Prima o poi doveva succedere e a Pesaro è avvenuto. La Pallacanestro Varese subisce la prima vera sconfitta dell’anno in casa della Carpegna Prosciutto per 101-93, vedendo la strada verso le Final Eight di Coppa Italia iniziare a farsi in salita, anche se l’obiettivo rimane più che a portata di mano.

Penserete che chi scrive sia pazzo o poco informato, perché prima di Pesaro i biancorossi avevano già perso altre 3 gare contro Brescia, Trento e Virtus Bologna ma allora perché alla Vitrifrigo Arena si sarebbe consumata la prima vera sconfitta stagionale per la Openjobemtis? I motivi siamo pronti a spiegarli.

Contro i marchigiani si sono evidenziati tutti i limiti di questa squadra: strutturali, perché senza Justin Reyes manca clamorosamente non solo un uomo a livello numerico nelle rotazioni, quanto uno a livello d’impatto in area, capace di scardinare la lotta sotto le plance con la sua atipicità di falso lungo e la sua versatilità in campo. Ideologici, perché la scelta di giocare a segnare un punto in più degli avversari, subendone per la seconda volta consecutiva più di 100 non paga i dividendi sperati, tattici, perché i continui cambi sistematici difensivi, che fin ora avevano portato intensità, aggressività e non avevano dato punti di riferimento agli avversari, a Pesaro si trasformano in spada di damocle, con la Carpegna Prosciutto brava a banchettare suo continui miss match offerti dalla Pallacanestro Varese.

La prima versa sconfitta in stagione perché, come accaduto contro la Virtus Bologna, ma ripetiamo, contro le V nere e quindi anche più che giustificabile, i biancorossi a Pesaro arrivano a toccare un preoccupante picco di down fino a -18, nel secondo quarto, che pregiudica tutto il match, contro un avversario più che alla portata dei biancorossi. Una sconfitta che passa pesantemente dall’assenza totale di gioco e soluzioni in quel di Pesaro sotto canestro, dove Caruso e Owens, quest’ultimo al netto di 9 rimbalzi finali, sono sembrati pesci fuor d’acqua in uno spartito di gioco che ha smesso di ruotare intorno alla costante ricerca del più che prolifico gioco in pick’n’roll di un paio di settimane fa.

Tutte note negative che fanno il paio però con la solita capacità quasi disarmante della OJM di non mollare mai, di rimanere in vita anche quando sembra morta, di aggrapparsi ai suoi due pezzi da 90, Brown e Johnson che insieme segnano più di tutto il resto della squadra. Uno spirito di resilienza che è identità di questo gruppo fantastico, perché non siamo qui a voler crocifiggere nessuno, anzi, che però questa volta non porta alla vittoria finale, che si arena contro due scelte arbitrali più che dubbie nel finale fischiate a Caruso ma che, attenzione, non devono togliere l’attenzione da quella che è una sconfitta meritata per Varese.

Come capita spesso in questi casi, dagli errori di Pesaro la OJM deve solo imparare ben sapendo che in difesa deve tornare ad offrire quella concretezza d’inizio stagione, perché pensare di vincere concedendo così tanti punti agli avversari, anche per una squadra come la OJM di quest’anno, rischia di diventare mero pensiero utopistico più che primo principio di una chiara ideologia di fondo.

Alessandro Burin

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