Il basket per passione, nella vita e come lavoro. Il basket sempre al centro, con il cuore diviso tra Pallacanestro Varese e Legnano Knights, due realtà che per motivi diversi sono l’essenza di questa passione viscerale per la palla a spicchi. Viaggi in Europa e nell’Italia del basket in lungo e in largo, sacrifici e sforzi per questo sport.

Queste poche righe riassumono alcuni tratti di chi sia Carlo Ferrario, ragazzo dell’89, partito dal basso ed arrivato a costruirsi una propria figura di spicco nel mondo della palla a spicchi come inviato di Sportitalia che oggi, tornato alla base in casa Knights, ci racconta il suo viaggio, con ancora tante stazioni in cui scendere e tappe da scoprire.

Come spesso capita in queste chiacchierate partiamo dall’inizio, come nasce la tua passione per la pallacanestro?
“Nasce dopo quella per il calcio. Nasco calciatore ed appassionato di calcio. Io sono sempre stato uno molto attento ai dettagli. Da quando sono nato ho tutti gli almanacchi e mi piaceva tantissimo andare a scoprire i piccoli particolari dei giocatori come tutte le scarpe che indossavano. Poi qualche anno più tardi scopro la NBA e la Pallacanestro Varese. Mi innamoro di Alfonso Ford, un giocatore pazzesco per cui ho pianto al suo addio. Dalla teoria alla pratica, come si suol dire, gioco sia a calcio che a basket e tra i due scelgo il secondo come sport primario. Pian piano cresce la mia passione per tanti lati della Pallacanestro, arrivando al culmine del mio amore cestistico, ovvero l’Eurolega. Una realtà dove ogni partita è una gara di playoff e tutti vogliono vincere. Talmente tanta passione che inizio a scrivere di basket, con Daily Basket testata di cui oggi sono socio e caporedattore e Basket Magazine”.

Due realtà che ti permettono di coronare il tuo sogno: vivere dal posto una Final Four
“Esatto, presenzio da inviato a quella di Madrid nel 2015, con il Real di Nocioni, Llul e Rudy Fernandez che vince. Un’emozione indescrivibile per me madrileno e madridista nel calcio, anche se il mio grande amore è il Milan sia chiaro. In quell’occasione ho anche la fortuna di rivedere Bryant Dunston e dirgli che mi manca dopo l’anno degli Indimenticabili, insomma un’esperienza unica. Con in mano l’accredito per andare a Berlino 2016, tramite una richiesta di stage con l’Università arriva l’opportunità Sportitalia e lì cambia tutto”.

Mi racconti questa bellissima esperienza che hai fatto?
“Certo. Innanzitutto ancora oggi devo dire grazie alla persona che mi ha scelto e voluto più di tutti a Sportitalia, ovvero Matteo Gandini. Il 3 maggio del 2016, il giorno del mio compleanno, entro a far parte di questa realtà, un bel regalino (ride, ndr). Vado a Berlino, faccio la Final Four e dopo un paio di giorni inizio a lavorare per Sportitalia. Inizio il mio stage, cerco di fare di tutto sul basket e vengo notato dal direttore Criscitiello che mi mette davanti alla telecamera. Mi si apre un mondo, scopro di essere portato per stare in tv e da lì inizia la mia bellissima avventura da inviato, soprattutto in A2. Sono stati 4 anni bellissimi, rifarei tutto ma probabilmente avrei tenuto più botta e magari adesso avrei trovato una collocazione in altre realtà che sono in ascesa, ma mai dire mai”.

Cosa hai costruito in campo e fuori a livello di rapporti nell’esperienza a Sportitalia?
“Guarda questo, secondo me, è un argomento molto attuale. Tutt’ora mi sento spesso con tanti ex colleghi che magari sono ancora dentro il mondo della TV e loro sono per me una ricchezza inestimabile. Persone conosciute in varie parti d’Italia, giganti, ognuno dei quali mi ha lasciato qualcosa di unico. Poter far diventare la tua passione un lavoro e condividerla con qualcuno che diventa altrettanto importante è qualcosa penso di straordinario”.

La partita che ti ha più emozionato come inviato in quei 4 anni?
“Una delle emozioni più grandi è stata la salvezza di Legnano, anche se io ero in un altro campo. In A2 non tifavo nessuna squadra ma l’anno della salvezza dei Knights quella fu un’emozione unica. Poi c’è stato un momento che in A2 sono arrivati Carlos Delfino alla Fortitudo, David Logan e Sasha Vujacic a Verona e ti dico che beh, seguire quei campioni così da vicino è stata un’emozione fortissima. Logan poi penso fosse qualcosa di assolutamente illegale a quel tempo a quei livelli. Poi altri due momenti indelebili li ho vissuti al PalaDozza, quando ho intervistato il papà di Marco Simoncelli e Marco Belinelli, allora ancora ai Philadelphia Seventy Sixers. Dall’intervista con il papà di Simoncelli ho imparato a dosare quel misto di curiosità e rispetto, con quest’ultimo che quella volta ha superato di gran lunga il primo”.

I tuoi grandi amori, Pallacanestro Varese e Legnano, perché?
“La Pallacanestro Varese arriva quando ero alle elementari. Legnano invece arriva alle superiori, quando faccio una selezione e vengo preso. Sono legatissimo a Legnano e sono molto contento di esserci, anche perché ai tempi i problemi con la mia società di appartenenza, Lonate Pozzolo, non mi hanno permesso di vivere il mondo Knights appieno. Ci sono tornato prima come corrispondente e poi dall’anno della C Gold sono entrato operativamente in società, come dirigente e telecronista. L’amore per Legnano è arrivato però dopo quello per la Pallacanestro Varese, nato in un derby con Cantù passato sotto la curva e spero un giorno, per chiudere il cerchio, di passare per Pallacanestro Varese, non so con quale ruolo ma mi piacerebbe tanto”.

Rimanendo a Legnano, ti va di raccontarmi come hai vissuto la delicatissima vicenda legata a Seba Bianchi?
“Io non posso definirmi amico di Seba. Quando lui ha giocato in A2 a Legnano, io lavoravo e non potevo viverlo da vicino. Ho parlato con persone molto vicine a lui e mi hanno parlato di un giocatore che, fin quando non ha iniziato ad accusare dei problemi, era il più forte del campionato senza ombra di dubbio. Io ho avuto molta paura per Seba quest’anno. Credo che farsi aiutare sia forse la cosa più difficile non per lui ma per tutto il genere umano. Ho vissuto la sua vicenda con preoccupazione e tristezza ma nella mattinata in cui è arrivata quella notizia falsa e gonfiata poi smentita, pian pianino la speranza che lui ci fosse ancora è cresciuta sempre più. Devo dire che, non perché io sia dirigente, telecronista ed il mio cuore sia biancorosso legnanese, è stata gestita benissimo dalla società e sono orgoglioso di loro, tutti, dal primo all’ultimo. Soprattutto per la capacità di veicolare le notizie in una certa maniera. Quando ci siamo trovati la sera del suo ritorno a casa è stato un incontro bellissimo. E’ tornato come una persona a cui vuoi molto bene e che vuoi con te. Poi la situazione non è andata come ci si augurava e si è deciso di prendere due strade diverse, per il nostro e per il suo bene. La cosa che più gli auguro è di incontrare persone che lo capiscano e lo aiutino davvero. Tutti noi abbiamo fragilità, chi magari più forti e in quei casi vanno gestite con maggiore cura. Mi auguro di tornare a vederlo dominante, anche se ora è a San Giorgio con cui abbiamo una forte rivalità”.

Parliamo di campo. Legnano quest’anno ha iniziato un progetto triennale di rilancio su scala Nazionale. A che punto siamo con il lavoro?
“Ad oggi c’è ambizione ma si vola basso per non dimenticare l’idea del progetto. Si cerca di fare dei passi in avanti stando attenti a non farne mai indietro. Ci sono persone che lavorano tanto e bene e la posizione di classifica ci porta a pensare che si possa ambire a qualcosa di più. Secondo me dove siamo ora in classifica rispecchia buona parte dei valori che abbiamo fatto vedere ma si può fare qualcosa di più. In questo rientra l’integrare al meglio Giovanni Fattori e continuare ad amalgamare il gruppo in una crescita costante, in campo e fuori. Dobbiamo cercare di far crescere pari passo lo sviluppo sul parquet con quello in società. Penso che l’ambiente Knights sia perfetto per questo e sono felicissimo che ci siamo persone come il presidente Tajana, Maurizio Basilico e Antonio Fagotti che gestiscano il tutto, con il supporto di Massimiliano Giudici”.

Nel tuo viaggio cestistico abbiamo parlato delle amicizie createsi, ma tu ne porti un nel cuore in particolare, quella con Alberto Mazzetti, oggi coach di Busto Arsizio ma che in estate è stato vicinissimo a Legnano
“Sarei stato felicissimo di averlo con noi e vivere le emozioni di quest’annata con lui. Alberto è una persona tutt’altro che banale, molto intelligente, profonda e mi ha dato consigli molto importanti per la vita. Ha preso la sua decisione e mi fido del suo intuito. Ripeto, mi sarebbe piaciuto essere dalla stessa parte ma spero che la fiducia accordatagli possa essere ripagata da lui con un’esperienza che lo aiuti a crescere. Ci siamo trovati ad un passo dal vivere qualcosa di bello insieme ed è giusto rispettare la scelta che ha fatto, come sono sicuro lui avrebbe fato se i ruoli fossero stati all’opposto. Il rapporto va al di là dei colori che vesti e mi auguro un giorno di poter lavorare realmente assieme”.

Ultima tappa di questo nostro viaggio la tua avventura oggi a Espansione TV, me la racconti?
“Non ho mai mollato la trasmissione di eventi sportivi, sono tornato però nella vera TV, anche se non in ambito Nazionale, ma in una realtà lombarda importante, che ad oggi è al canale 14 in HD. La trasmissione si chiama il Barbiere, per richiamare proprio al clima di quando si va al barbiere a tagliarsi i capelli parlando di calcio senza troppo peso, dalla serie B alla Champions League, con professionalità però. Un’avventura molto stimolante e bella, lavoro con persone capaci, in una realtà seria che fa della cronaca la sua forza. Stiamo lavorando per fare una trasmissione sempre più di qualità, che poi è ciò che fa la differenza”.

Alessandro Burin

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