Parliamoci chiaro: ci sono attaccanti e attaccanti. Quelli che non segnano proprio mai, quelli che sembrano timidi e ad un certo punto si sbloccano, quelli che diventano recordman di gol con una singola squadra, quelli che segnano in qualsiasi club… Ecco, fermiamoci qui, perché a questo punto è il caso di parlare di Dino Fava Passaro: una punta che continua a gonfiare le reti senza volerne sapere di smettere. Un calciatore capace di sfidare il tempo, garantendo costantemente risultati importanti per sé stesso e per le società, frutto di un grande lavoro fisico e mentale.

I tifosi del Varese lo ricordano bene, con quella fascetta per capelli a solcare la fronte ampia e quei gol che trascinarono i biancorossi ad un decimo ed un sesto posto in C1 tra il 2000 e il 2002. Era la squadra di Mario Beretta, che univa qualità e sacrificio ed entrava nel cuore dei supporters all’inseguimento di una Serie B che all’epoca mancava da una quindicina d’anni.

Quando Dino Fava si trasferì al Varese, il suo viaggio durò circa mezz’ora, giusto il tempo che serviva per arrivare da Busto Arsizio. Già, perché l’attaccante nato a Formia nel 1977, riuscì a mettersi in mostra proprio tra le fila dei tigrotti, in quella che fu la sua stagione di lancio. Originario di Sessa Aurunca, il giovane Dino iniziò proprio nella squadra locale, la Sessana, prima di passare dallo Scauri Minturno e dal Formia. Nel suo paese natale fece la spola tra la juniores e la prima squadra, arrivando a totalizzare 19 presenze e 3 reti e generando vari interessamenti. Il suo nome iniziò a circolare sul taccuino dei direttori sportivi delle grandi squadre, fino a quando il Napoli riuscì ad assicurarsi le sue prestazioni nel 1996. Dopo un’annata trascorsa nella formazione Primavera, la dirigenza partenopea scelse di girarlo in prestito all’Acireale, concedendogli così la chance di emergere tra i professionisti. All’epoca quella granata, oltre ad essere una presenza costante della Serie C, era una delle piazze più calde della categoria: insomma, lo scenario perfetto per spiccare il volo. L’esperienza siciliana si rivelò per Fava decisamente difficile: le presenze furono tante, ben 25, ma nessuna traccia di reti messe a referto. Nell’estate del ’98 tornò a Napoli, rimanendo fuori per tutto il resto della stagione successiva, fino all’inevitabile cessione avvenuta l’anno dopo.

A puntare su di lui fu la Pro Patria di Mario Belluzzo (altra gradita conoscenza del Varese), curiosa di scoprire le qualità ancora nascoste di quel giovane attaccante con grande voglia di rivalsa. Fava ripagò le aspettative con 12 marcature in 31 presenze nel campionato di Serie C2 1999-2000, abbastanza per convincere il Varese a puntare su di lui. All’ombra del Sacro Monte trovò altri volti noti alla Serie A come Stefano Sorrentino e Federico Balzaretti, diventando subito un riferimento per Mario Beretta, chiamato a sostituire il partente Giorgio Roselli (oggi allenatore del Ligorna). Fu capocannoniere della squadra entrambe le stagioni: la prima a quota 6, a pari merito con il suo collega di reparto Davide Saverino, la seconda addirittura 16, risultando sempre il giocatore più utilizzato.

Grazie a questo invidiabile biglietto da visita, si aprirono per Fava le porte della Serie B. La Triestina non si lasciò sfuggire quell’attaccante tanto stacanovista quanto efficace sotto porta, venendone ripagata a suon di gol. A fine stagione furono 22, suo record personale tra i professionisti, ma non bastarono per garantire i playoff agli alabardati, sfuggiti per soli tre punti. A quel punto, l’ultimo step chiamato Serie A è solamente da compiersi e lo farà tra le fila dell’Udinese. La concorrenza tra i bianconeri è folta, dovendo farsi largo tra giocatori del calibro di Iaquinta, Di Natale e Di Michele, ma fu comunque in grado di ritagliarsi momenti importanti, come il primo ed unico gol in Coppa Uefa contro il Salisburgo e il quarto posto che valse la Champions League nel 2005.

Terminata l’esperienza friulana, per Dino Fava si aprì un nuovo ciclo, nel quale cominciò a ridiscendere le categorie del calcio italiano ma continuando a lasciare il segno. Come nella stagione 2007-2008 al Bologna, quando non fu in grado di mettere a segno nessuna rete per tutto l’arco della stagione, salvo poi siglare le sue uniche due marcature proprio in quegli scontri finali (Messina e Mantova) che garantirono ai rossoblu il ritorno nella massima serie. Un calciatore che ha sempre saputo farsi apprezzare per l’impegno e la costanza tanto tra i professionisti quanto tra i dilettanti. Treviso, Salernitana, Paganese e Terracina furono le ultime principali tappe prima di riapprodare a 37 anni come un figliol prodigo nella sua Sessana, campionato di Eccellenza campana.

Preludio all’epilogo della sua carriera? Nemmeno per idea, anzi fu l’inizio di una nuova fase. L’Eccellenza diventerà la sua terra di conquista, trasformando in oro tutto ciò che passa per i suoi piedi e divenendo un vero e proprio talismano della categoria. Dal 2017 al 2020 vincerà ininterrottamente il campionato con ben quattro squadre diverse, ovvero Portici, Savoia, Giugliano e Vis Afragolese. Il passaggio alla Maddalonese rompe l’incantesimo, ma non la voglia di continuare a giocare e regalare emozioni. Al cuor non si comanda, e infatti la nuova sfida si chiama… Sessana, atto terzo, ma questa volta nel campionato di Promozione.

Dino Fava Passaro ha compiuto 45 anni lo scorso 16 marzo, eppure non si direbbe. Lo spirito, la volontà, l’amore che quest’uomo applica per questo sport ci riporta alle sue origini, ricordandoci che, dopo tutto, questo è un gioco. Al di là dei guadagni economici, della carriera, delle esperienze, si tratta comunque di una passione, un divertimento. La storia di Fava ci dimostra che l’età è solo un numero, che possiamo dimostrare di essere all’altezza della situazione aldilà della gioventù o della vecchiaia, oltre le semplici etichette che troppo facilmente appiccichiamo o ci vengono appiccicate. Tutto ciò che vogliamo essere, dipende da noi. Dino Fava, almeno per il momento, ha scelto di essere eterno.

Dario Primerano

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