Più che la Serie A… la Prima Categoria.
Sì, concedeteci questo parallelismo nonostante tra l’una e l’altra viaggino ben 5 categorie ed un’infinità di milioni di euro.
Perché finalmente dopo tanto, troppo tempo, il campionato di Serie A ci sta regalando una lotta aperta e non il solito copione che a marzo potrebbe quasi eleggere una vincitrice assoluta, ma in quel caso la corsa è a tre, massimo a quattro, per chi crede ancora in un mezzo miracolo Juve.

In prima categoria la corsa, invece, è addirittura a nove. Sì, a nove. E se non ci credete spiegateglielo voi all’Arsaghese, 9^ piazza e 27 punti, meno cinque dalla capolista Ispra, che non ha possibilità di vincere il campionato. Io non glielo spiego di certo perchè non avrei mai il coraggio di dirglielo e perchè in tutta onestà non lo penso affatto.

La Prima Categoria è il campionato che seguo con costanza da dieci anni a questa parte, e ciò non significa che disdegni andare a vedere match di Promozione, Eccellenza o Serie D, amo avere tra le mani elementi utili per poter dire sempre la mia senza cadere nello scontato o nelle ipotesi parziali di cose che nemmeno so; per esempio, non le capisco le top eleven “a distanza”, di chi lancia ipotesi sul sentito dire o mischia i pezzi come fossero note nella speranza di comporre uno spartito che non stoni troppo, ma questo è un altro discorso. Dicevo appunto, che nonostante io ami il calcio dilettantistico in tutte le sue forme, con la Prima Categoria ho un rapporto speciale. Volete chiamarlo affetto? Preferenza? Fate pure, non sarebbe un errore. L’ho vissuta troppo a fondo per non sentirla parte di me e di quel calcio che amo. Le interviste anche di fronte ad una telecamera, la rincorsa alle distinte, i viaggi in bus a caccia di campi playoff in cui vivere incandescenti ed emozionanti finali di stagione, fra i sorrisi e le lacrime di ragazzi che talvolta raccontavano vittorie, talvolta sconfitte. Per non parlare, poi, dei legami in tribuna: il nonno di…, la mamma di…, l’amico di…, va beh che ve lo dico a fare.

Dicevo, appunto, che dalla prima volta ad oggi sono passati dieci anni e con estrema schiettezza non immaginavo che proprio post covid si potesse verificare l’annata più incerta e affascinante di sempre. Anche sui pronostici mi sono sempre sbilanciata un po’, ci ho giocato e lo faccio tuttora, ma quest’anno? Chi lo vince il campionato? Sarà forse la corazzata Ispra di Golisciano, Pavanello, Oldrini, capitan Gaballo? O arriverà la definitiva consacrazione di mister D’Onofrio e della sua Valceresio? Con il signor Ippolito che a 35 anni ancora si diverte a dar forma a quella passione. E se invece fosse il Tradate? Mister Fera, i suoi ragazzi, ed i 30 punti conquistati fino ad oggi sono frutto di un cinismo che in poche hanno. Ma a 30 punti c’è anche “l’Isola Felice” Bosto, Lovisetto & C. sono consci di avere tra le mani un’occasione d’oro. Guai, però, a dimenticarsi del Ferno. La squadra che da tutti, alla vigilia dell’inizio stagionale, era data tra le favorite assolute per il titolo, qualche intoppo lo ha avuto…le grandi squadre sanno soffrire però, Stincone lo sa bene, l’eterno Casiraghi che ha calcato campi importanti perfino dall’altra parte del mondo, in Australia, anche.

Il secondo gruppone, se così vogliamo chiamarlo, è guidato dal Luino con 29 punti: pochi riflettori ed un sogno che cullano da tempo e che bomber Cosso ed i ragazzi rossoblù faticano a pronunciare. Un gradino sotto c’è il “Dalle stalle alle stelle” San Michele: un girone d’andata difficilissimo, un inizio di girone di ritorno da stropicciarsi gli occhi, e chissà che il credito con la fortuna, e la qualità giallonera, non possano davvero arrivare a condurre questa squadra oltre un traguardo inimmaginabile fino ad un paio di mesi fa. Un capitolo a parte lo meriterebbe la Pro Azzurra Mozzate. È una squadra pazza, con tanta qualità ed esperienza in ogni reparto e con un ds, Matteo Ferrario, che vive quei novanta minuti, e lo spazio tra gli uni e gli altri, con un sentimento spropositato, un pizzico di ansia, e la certezza di voler fare qualcosa di grande. Dulcis in fundo, l’Arsaghese. Se sulla panchina hai mister Contaldo lo sai che non mollerà un centimetro nemmeno sotto tortura, lui è l’uomo delle sfide, e i suoi ragazzi non possono essere da meno con un condottiero così.

E così, mentre San Marco, Cantello Belfortese, Faloppiese Ronago, Antoniana e Jeraghese, venderanno cara la pelle pur di rimanere aggrappati alla Prima Categoria, noi continueremo a divertirci con quel campionato fatto di “pochi spicci” e tanta passione, incerto come non mai, intrigante da togliere il fiato, quel campionato che mai come quest’anno si sta dimostrando più avvincente della serie A e che forse mai, è stato bello così.

Mariella Lamonica

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