Mai come nelle ultime stagioni, i calciatori provenienti dall’estero hanno popolato le rose delle società italiane in tutte le categorie. Dalla riapertura delle frontiere nel 1980 alla “sentenza Bosman”, che nel 1995 liberò i calciatori dai vincoli contrattuali alla scadenza degli stessi, il calcio continentale e quello italiano hanno vissuto profondi cambiamenti. Attraverso la libera circolazione nei paesi appartenenti all’Unione Europea, sono stati tanti gli atleti capaci di fare la propria fortuna in Italia e, nel suo piccolo, anche il Varese ha potuto contare tra le sue fila giocatori stranieri di assoluto valore.

Ben prima delle rivoluzioni sopracitate, negli anni ’30 e ‘40 i biancorossi puntarono sugli oriundi come molte altre squadre all’epoca: tra questi si ricordano gli italo argentini Bernasconi, Garavelli e Pozzo. Con il raggiungimento della Serie A nel 1964, il patron Borghi regala ai tifosi pezzi pregiati come Horst Szymaniak, Kurt Andersson e Nestor Combin. Szymaniak, tedesco, giunse da fresco vincitore della Coppa dei Campioni con l’Inter di Herrera, avendo però già vissuto gli anni migliori della sua carriera; Andersson, svedese ed ex nazionale sia di calcio che di hockey, figurò bene nelle sue due stagioni all’ombra del Sacro Monte; Combin, argentino ma naturalizzato francese, non riuscì a ricavarsi uno spazio da titolare nonostante le positive precedenti esperienze all’Olympique Lione e alla Juventus. Inconsapevolmente, fu anche l’ultimo straniero a scendere in campo con il Varese per oltre 35 anni, fino agli anni ‘00.

Con l’arrivo del nuovo millennio, il Varese apre un nuovo ciclo nel segno di quei calciatori esteri capaci di prendere per mano la squadra e trascinarla verso i momenti più importanti da quindici anni a questa parte. Claiton Dos Santos legò il suo nome alla città per cinque fondamentali stagioni, dal 2006 al 2011, diventandone il perno tanto in difesa quanto in spogliatoio. In quella squadra capace di scalare le categorie dalla C2 alla B, i tifosi ebbero la fortuna di gioire grazie alle prodezze di due attaccanti che hanno scritto la storia del Varese: Osarimen Giulio Ebagua e Leonidas Neto Pereira. I momenti più splendenti di quel periodo passarono dai gol del miglior cannoniere nella storia dei biancorossi (Ebagua) e dalla classe smisurata dell’attuale viceallenatore del Città di Varese (Neto), entrambi capaci di infiammare l’Ossola come non si vedeva da tempo. Nella tanto emozionante (quanto deludente) stagione 2011-2012, terminata con la bruciante sconfitta di Masnago nel playoff contro la Sampdoria, lo sloveno Jasmin Kurtic e il danese Magnus Troest trascinarono la squadra a suon di prestazioni magistrali, riuscendo a farsi notare agli occhi del calcio italiano e delle rispettive nazionali.

Il via vai di proprietà che iniziò a partire dalla stagione successiva, ebbe come conseguenza diretta il declino della società e quindi dei risultati sul campo, fino al fallimento giunto nel 2015. In quel periodo gli stranieri approdati a Varese furono molti, ma nessuno riuscì a fare davvero la differenza. Tra gli arrivi di rilievo si segnalarono quelli dell’inossidabile Adriano Ferreira Pinto, attuale capitano del Ponte San Pietro (futuro avversario del Varese), gli esperti Caetano Calil e Sasa Bjelanovic, oltre che alla valorizzazione di Achraf Lazaar dal settore giovanile.

Il nuovo corso targato Città di Varese non ha rinunciato a puntare su profili stranieri: nel primo anno di attività all’apice del dilettantismo i biancorossi si sono affidati al lituano Ovidius Syaulis tra i pali (la cui esperienza  ebbe degli alti e bassi), al sudcoreano Se-hyun Baek, al francese Hervè Otelé, ai colpi di talento dell’albanese Besmir Balla, all’eroe greco dei playoff dello scorso maggio Elios Minaj e al nigeriano Kenneth Obinna Mamah, trascinatore della scorsa stagione e oggi in forza ai turchi del Goztepe, oltre che al ritorno momentaneo di Ebagua. Per la stagione corrente, invece, il Città di Varese si è affidato ai talenti made-in-italy: la scelta pagherà?

Dario Primerano

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