Cinque vittorie e un pareggio nelle ultime sei gare: è viaggiando a questo ritmo che la Solbiatese si è portata in meno di un mese dall’uscio della zona playout all’ingresso della zona playoff, al quinto posto in classifica. Una scalata che ha dato una svolta significativa alla stagione, inserendo di fatto la squadra tra le big che con buone probabilità lotteranno per il salto di categoria.

Tra i protagonisti di questo momento indubbiamente positivo vi è Stefano Pellini che, con la sua qualità in cabina di regia, costituisce un asse portante del 4-2-3-1 di mister Domenicali. Al suo secondo anno al Chinetti, il centrocampista classe 1997 era sceso dalla Serie D alla Promozione per sposare la causa nerazzurra. Nel suo palmarès, oltre alle stagioni con Milano City e Legnano nella massima serie del calcio dilettantistico, spiccano esperienze tra i professionisti con le maglie di Cuneo e Tuttocuoio, società con cui esordì in Prima Squadra dopo cinque anni di settore giovanile alla Juventus.

Cominciamo proprio dal tuo percorso. In Lega Pro a soli 19 anni hai avuto modo di sperimentare diverse realtà in più regioni d’Italia. Tra settore giovanile e Prima Squadra, c’è stato un momento, o un mister, che ha influito significativamente sul giocatore che sei adesso?
“Il periodo delle giovanili è stato molto importante. Nel tempo ci sono stati tanti allenatori che hanno saputo valorizzare le mie qualità di partenza, aiutandomi ad ampliarle e a specializzarmi, diciamo così, in quello che faccio ora. Ho giocato praticamente sempre e solo in un unico ruolo, il che può essere sia un pro che un contro perché, se da un lato posso dire di avere tanta esperienza, dall’altro ci sono situazioni in cui non sono mai stato impiegato. In generale, parlando di mister, ce ne sono stati alcuni con cui ho avuto un rapporto migliore o che hanno creduto di più in me rispetto ad altri, ma penso che se sono arrivato fin qui è più che altro per tutte queste dinamiche vissute. Sicuramente il fatto di essermi affacciato in Prima Squadra alla Juventus mi ha dato un bagaglio di esperienze che non avrebbe potuto darmi nessun’altra realtà. Era il periodo d’oro della Juve e quando mi allenavo per qualche giorno di fila con i campioni di allora sentivo di migliorare in maniera esponenziale. È stato di sicuro il periodo più formativo della mia carriera”.

Parliamo di nerazzurro. Quella dell’anno scorso è stata per te la tua prima stagione in Promozione, che non poteva concludersi in modo migliore. È stato l’inizio di qualcosa di importante?
“Quell’anno ero sceso dal Legnano in Promozione perché il progetto della Solbiatese mi sembrava promettente, oltre al fatto che arrivavo da una stagione in cui avevo giocato un po’ a singhiozzi; avevo quindi deciso di sperimentare qualcosa di nuovo e ne sono stato contento. Il campionato di Promozione è andato alla grande; è vero che eravamo gli assoluti favoriti, ma vincere comunque non è mai facile. Poi mi ha fatto anche molto piacere aver avuto l’opportunità di conoscere persone molto valide e di iniziare un’esperienza molto positiva come mister delle giovanili. Diciamo che la scelta che ho fatto è stata ampiamente ripagata”.

Veniamo all’attualità: in poche partite avete scavalcato una squadra dopo l’altra, portandovi a pochi passi dal quarto posto. Qual è stata la chiave di questa crescita?
“Secondo me eravamo partiti senza sapere bene cosa ci aspettasse e abbiamo anche avuto un calendario ostico e qualche difficoltà a livello di infortuni ed episodi. La ruota non ha girato molto a nostro favore, ma poi c’è stata un’inversione di rotta. Il cambio di allenatore, nel bene o nel male, ha dato uno scossone generale all’ambiente e il calendario ha iniziato ad essere più abbordabile, anche se nel calcio non ci sono mai partite facili e non ci si può mai permettere di sottovalutare nessuno. La squadra è la stessa di prima, con le qualità di sempre, ma anche grazie a un atteggiamento diverso da parte del gruppo si è arrivati ad avere questa continuità di risultati che ci ha permesso di avvicinarci alle posizioni di classifica che meritiamo”.

Mancano solo tre giornate alla fine del girone di andata. In ordine, affronterete Castello Città di Cantù, Oltrepò e Calvairate. Non saranno sfide semplici, ma neanche impossibili. Idealmente, quanti punti contate di conquistare?
“L’obiettivo è di cercare di mantenere questo trend, perché è vero che abbiamo fatto una grande risalita, ma basta un attimo per rovinare tutto. Stiamo lavorando bene, col tempo e con i risultati la fiducia è aumentata, e sicuramente lo spirito e la voglia sono quelli di continuare su questa linea per cercare di agguantare tre risultati positivi e chiudere l’anno nel migliore dei modi”.

Le statistiche sono sotto gli occhi di tutti: per ora, siete il miglior attacco del girone insieme al Club Milano. L’imprevedibilità di Becerri, la fantasia di Mondoni, la qualità di Scapinello, la forza fisica di Torraca: con questo mix di caratteristiche, pensi che il reparto offensivo sia la vostra arma in più?
“Sicuramente per la categoria abbiamo un attacco qualitativamente importante che ci sta dando una grande mano. Però, come mi piace spesso sottolineare, se i tre o quattro giocatori davanti riescono a fare bene, è perché sono supportati da altri giocatori. Ovviamente loro ci danno quel qualcosa in più che ci permette di vincere la domenica, ma più che al singolo preferisco dare valore al lavoro collettivo in settimana e durante le partite. Se da un lato difensori e centrocampisti vengono esaltati dagli attaccanti, dall’altro gli attaccanti possono risaltare ancora di più con l’aiuto di chi sta dietro di loro. Poi, naturalmente, i valori individuali non si discutono, anzi. Possiamo solo sperare che continuino così perché si è visto che anche lì davanti è cambiato qualcosa rispetto a prima”.

Assist perfetto per quest’altra domanda: con molte pedine offensive in campo, mantenere il giusto equilibrio è ancor più fondamentale. Sei d’accordo?
“Esatto, negli sport di squadra, e soprattutto nel calcio, è tutta una questione di equilibrio. I meriti e demeriti sono sempre di tutti e ognuno porta in campo qualcosa; ovviamente il profilo un po’ più esperto potrà dare un qualcosa in più rispetto a un giovane e chi la domenica è in giornata riuscirà a coprire un po’ le prestazioni di chi va meno bene. Diciamo che il nostro modulo di gioco richiede un sacrificio maggiore nella nostra metà campo, ma tutti noi beneficiamo del lavoro di ciascuno”.

Visto che conosci questo gruppo già dall’anno scorso, ti chiedo: dove potrà arrivare questa Solbiatese?
Avendo ormai incontrato quasi tutte le squadre del girone, non mi sento di dire che siamo inferiori a quelle che ci sono davanti. Ad esempio, con la Vogherese abbiamo fatto una grande partita e il pareggio è stato giusto; col Pavia, nel loro stadio, ci siamo difesi nel migliore dei modi e forse avremmo anche meritato un punto. Diciamo che per quello che abbiamo fatto vedere, possiamo tranquillamente competere con le prime della classe. Siamo una squadra con grandi qualità e pian piano abbiamo preso fiducia. Sicuramente cercheremo di arrivare il più in alto possibile, ma solo verso la fine del campionato potremo capire la situazione e vedere cosa si può realmente fare. Ora manca ancora tanto e possiamo solo cercare di continuare così”.

Silvia Alabardi

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