È come invecchiare di 40 anni in due giorni, ti ritrovi con ossa rotte e crampi a braccia e mani“. Parafrasando le parole del campione olimpico Filippo Ganna, la Parigi-Roubaix non è certo una corsa per tutti. L’Inferno del Nord, una delle cinque classiche monumento nonché una delle gare più dure del panorama UCI World Tour, sa quale conto lasciare a chi affronta le strade ciottolate francesi.

Ovviamente la Roubaix è una corsa professionistica che tutti i partecipanti affrontano con lo scopo di vincere per scrivere il proprio nome nell’olimpo del ciclismo ma, parallelamente, c’è un’altra Parigi-Roubaix che chiama a raccolta migliaia e migliaia di cicloamatori il cui unico e semplice (nel fine, non nel mezzo) obiettivo è quello di arrivare nel velodromo di Roubaix sollevando al cielo la propria bicicletta.

Proprio con questo spirito erano partiti dall’Italia Daniele Riccardo e Graziano Gallusi, due che di imprese ne sanno qualcosa visto che sono reduci dal Giro delle Fiandre, e a forza di pedalate, di sudore e di grinta hanno portato a termine la propria missione: l’immagine dei due grandi amici con il loro tandem all’interno del velodromo più famoso al mondo resteranno impresse nella memoria di tutti in maniera indelebile.

“Ho letto le parole di Ganna – sorride Riccardo – e concordo appieno. La Foresta di Arenberg è al limite dell’umano, una cosa indescrivibile che a parole non si può capire; è davvero cattiva nel suo essere splendida. Anche i tratti di Mons-enPévèle e del Carrefour de l’Arbre non scherzano e per portare a termine una Roubaix devi avere dalla tua parte la fortuna per evitare forature, cadute e guai meccanici”.

Al netto di questo, l’avete portata a casa…
“Sì, ed è stata una liberazione. Ho guidato bene il tandem soprattutto nei tratti più difficili e, come ho detto, anche la fortuna ci ha aiutati: non abbiamo mai avuto problemi, siamo andati avanti del nostro passo e siamo entrati nel velodromo di Roubaix per goderci il nostro momento. Sensazioni? Graziano mi ha subito detto che avevo vinto la mia scommessa e che senza di me non ce l’avrebbe mai fatta. Io dico che invece senza di lui non ce l’avrei mai fatta: di sicuro avrei potuto correrla per conto mio, ma portare a termine una corsa del genere senza di lui non sarebbe stata la stessa cosa. È stata una soddisfazione incredibile e, insieme al pacco gara, ci hanno dato un pezzettino di Pavé: non sarà il trofeo del vincitore della corsa dei professionisti, ma possiamo dire di aver conquistato una Parigi-Roubaix”.

Con una soddisfazione in più…
“Esatto. Io e Graziano abbiamo avuto l’onore di essere citati dalla RAI. Eravamo d’accordo di dover far parte di un servizio di presentazione alla gara, ma domenica mattina mi è stato detto che sarei comparso in diretta televisiva al fianco di Ettore Giovannelli sulla tribuna d’onore del velodromo. Per me è stata una bella sorpresa, ma soprattutto un riconoscimento importante di cui non posso non essere orgoglioso”.

Così come per il Giro delle Fiandre, tu e Graziano avete potuto vivere da vicino il mondo dei professionisti che, a livello italiano per quanto riguarda le donne, ci ha riservato non poche emozioni grazie alla vittoria di Elisa Longo Borghini. Cosa avete provato?
“Dopo il nostro arrivo ci siamo ovviamente fatti una meritata doccia e siamo andati a mangiare un boccone per poi seguire dal vivo l’arrivo trionfante della Longo Borghini. Il giorno dopo eravamo in tribuna e, dopo l’intervento in diretta, un ragazzo italiano che viveva lì ci ha riconosciuto e ci ha portato esattamente al fotofinish. Non è da tutti poter vedere una Roubaix esattamente all’arrivo o, nel caso di Graziano, percepire in maniera tangibile un’emozione del genere”.

Abbiamo parlato di te e delle tue emozioni, ma quali sono state le sensazioni di chi ha condiviso il tandem con te?
“Come mi piace dire, e lui stesso è il primo a sottolinearlo, Graziano vede attraverso i miei occhi. Le persone non vedenti hanno una sensibilità particolare per tutto ciò che li circonda e Graziano ha potuto così godersi ogni singolo istante di quest’impresa. I settori in pavé sono ovviamente numerati, e lui li conosceva alla perfezione; io mi limitavo a dargli di star rilassato e a chiedergli di fidarsi di me dato che condurre una bicicletta sul pavé non è per niente facile. Il nostro rapporto di fiducia, comunque, è più che consolidato e io stesso sono il primo a fidarmi di lui e della sue immense capacità. Per lui aver portato a termine un Giro delle Fiandre e una Parigi-Roubaix vuol dire davvero tanto”.

Cosa vi ha lasciato l’aver conquistato queste due classiche monumento?
“Del Fiandre porterò sempre dentro di me il calore dei tifosi belgi, un qualcosa totalmente diverso dal tifo italiano. In Belgio il ciclismo è vita, emozioni, imprese… qualcosa di unico e irripetibile. Della Roubaix mi ricorderò sempre un mix di emozioni indescrivibile fatto di parecchi dolori ma anche di tanta voglia di rifarla; su quelle strade ho lasciato un pezzo del mio cuore”.

C’è qualche ringraziamento in particolare che vuoi fare?
“Di sicuro un grande e doveroso grazie va ad Alberto Prandoni di Vince Team: senza di lui non saremmo mai arrivati alla Roubaix. Poi, ovviamente, ringrazio la mia famiglia per il supporto che mi hanno sempre dato: stare lontani dai propri cari il giorno di Pasqua non è semplice, a maggior ragione perché la motivazione era dettata da una passione e non da lavoro, ma nessuno mi ha fatto pesare questa cosa. Questa vittoria è anche e soprattutto per loro”.

Everesting, Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix; quale sarà la prossima impresa?
“Bella domanda (ride, ndr). Adesso l’unica cosa che vogliamo fare è riposarci. Una bella settimana senza pedalare non ce la toglierà nessuno, poi ci penseremo. Delle classiche monumento ci manca solo la Liegi-Bastogne-Liegi, ma di sicuro non la faremo quest’anno; magari l’anno prossimo. Se riusciremo a far combaciare i nostri impegni ci piacerebbe correre la Varese van Vlaanderen il prossimo giugno, ma con calma valuteremo i nostri prossimi passi. Per ora ci godiamo il momento”.

Matteo Carraro

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