Tra le caratteristiche che maggiormente ha impressionato in questo inizio di stagione della Pallacanestro Varese è la capacità della squadra biancorossa di giocare ogni partita, per 40′, a ritmi ed intensità elevatissima.
Una novità per il basket delle nostre latitudini che deriva da un’idea precisa di gioco che la società e coach Brase hanno voluto fin da subito instaurare nel gruppo.
I risultati ottimi ottenuti in questo senso finora, sono frutto anche del grande lavoro in fase di preparazione atletica e allenamento settimanale, che tutto lo staff sta portando avanti dall’estate e che trova in Silvo Barnabà il principale esponente e responsabile. Proprio Barnabà ci racconta i perché di questi risultati dopo le prime sei giornate, partendo da una rassicurazione sulle condizioni di Justin Reyes.
Come sta Reyes e se lo rivedremo in campo con Venezia?
“Justin sta meglio. Questa settimana il suo piano di recupero prevede un ripresa graduale degli allenamenti con la squadra, fino ad arrivare ad aggregarsi al 100% al gruppo lunedì, salvo ovviamente complicazioni”.
Come lavorerà la squadra, esclusi gli assenti per gli impegni con le rispettive Nazionali, in questi giorni di stop?
“Questa settimana abbiamo dato 3 giorni di riposo ai ragazzi, perché sostanzialmente è la prima pausa vera che abbiamo da inizio stagione. Non abbiamo problemi di sorta, escluso Reyes di cui abbiamo già detto e riprenderemo con gli allenamenti giovedì”.
Una cosa che impressiona di queste prime partite della OJM è la capacità di giocare con altissimo ritmo ed intesnità per tutti e 40 i minuti. Si aspettava questa risposta della squadra rispetto al lavoro fatto in estate e che continuate a fare ogni settimana?
“Io penso che le squadre giochino di riflesso a come si allenano. Questo è un gruppo costruito con giocatori molto agili, per nulla pesanti ed è quindi più facile impostare gli allenamenti nella direzione che vogliamo, fatta di corsa, ritmo ed intensità. In settimana è molto raro trovare momenti degli allenamenti in cui la squadra è ferma a metà campo, proprio perché il principio è quello del trasferimento continuo. Anche se c’è da lavorare su una certa situazione tattica lo si fa in movimento continuo e quindi alla fine, dai oggi dai domani, i risultati arrivano. Anche da ciò derivano i tre giorni di pausa questa settimana, perché i ragazzi sono sempre chiamati ad un grande sforzo e quindi è giusto che in alcuni momenti della stagione, come questa pausa, possano e debbano riposarsi”.
C’è un giocatore che rispetto all’anno scorso appare trasformato, ovvero Guglielmo Caruso. Le chiedo se anche lei condivide questo pensiero e cosa ha influito sul suo cambiamento?
“Condivido pienamente, il termine giusto è proprio tasformato. Willie lo scorso anno è arrivato che aveva un livello fisico base, tecnicamente invece ha sempre avuto delle doti ottime che gli venivano riconosciute anche in Nazionale, non a caso io e lo staff che lavoravamo nel gruppo Under 20 lo volevamo sempre anche se lui faceva parte dell’Under 18. Ogni miglioramento quest’anno è molto visibile. La sfotuna di Caruso l’anno scorso sono stati i due infortuni traumatici che ha avuto: la rottura del dito e la frattura della tibia, che lo hanno rallentato, portandogli via 5 mesi di lavoro dal punto di vista fisico, perché una volta non poteva lavorare con la parte alta e un’altra con quella bassa. E’ chiaro che, in uno sport dove si lavora a corpo intero, questi due stop per lui sono stati davvero devastanti. Quest’anno invece, ed intendo da giugno, siamo riusciti a farlo lavorare senza avere una pausa. Quindi lui sostanzialmente sono ormai già 6 mesi che lavora ininterrottamente e questo gli ha permesso, oggi, di essere un giocatore veramente tanto cresciuto. Finalmente riesce ad abbinare alle sue qualità tecniche un buon livello fisico, anche se ha ancora molto lavoro da fare. Vogliamo portarlo ad aumentare sempre di più la sua forza d’urto fisica, ovvero la sua capacità di prendere posizione nel pitturato e spingere contro un avversario, applicando forza in angoli aperti”.
Un’altra particolarità di questa squadra è legata alla lotta a rimbalzo, con gli esterni che colgono molte più carambole dei lunghi. Su questo influisce uno specifico lavoro che vi viene richiesto di fare anche dal punto di vista atletico dallo staff tecnico?
“Questa caratteristica della squadra deriva dal fatto che, come detto prima, abbiamo un gruppo formato da tanti giocatori molto atletici, abili ad infilarsi in area e dei lunghi più agili che pesanti. E’ chiaro che queste caratteristiche ci portano a riuscire a sovrastare la forza dei nostri avversari anticipandogli la giocata, toccando prima il pallone rispetto a quanto un giocatore magari fisicamente più strutturato può fare, bruciandolo sui tempi di reazione diciamo. Quello che lo staff mi chiede è di tenere il più possibile tutti i giocatori in campo in settimana, per continuare a stimolare questa cosa. Veniamo da settimane di lavoro in cui la presenza di giocatori in campo è molto alta. Più lavoriamo insieme più riusciamo a rendere la domenica. Sta a me il compito di remare in questa direzione, aiutando i giocatori ad assorbire al meglio tutte le tensioni muscolari che gli allenamenti molto intensi che facciamo portano ai singoli. Direi che sta andando tutto bene da questo punto di vista ed esemplificativo, in questo, è stato il recupero di Johnson prima della gara interna con Treviso, per il quale va fatto un plauso speciale anche ai dottori che lo hanno rimesso in piedi al meglio”.
Alessandro Burin