Mamma a tempo pieno? Sì. Impiegata a tempo pieno? Sì. Giocatrice a tempo pieno? Sì. Francesca Vaccaro è tutto questo, e molto di più. Tra mille impegni e sacrifici, la classe ’82 è una colonna portante del Città di Varese femminile, oltre a condurre una vita pienissima e ricca di soddisfazioni: un lavoro gratificante a Milano, una famiglia felice e l’immancabile gioia di assaporare ogni piccolo momento.
“Il segreto è non dormire mai – scherza una sorridente Vaccaro –. Faccio tre allenamenti alla settimana, così come i miei figli (Federico, 14 anni, gioca nell’Under15 biancorossa mentre Mattia, 11 anni, è al Ceresium Bisustum, ndr) e la domenica gioco; è impegnativo, lo riconosco, e l’aiuto di mio marito o delle nonne è fondamentale, ma se una cosa ti piace credo che un modo per farla si troverà sempre. Amo la mia famiglia, amo il calcio e amo il mio lavoro: conciliare tutto quanto è semplice”.
La tua è, concedimelo, una carriera calcistica “strana”: la riviviamo?
“Diciamo che quando ero adolescente il calcio femminile non era visto come lo è adesso, per cui ho iniziato a giocare molto tardi, nel 2015, al Ceresium Bisustum. Credo fosse destino, visto che mio fratello, più grande di un anno, ha cominciato proprio lì vincendo un campionato per poi passare al Varese e i miei figli facevano entrambi parte delle giovanili rossoblù. Portandoli all’allenamento, un giorno, ho scoperto che Claudio Vincenzi e un altro dirigente avevano avviato il progetto femminile al Ceresium: un ragazzo, conoscendo la mia passione, mi ha chiesto se volessi provare e da lì è iniziata una splendida avventura. Per quanto mia madre non fosse così propensa nel lanciarmi nel mondo del calcio da ragazzina, oggi è la mia fan numero uno”.
Domanda retorica: da dove nasce la passione per il calcio?
“Sono cresciuta con un fratello e solo cugini maschi: non ero molto portata per giocare con le bambole e mi univo sempre a loro nel rincorrere quel pallone. La passione c’è sempre stata e non l’ho mai persa, anche perché di fatto i miei figli finivano per giocare a calcio di più con me che non con papà o lo zio”.
Inizi al Ceresium otto anni fa e poi… non hai più smesso.
“Direi propri di no! In quella squadra si è subito creato un bel clima, ci siamo piaciute a vicenda e abbiamo vinto il campionato conquistando la Serie C. Giocarla è stata un’esperienza unica e mi ha fatto capire una volta di più quanto amassi questo sport. Poi è arrivata la proposta di giocare per la squadra della mia città e nessuno può lasciarsi sfuggire un’occasione del genere: sono orgogliosa di rappresentare il Città di Varese. La scorsa stagione è servita per amalgamarci, anche se molte già si conoscevano, sia come gruppo sia con il mister: è stato un anno bellissimo, per quanto sfortunato dal punto di vista degli infortuni, ma siamo sempre andate avanti a testa alta e ora stiamo raccogliendo i frutti di quel percorso. Non potrei essere più contenta e soddisfatta di così”.
Il primissimo approccio nello spogliatoio com’è stato?
“È andato molto meglio del previsto perché, per mia natura, non ho mai avuto problemi a socializzare e ho trovato un gruppo di ragazze davvero unico che ha subito fatto squadra. Forse è stato più difficile a livello fisico: prima di partorire giocavo a pallavolo e, per quanto mi sia poi sempre tenuta in forma in palestra, i ritmi calcistici sono di gran lunga più elevati. Fisicamente ora sto alla grande, ogni squadra in cui ho giocato non mi ha mai fatto mancare nulla e quindi va tutto per il meglio. Mi sento un po’ mamma dello spogliatoio? Sì, perché sono fatta così e, banalmente, se c’è bisogno di una medicina tutti sanno che io ce l’ho. Fa piacere, poi, vedere soprattutto le più giovani confidarsi con me”.
Com’è lavorare con mister Bottarelli? Un tecnico, tra l’altro, più giovane di te (classe ’89, ndr).
“Prima di tutto c’è un rapporto di profondo rispetto, forse all’inizio ancor più da parte sua. Mister Bottarelli ha subito giocato una carta vincente: conoscerci una ad una conquistandosi la nostra fiducia. Il rapporto e l’affetto sono arrivati naturalmente e l’anno travagliato vissuto tutti insieme non ha fatto che consolidarci. A livello sportivo, poi, è davvero preparatissimo: ci scontriamo, ovviamente in maniera pacifica e costruttiva, ma sa come farsi rispettare, come farci rendere al massimo e come rendere ogni allenamento divertente e imperdibile. Personalmente non ne ho mai saltato uno e lo stesso vale per le mie compagne: qualunque sia il tempo siamo tutte presenti e, addirittura, le infortunate vengono comunque al campo per starci vicine”.
Qual è stato il momento più emozionate da quando sei a Varese?
“Sicuramente l’esordio al Franco Ossola. Ognuna di noi sapeva di essersi conquistata quel momento, ma quasi non ci sembrava vero di essere in quegli spogliatoi. Ti aggiungo però un’altra partita, visto che noi soffriamo moltissimo, sia in positivo sia in negativo, il Lecco: quando le affrontiamo iniziamo a stare male il giorno prima (ride, ndr). In realtà ci soffrono anche loro e aver pareggiato 1-1 lo scorso 30 ottobre è stata per noi quasi una vittoria. Dove possiamo arrivare? Non mi aspettavo di partire così forte in una categoria difficile come l’Eccellenza, di solito noi siamo un diesel, ma se continueremo di questo passo potremo stare tranquillamente a metà classifica. Per essere il primo anno non è male; poi, dalle prossime stagioni, si potrà alzare l’asticella”.
Apriamo la parentesi della figura femminile nel mondo del calcio: qual è la tua opinione in merito?
“Oggi è senz’altro più facile parlarne nonostante, a volte, sembra quasi una moda. Tante ragazze vogliono iniziare perché va di moda senza rendersi conto dei sacrifici che ci stanno dietro, del fatto di non potersi magari mettere la gonna tutto l’anno. Da donna fa comunque piacere vedere i passi avanti che il calcio femminile sta facendo, per quanto ci sia ancora tanta differenza dal mondo maschile e non si arriverà mai sullo stesso livello. Non a caso, lo vedo con i miei figli, quando ci sono delle bambine in squadra alcuni sono ancora stupiti, per quanto siano proprio loro ad essere le più incitate. Certo è che oggi (sorride, ndr) se una bambina dice di voler giocare a calcio la madre non si strappa i capelli”.
Passi in avanti anche per quanto riguarda la tutela della donna a livello sportivo?
“Una conquista assoluta. In Serie A le ragazze diventano professioniste e questo consente loro di affrontare la vita sportiva in maniera diversa: in passato una donna non avrebbe avuto alcun diritto se avesse voluto avere un figlio. Oggi, invece, può magari stare ferma due anni e ricominciare. Livelli diversi, per carità, ma io ho partorito due volte e sono ancora sul campo: fisicamente si può fare tutto, se si è tutelate ancor meglio”.
Inevitabile chiederti: fin quando andrai avanti?
“Ogni anno dico che è l’ultimo (ride ancora, ndr), ma ormai non ci crede più nessuno. Ero convinta che avrei sofferto la categoria giocando contro ragazze di vent’anni, ma i tre allenamenti settimanali fanno tanto e fisicamente sto alla grande. Non posso dare una risposta: lascio una porta aperta, consapevole che sarò io stessa la prima a dire basta nel momento in cui mi accorgerò di non poter dare altro. Al momento non è così: quando gioco sono semplicemente io, Francesca, non sono né una mamma né un’impiegata, ma una fiera calciatrice del Città di Varese”.
Complice una Prima Squadra maschile che non sta rendendo al meglio, voi siete particolarmente amate sui social: come vi sentite a tal proposito?
“La premessa da fare è che la nostra squadra non è ovviamente sentita come quella maschile a Varese, ma sicuramente i tifosi e gli spettatori che vengono a vederci si divertono. Anzi, ci piacerebbe avere più seguito, come successo quando c’è stata parecchia pubblicità per le nostre partite allo stadio o al Peppino Prisco di Arcisate. Di sicuro, comunque, anche noi rappresentiamo la Città di Varese e, per quanto nessuna di noi dia troppo peso a ciò che avviene sui social, ci fa piacere riscuotere così tanti consensi”.
Chiudiamo dunque con la classica domanda di rito: qual è l’obiettivo di Francesca Vaccaro?
“Non ti dico il gol perché tanto quello me lo chiedono tutti! L’anno scorso ci sono riuscita; quest’anno in Eccellenza sarà più difficile. Giocando da difensore centrale la mia vittoria è non far segnare le avversarie: se dovesse arrivare il gol tanto di guadagnato, ma io sarò sempre soddisfatta uscendo dal campo insieme alle mie compagne con la consapevolezza di aver dato il massimo giocando bene e, soprattutto, di esserci divertite come delle pazze”.
Matteo Carraro
foto Città di Varese