medici hanno fatto tutto quello che dovevano, che devo solo aspettare il tempo che serve di normale degenza perchè il mio fisico si rimetta in sesto, mi fa stare sempre meglio. Ho i dolori post operazione, però riesco ad alzarmi, sono tornata ad essere autonoma, quindi un’altra vita rispetto a prima, è stato davvero un periodo duro. Le due operazioni che ho fatto sono state molto difficili, però non mi sarei mai aspettata dei tempi di recupero così rapidi. Di giorno in giorno mi sveglio e vedo miglioramenti netti e questo è un segnale molto buono”.

Mi racconti com’è avvenuto l’incidente?
“Volentieri. Avevo deciso a settembre di fare un’esperienza all’estero perché, con la vita d’atleta che ho fatto, non ho mai avuto molto tempo per viaggiare. Ho trovato questa possibilità di andare ai Caraibi, ad Aruba e fare sia un’esperienza di vita che lavorativa, continuando a seguire la mia passione e insegnando ai bambini di una società di nuoto sincronizzato della città. Dopo solo un mese sono rimasta vittima di questo brutto incidente in macchina: io non guidavo, ero passeggera, il ragazzo di fianco a me ha perso il controllo del veicolo e ci siamo schiantati contro un palo. Ci tengo a sottolineare che nessuno di noi due aveva bevuto o altro, come facile poi ipotizzare, sbagliando, in queste circostanze. L’incidente è stato parecchio grave, io ho avuto una perforazione dell’intestino ed un’emorragia interna. Mi sento una miracolata ad essere ancora viva perché l’ambulanza è arrivata solo dopo un’ora emmezza. Sono stata operata d’urgenza all’intestino, durante la quale me ne hanno asportato un pezzo”.

Com’è stato il risveglio post operazione?
“Non semplice. Dopo l’operazione sono stata messa in coma farmacologico per qualche giorno. Quando mi sono svegliata sono stata raggiunta da mia madre che dall’altra parte del mondo è arrivata a raggiungermi con tutte le preoccupazioni del caso. Nei primi quindici giorni post operazione io continuavo a sentire un forte dolore alla schiena, ma i medici mi rassicuravano spiegandomi come fosse un nomrale sviluppo del trauma post incidente. Intanto, dopo che l’operazione all’intestino era andata bene, hanno sbagliato nelle cure post operazione e ho iniziato a stare davvero male, non riuscendo a mangiare più nulla e continuando a vomitare. E’ stato un periodo bruttissimo. Superato questo, mi hanno dunque fatto fare la normale riabilitazione, alzandomi, facendo cyclette, insomma, muovendomi normalmente. Più passava il tempo, però, e più il dolore aumentava e io, conoscendo bene il mio corpo, sapevo che non era solo frutto del trauma post incidente. Così, vedendo che il dolore non passava, mi hanno fatto una lastra di controllo e hanno scoperto che avevo due vertebre rotte, un’ernia del disco e tutti i legamenti della schiena distrutti. I medici mi hanno detto che sono stata salvata dal mio fisico perché, in una situazione del genere, il rischio paralisi era elevatissimo, esponenzialmente aumentato dalla riabilitazione che mi hanno fatto fare e di cui parlavo prima”.

Come hai reagito a questa notizia?
“E’ stato devastante per me. Il mese successivo è stato davvero bruttissimo. Ovviamente, avevo bisogno di un intervento alla schiena per sistemare tutto ma visti i precedenti di quella all’intestino, io non volevo che mi operassero lì ma volevo tornare in Italia. Per tornare qui in quelle condizioni, non potevo fare un volo normale, anche perché dopo l’operazione all’intestino avevo bisogno di un periodo di degenza prima di partire. Nelle tre settimane successive alla notizia sulle condizioni della mia schiena, ho fatto ogni giorno immobile a letto con la paura di rimanere paralizzata. Ho fatto tutto questo periodo senza voler prendere antidolorifici nonostante il dolore lancinante, perché volevo essere cosciente che il mio corpo reagisse ancora a tutti gli stimoli. Fortunatamente poi, è arrivato un medico dall’Italia che, insieme alla mia famiglia, mi ha riportato a casa”.

Immagino non sia stato un viaggio semplice..
“Assolutamente no. Anche perché, nel primo volo sono riuscita a sdraiarmi, mentre negli altri sono rimasta seduta sul sedile normale. Quindi anche lì la paura e il dolore nemmeno da raccontare. Sono poi arrivata a Milano, dall’aeroporto sono stata trasportata in ospedale e lì ho avuto il primo vero crollo dopo più di un mese. Vedere l’insegna con su scritto il nome dell’ospedale è stato come sentirmi quasi sollevata di un enorme peso e sono crollata, tirando fuori tutto lo stress accumulato. Quando ero ad Aruba non ho mai versato una lacrima, non ho mai pensato a cosa mi fosse successo ma ho sempre cercato solo di dare seguito al miracolo che mi aveva salvata”.

Com’è andata l’operazione alla schiena?
“Molto bene. Non nego sia stata davvero impegnativa, ha previsto la stabilizzazione di 4 vertebre, mi hanno innestato l’osso di un donatore su queste 4 vertebre e per i prossimi 3 mesi il mio movimento sarà limitato e non acquisterò più la mobilità di prima. Ovviamente mi hanno sistemato anche tutti i problemi a livello di ernia del disco e di legamenti. I dolori adesso piano piano stanno svanendo e a livello mentale aver superato questa operazione mi ha aiutato tantissimo. Ho solo voglia di ripartire”.

Sui social ho visto che la prima cosa che hai scritto post prima operazione è stata “Grazie a Dio sono salva”. Il tuo primo pensiero è stato quello di aver ricevuto un miracolo?
“Sì. Il primo pensiero l’ho fatto tre giorni dopo la prima operazione, perché prima sono stata mandata in coma farmacologico, come spiegavo sopra. Non ho dubbi nel dire di essere salva per miracolo. Non volevo dare preoccupazioni a nessuno, immaginavo come potessero stare i miei genitori ma ero grata di essere ancora viva e di continuare con la mia storia”.

E’ impressionante la forza d’animo che trasmetti con le tue parole e con la quale hai superato tutto, soprattutto il mese ad Aruba. Guardandoti indietro, oggi, pensavi di avere tanta forza in corpo?
“Sicuramente non lo pensavo e non mi aspettavo di poter affronatre tutto in questa maniera. Penso però che non avevo altro modo per reagire e probabilmente non mi rendo ancora conto oggi di quello che ho passato. E’ fisiologico porsi la domanda: “riuscirò a superare tutto questo”, quando magari si ha davanti una persona che soffre e reagisce. Quando però poi capita a te e ti trovi a fare i conti con tutto questo, scopri una forza che non avresti mai pensato di avere e che poi è quella che ti salva e che mi ha salvata. Mi rendo conto che ho avuto tanto forza ma dall’altra parte, questo incidente mi ha fatta capire che basta davvero un attimo per cambiare tutto nella nostra vita. Io ho sempre avuto tanta voglia di spaccare il mondo, di superare tutte le difficoltà, mi sentivo spesso invincibile ed invece mi sono resa conto di quanto io non sia minimamente né invincibile né onnipotente. I ragazzi oggi si sentono un po’ così, hanno questa convinzione sbagliata di poter dominare il mondo. E’ giusto ambire a tanto e fare tanto, ma è altrettanto corretto rendersi conto che non siamo gli unici ad avere in mano il nostro destino e quindi bisogna apprezzare tutto quello che ci si pone davanti, perché non è solo frutto del nostro impegno, ma anche di altro”.

Sei pronta, dopo quello che è successo, a salire in macchina con altre persone? Hai un po’ di retropensiero?
“L’ho fatto con i miei genitori per spostarmi per visite e cose varie in questo periodo, però sì, i pensieri ti vengono. Sicuramente però non mi viene da pensare di non salire più con nessuno. Finora sono sempre andata solo con mio padre che è la persona di cui mi fido più al mondo, questo sicuramente mi ha aiutato a superare un po’ il blocco del momento, però è chiaro che d’ora in poi starò sempre più attenta sia quando guiderò io che quando qualcuno dovrà riportarmi a casa, ma mi muoverò anche con altre persone”.

Ho saputo che una delle prime cose che vorrai fare appena starai bene è tornare ad Aruba e riprendere il percorso che avevi iniziato. E’ vero?
“Sì, verissimo. Io non voglio che questo spiacevole incidente mi blocchi o mi tolga la voglia di vivere. Mi piace prendermi le responsabilità di tutto quello che mi succede. Se io oggi mi trovo in questa situazione è, tra molte virgolette, solo colpa mia e di nessun altro. Non mi sono cercata nulla, però mi prendo la responabilità della cosa. Non voglio limitarmi. Quando ho scelto di partire per l’esperienza ad Aruba l’ho fatto perché avevo voglia di ampliare il mio bagaglio di esperienze. Volevo migliorarmi come persona e sapevo che facendo questo viaggio ci sarei riuscita. Volevo scoprire qualcosa di nuovo e non voglio che questo incidente mi tolga la possibilità di imparare quanto questa eseprienza mi stava insegnando. Se ho la possibilità di tornare a vivere, voglio farlo tornando dove avevo scelto di stare. Grazie al cielo io sono qua e ho la possibilità di riprendere il filo dove si era interrotto”.

Quanto pensi che lo sport e il nuoto ti abbiano salvato la vita, per tutto quello che hai raccontato?
“Tantissimo. Non posso nemmeno immaginare come sarebbe potuta andare se non fossi stata la Costanza di oggi, nata, cresciuta e formata nello sport e nel Nuoto Sincronizzato. La forza di alzarsi tutte le mattine, di affrontare ogni pericolo e problema con il sorriso, di fronteggiare le paure viso a viso con la voglia di superarle è tutto possibile sicuramente grazie allo sport. E’ anche vero però che questo incidente mi ha messo davanti una nuova sfida, perché io sono sempre stata abituata a far leva sul mio corpo mentre questa volta la battaglia, la gara, l’ho dovuta vincere con la testa, con la forza mentale, che non pensavo di avere e che ho scoperto di avere”.

Siamo sotto Natale e in altre circostanze ti avrei chiesto un dono che ti sarebbe piaciuto ricevere, penso però che il più importante tu lo abbia già avuto..
“Assolutamente sì. Un altro dono però sono i miei genitori, ai quali devo tutto, ai quali chiedo scusa per tutte le preoccupazioni arrecatogli in questo periodo, ai quali devo la vita perché senza di loro non sarei mai riuscita a superare tutto quanto”.

Alessandro Burin

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