Se mi chiedi come va va bene, bene, bene, bene, ma non benissimo: Bene, bene, bene, bene, ma non benissimo. E non potrebbe andare altrimenti in casa Pallacanestro Varese parlando di una squadra al quarto posto in classifica, in realtà sesto essendo a parimerito con Trento e Pesaro, avanti per gli scontri diretti.

Una posizione consolidata dalla vittoria soffertissima, davvero troppo, contro la Pallacanestro Trieste. Due punti che hanno messo in luce parte del buono e tanto del cattivo, termine da prendere con le pinze e contestualizzare, di questa squadra che continua a far volare altissimo tutta la gente biancorossa.

E’ giusto però nel tessere le lodi di un gruppo che si avvicina sempre di più alle Final Eight di Coppa Italia fermarsi, ed analizzare cosa non abbia funzionato nella gara contro i giuliani e di materiale per fare questo ce n’è in abbondanza. La partita del Lino Oldrini di Masnago è stato un match strano, che ci ha messo due quarti per carburare del tutto, che la OJM ha accesso nel terzo quarto, scappando sul +14 e dando l’idea di avere in mano il match. Come però capita spesso, troppe volte, arriva un blackout e tutto torna in discussione e così, dopo essere tornata a fornire una prestazione difensiva degna di nota, concedendo solo 59 punti a Trieste in tre quarti, i biancorossi ne subiscono ben 29 nell’ultimo periodo, tornando su quella media di 90 punti subiti da cui non ci si riesce a discostare.

Questo ovviamente senza tenere conto del supplementare e ringraziando prima Brown, per un canestro che pribabilmente solo lui avrebbe potuto segnare e poi la buona sorte, che ha respinto il tiro di Davis sulla sirena. Un calo significativo, dovuto anche, questa volta è giusto sottolinearlo, a scelte della panchina poco comprensibili o quanto meno altamente discutibili, fate voi, di viaggiare con un praticamente un solo quintetto per gli ultimi 15′ di gioco, pur avendo oggettivamente bisogno di un cambio sotto le plance, con Owens in grossa difficoltà difensiva e sugli esterni, dove Johnson non stava incidendo e De Nicolao scalpitava in panchina dopo solo 7 minuti in campo ma di grande qualità, pronto per arginare le sfuriate di Davis e Bartley.

Insomma, come complicarsi la vita da soli verrebbe da dire o più semplicemente, come non riuscire ancora a compiere quel salto di qualità che ti rende capace di gestire le partite e portarle a casa senza gli ormai soliti patemi d’animo. Perché è vero che questo è un gruppo costruito non per gestire ma per colpire, ma è altrettanto vero che step di maturità durante un’annata si possono e si devono fare, per non rischiare di finire ingarbugliati nel proprio stesso credo.

Pensieri che ovviamente, vanno chiusi in un contesto di soddisfazione e gratitudine per un gruppo che sta riportando la Pallacanestro Varese dove merita dopo anni di sofferenze e che proprio per questo aumenta l’appetito che si sà, vien mangiando. Perché tutto va bene, bene, bene, bene ma non benissimo.

Alessandro Burin

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